Madre scrive al fidanzato del figlio: “sei la cosa più bella che potesse capitare a mio figlio e a tutta la nostra famiglia"
A cura di Francesco Sansone
Grafica di Giovanni Trapani
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Grafica di Giovanni Trapani
La famiglia, si sa, è il luogo in cui ognuno si sente a casa e, indipendentemente dalla sua struttura, è
ciò che ci fa sentire protetti. La storia, però, ci ha insegnato che questo senso di protezione non sempre è stato percepito da alcuni ragazzi gay dopo aver fatto coming out. Abbiamo letto di genitori che hanno ucciso, cacciato, rinnegato i figli solo per la loro omosessualità, facendoci pensare che, non sempre, chi mette al mondo degli esseri umani è idoneo a ricoprire il ruolo di padre e madre, indipendentemente dalla sessualità.
ciò che ci fa sentire protetti. La storia, però, ci ha insegnato che questo senso di protezione non sempre è stato percepito da alcuni ragazzi gay dopo aver fatto coming out. Abbiamo letto di genitori che hanno ucciso, cacciato, rinnegato i figli solo per la loro omosessualità, facendoci pensare che, non sempre, chi mette al mondo degli esseri umani è idoneo a ricoprire il ruolo di padre e madre, indipendentemente dalla sessualità.
Oggi, però, l'Arcigay ha diramato una lettera che una madre italiana che scritto al compagno del figlio, proprio nel giorno in cui a Roma altri genitori si riversavano in piazza per il Family Day.
Un gesto semplice, ma fondamentale, che la donna ha voluto fare per dimostrare ai due ragazzi l'appoggio suo e dell'intera famiglia, e per dimostrare a tutti coloro che gridano alla tutela della famiglia tradizionale, cosa voglia dire essere un vero genitore:
Un gesto semplice, ma fondamentale, che la donna ha voluto fare per dimostrare ai due ragazzi l'appoggio suo e dell'intera famiglia, e per dimostrare a tutti coloro che gridano alla tutela della famiglia tradizionale, cosa voglia dire essere un vero genitore:
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"Caro Marco,
è un po’ che voglio scriverti, oggi è il Family Day e
mi sembra il giorno giusto per farlo.
Quando nacque il mio bambino, già nel mio grembo
sognavo per lui una vita felice, immaginavo per lui un amore grande,
accogliente, comprensivo e vero, una bella famiglia. Immaginavo che un giorno
avrei conosciuto la sua ragazza e che saremmo divenute buone amiche, anche se
si sa, con la suocera non è mai facile. Mi interrogavo quindi: ‘chissà come
sarebbe andata’.
Nel tempo mi accorsi però delle chiusure di mio figlio
sull’argomento, capivo che soffriva e che a me nelle sue sofferenze, non era
più dato di entrare. Era sempre più cupo e più solo, più triste e più fragile.
Passarono molti, troppi anni, fatti di incomprensioni e solitudine. Solo molti
anni dopo, scoprii che era la sua maschera a pesare sulle sue spalle e sul suo
volto, quella maschera che aveva deciso di indossare per fare felici me e suo
padre e forse, almeno per un po’, per me, fu meglio così.
Accettai quella
menzogna perché non ero pronta. Egoisticamente sapevo, ero sua madre, ma non mi
sentivo pronta. Un giorno come una doccia gelata si palesò l’ovvio. Mio figlio
era gay. Il mio mondo crollò. Tirai su un muro fatto di dolore, arroganza e
incomunicabilità. Io che gli avevo insegnato l’amore e l’importanza della
libertà di essere, io proprio io, lo stavo
cacciando e lo stavo giudicando.
Il senso di colpa
dietro le mie ormai maschere, mi attanagliava e non mi faceva più dormire. Fu
un periodo triste e buio, dovetti capire perché il mio cuore si fosse chiuso e
perché una scelta d’amore potesse farmi così tanta paura. Scoprii che anche una
madre può sbagliare, anche una madre può essere debole e fragile, scoprii che
mi serviva tempo. Avevo per troppo tempo chiuso gli occhi e finto che ció che
percepivo non esistesse, solo perché lontano da un radicato preconcetto, da
un’idea obsoleta legata a precetti inutili, che una chiesa sbagliata e non il
buon Dio suggerisce agli uomini. Eppure era tutto così difficile per me. Così
impossibile. Non volevo che fosse così, non poteva essere così.
Poi sei arrivato tu,
Marco, non eri una ragazza ma un ragazzo, il mio cuore di mamma diceva che però
eri quello giusto e lontano, distante dalla testa, tutto sembrava infinitamente
semplice. Il mio cuore di madre ritrovò di nuovo pace. Compresi che non era ciò
che da molti viene considerata diversità a spaventarmi, ma la paura di ciò che
il mondo considera diverso. Paura che quella stessa paura, potesse spingere il
mondo a ferire il mio bambino.
Oggi è un giorno
importante, Marco, oggi voglio dedicare a te e a mio figlio, alla vostra e alla
nostra famiglia, queste mie parole e voglio soprattutto dedicarle a tutti i
ragazzi che lottano per vedere affermati i propri diritti e a tutti i genitori,
che ancora non vogliono vedere: ‘vi prego aprite il cuore e correte ad
abbracciare i vostri figli, non esitate più’.
Mio figlio aveva sua
sorella al suo fianco sempre, davanti e dietro di lui, a seguire i suoi passi e
a dargli forza quando io non ho voluto esserci, quando ancora non riuscivo e
non potevo. Penso però a tutti quei ragazzi la quale famiglia volta le spalle
senza poi ascoltare il cuore, per troppo tempo, ecco a tutti i ragazzi che
senza familiari tentano di farsi forza da soli, per non sentirsi sopraffatti
dalle ingiustizie e dalla cecità di quei pochi rimasti a odiare, convinti
ancora che l’odio possa essere opinione.
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Mi verrebbe voglia di
dire loro: ‘Ragazzi, vi prego siate forti, forti della vostra personalità e
della vostra individualità, siete perfetti ed unici, siatene certi. Non esiste
perfezione lontano da ciò che si è e non esiste genitore che non sbagli e che
un giorno non possa rivedere la sua posizione. Avete sulle spalle però il duro
compito di aprire gli occhi a chi ignora e giudica’.
Nonostante tu non
fossi nei miei piani, Marco, sei la cosa più bella che è capitata e potesse
capitare a mio figlio ed anche a tutta la nostra famiglia. Sei buono e
accogliente, generoso e paziente, anche con noi tutti e con i nostri nipoti,
sei uno zio unico e speciale. Siate felici, siate sereni, e siate forti sempre,
forti dell’amore che vi unisce e ci unisce. Un tempo non avrei nemmeno potuto
immaginare tutto questo per mio figlio e forse neanche per me, perché non si
vede bene che col cuore, e io allora, non vedevo. Siete la nostra gioia e la
speranza di chi ancora oggi vive nel buio e nella finzione, siete il nostro
orgoglio e dico nostro, perché so di potere parlare anche a nome di mio marito.
Vi amiamo e vi
sosteniamo ovunque il vostro cuore vi porti. Grazie di questo viaggio
meraviglioso insieme e non parlo del viaggio dal quale siamo appena tornati,
fatto in vostra compagnia.
Tua suocera sempre
complice.”
Credo che qualsiasi altra cosa sia inutile da aggiungere. L'unica cosa da dire è l'invitare tutti coloro che erano al Family Day a leggerla per capire cosa è davvero un famiglia e cosa significa essere genitore.
Fonte: wired.it
Foto tratta da uno spot Findus
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