INTERVISTA «Oggi ho imparato a mediare e a guardare il tutto con un certo distacco.» Il cantante indie Army si racconta a Il mio mondo espanso

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Intervista di Francesco Sansone
Grafica di Giovanni Trapani
Army, l'artista indie campano, torna con un nuovo e struggente brano, intitolato 'Mamma Auròra', dedicato alla memoria della madre, venuta a mancare sei mesi fa. L'uscita del singolo mi ha dato modo di incontrare Army e scambiare una bella e interessante chiacchierata, che mi ha permesso di conoscere meglio questo artista di talento ma anche la persona che si cela dietro l'immagine del cantante tormentato e malinconico.
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MAMMA AURORA VIDEOAUDIO

D. ‘Mamma Auròra’ è il tuo ultimo singolo. Un brano dal testo e dalla musicalità struggente e che hai dedicato a tua madre, scomparsa recentemente. Cosa significa per te questo brano?
R. Nel brano traccio un quadro degli ultimi anni della mia vita. Anni in cui la mia famiglia si è ritrovata improvvisamente infelice e nei quali mia madre è quella che ha subito più di tutti. Ho cercato di salvare i miei genitori dalla depressione, che tra l’altro ho conosciuto di riflesso anch’io, ma non ci sono riuscito. Era una compito troppo arduo per me. Ho trovato mia madre senza vita a soli sei mesi di distanza dalla morte di mio padre.  È stato un dolore atroce, ero legatissimo a lei. Nella canzone, però, le prometto che mi salverò, che saprò essere tenace e che non mollerò mai nella vita.

D. In che modo la depressione appartiene anche a te?
R.  Sai, le circostanze della vita a volte ti portano a isolati dal mondo. Da ragazzo, a esempio, essendo sensibile e schivo, ho iniziato a soffrire di ansia ma con gli anni ho saputo reagire e controllarla e devo confessarti che la musica mi ha aiutato molto in questo. A volte, però, il mondo è falso e opportunista e uno come me non riesce a relazionarsi facilmente con ciò, arrivando a litigare spesso. Oggi, forse sarà per via della maturità, ho imparato a mediare e a guardare il tutto con un certo distacco.

D. Dici che il mondo è spesso falso e opportunista. Mi spieghi cosa intendi e come sei arrivato a questa convinzione’
R. Oggi vedo troppa frustrazione nelle persone. Questa società dell’immagine ci ha rovinati. I giovani, lo vediamo bene sui socials, vogliono essere a tutti costi essere belli, ricchi e famosi. È una corsa ad accaparrarsi un posto al sole senza, però, coltivare sentimenti e rispetto verso gli altri.
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D.  Però la voglia di essere belli, ricchi e famosi non è una cosa che nasce oggi. C’è sempre stato questo desiderio nell’essere umano e non è nato con l’arrivo dei socials, no?
R. Sì, ma internet ha contribuito a esasperarlo. Ai miei tempi era difficile trovare un bel ragazzo in giro, erano tutti grassocci, coi brufoli e vestiti in modo arrangiato. Ora su Instagram, a esempio, tutti sfoggiano fisici super scolpiti e abiti firmati, con pose da divi consumati. Un eccesso di vanità che a lungo andare non so dove possa portare. La bellezza dura poco e se la si perde si impazzisce.

D. A proposito di vanità, in passato hai dedicato proprio un pezzo a questo argomento. Tu canti: “la vanità genera mostri”, ti riferisci ai consumatori di social pronti a condividere tutto ciò che li riguarda per un like in più?
R. In parte sì. Quel testo scritto da Dragon Lorai riguardava me e mi vedeva elevarmi dalla realtà e guardare dall’alto i difetti e le virtù altrui. Internet aiuta a comunicare, a diffondere e ci rende meno soli, ma spesso ne abusiamo a vi scarichiamo tutte le nostre frustrazioni. A cosa serve avere qualche like in più o apparire importanti?
Sui socials, a esempio, ho conosciuto tante persone carine, ma  ce ne sono tante che spiano soltanto, che vogliono invadere la tua privacy e usano quello che dici al momento opportuno per ferirti. Attenzione quindi a non parlare troppo di sé.

VANITA' - VIDEOCLIP UFFICIALE

D. Ma il parlare alle spalle è anche questa qualcosa tipicamente umana. I socials sono diventati i nuovi bar di piazza, con la differenza che hanno amplificato la diffusione delle chiacchiere, solo perché sono alla portata di tutti, no?
R. Giusto, è una sorta di mercato della frutta e verdura virtuale, dove si dicono, a volte, davvero tante cavolate.

D. Tornando a ‘Mamma Auròra’. Nel brano l’estate è la stagione di riferimento. Da una parte è la testimone del declino, della fine, e dall’altro, invece, è spettatrice della tua rinascita. Cosa significa per te l’estate, al di là della canzone in sé?
R. Una volta l’odiavo, mi annoiava. Oggi, invece, la preferisco, il sole soprattutto è fonte di energia per chi tende alla depressione. Ora desidero trovare la serenità. Ho sofferto molto nell’ultimo anno. Mi merito passeggiate, gite, amicizie nuove e l’amore.
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D. Quindi è anche per questo che, mentre preparavamo quest’intervista, mi hai detto di volerti prendere una pausa dalla musica, sei davvero sicuro?
R. Dico sempre così ma poi cambio idea facilmente. Oggi piace fare lavori artistici solo se ho idee e le persone giuste attorno. A breve dovrei collaborare con l’associazione cinematografica Valenzio Film Production, con cui lo scorso anno ho girato il mio primo corto, La solitudine dell’attore, che si trova anche su youtube. Ci sono dei progetti di conduzione e recitazione carini, vedremo, ma alla musica, non posso rinunciare…

D. A proposito di musica, per concludere, nella tua discografia ci sono anche diversi omaggi alle dive della musica italiana. Cosa ti lega umanamente e artisticamente a queste donne?
R. Molto. Oggi  le dive della canzone non esistono più. Mi riferisco a quelle cantanti che, oltre a sapere cantare, ti rapiscono con la loro personalità, il loro fascino e la loro follia. Persone come Mina, Loretta Goggi, Anna Oxa, Rettore e Loredana Bertè non ce ne sono più. La musica per me non è realtà, ma il sogno e l’evasione con i quali voglio continuare a volare
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Preside vieta a studenti di partecipare a incontro sull’omofobia

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A cura di Francesco Sansone
Grafica di Giovanni Trapani
Il prossimo 9 maggio lo scrittore e giornalista Maurizio Macaluso, autore, fra gli altri, del romanzo ‘Di Domenica’ (qui la nostra recensione), avrebbe dovuto presenziare al Molino Excelsior di Valderice, nel trapanese, assieme alla collega Ornella Fulco e la psicoterapeuta Fabrizia Sala, per incontrare gli studenti dell’Istituto tecnico turistico Sciascia e Bufalino, per parlare di omofobia. Tutto era quasi pronto, ma, all’ultimo momento, il preside dell’istituto superiore ha ritenuto che l’argomento non fosse adatto per i suoi studenti.
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Nella foto: Maurizio Macaluso
«Con mia grande sorpresa – ha scritto Macaluso sul suo profilo facebook -  ho appreso che il dirigente scolastico non ritiene che tale argomento possa essere proposto all'attenzione e alla riflessione degli studenti.»

L’incontro avrebbe permesso ai ragazzi di partecipare a una concreta occasione di formazione e di dibattito, in cui ognuno avrebbe potuto esprimere liberamente il proprio pensiero sull’argomento e sul libro stesso dell’autore. 
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La decisione del preside, considerando che il bullismo omofobo miete vittime un giorno sì e l’altro pure, appare incomprensibile.

«Quello che, forse, il dirigente scolastico non ha compreso è che l'omofobia - e NON L'OMOSESSUALITÀ - è un problema serio della società. – scrive ancora Macaluso - Nell'ultimo anno sono avvenuti in Italia ben 196 episodi di omofobia. Il 5 aprile, a Roma, un ragazzo omosessuale di vent'anni è stato selvaggiamente picchiato. Nelle settimane scorse un ragazzino di 12 anni, Andrew Leach, si è suicidato a causa dei continui sfottò omofobi ricevuti a scuola. Sono soltanto due dei tanti episodi avvenuti nell'ultimo periodo. E la scuola, dove spesso episodi di omofobia accadono, ha il dovere di fornire gli strumenti per combattere il fenomeno. Mettere la testa sotto la sabbia, fingendo che certe storie non esistano, non aiuta e non è accettabile da parte di chi, se non per passione almeno per ruolo istituzionale, è chiamato ad aprire le menti dei nostri giovani.»

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