Medico al compagno di un paziente gay: "scusa per tutto il male che un Paese ridicolo e inadatto ti ha fatto"
A cura di Francesco Sansone
Grafica di Giovanni Trapani
Grafica di Giovanni Trapani
Oggi vogliamo parlarvi di una storia resa nota su Facebook da Francesco Cagliardi, un medico che
ha vissuto in prima persona cosa comporta per una coppia omosessuale vivere in un Paese dove non ci sono diritti.
ha vissuto in prima persona cosa comporta per una coppia omosessuale vivere in un Paese dove non ci sono diritti.
All'epoca dei fatti, Cagliardi lavorava come medico prelevatore della banca degli occhi di Roma:
"In pratica - spiega il medico - quando una persona muore viene chiesto ai parenti più stretti se vogliono o meno donare i tessuti corneali. Qualora i parenti accettino, firmano un modulo e viene attivato il centro. [...] Il centro era stato avvisato che c'era un probabile donatore, ma che c'era un piccolo problema: il donatore era gay."
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Infatti il protocollo prevedeva che non potevano essere accettati organi da pazienti omosessuali, ma il primario del centro dove il dottor Cagliardi lavorava, decise non tenere conto di questo aspetto, anche perché il donatore viveva in coppia da 35 anni con il suo compagno. Così, il medico è andato all'ospedale per procedere con l'espianto.
"Parlando con l'infermiere che aveva trattato il caso (altra brava persona) mi viene detto che mancava una firma perché la donazione era stata richiesta dal compagno del signore morto con cui viveva da 35 anni, ma che, essendo questo giuridicamente nulla, non poteva firmare. Si doveva aspettare la sorella che veniva dal nord Italia che era l'unica persona della famiglia con cui questo signore era rimasto in contatto in quanto era stato cacciato dalla famiglia 35 anni prima proprio per quella scelta d'amore che aveva fatto. Per farla breve succede questo: la sorella arriva e firma e io faccio il mio prelievo di cornee."
Il medico continua dicendo che solitamente, una volta effettuato l'espianto, andava a ringraziare i parenti del donatore, ma che quella le cose non andarono così.
"Quella volta uscii e mi diressi verso la sorella del signore che stava confabulando con altri due signori che mi sono stati presentati come gli altri due fratelli che, seppure abitassero a Roma, non si erano presi la responsabilità di firmare in quanto erano 35 anni che non parlavano con il fratello. La cosa più ripugnante è che stavano redarguendo la sorella che non voleva cacciare il compagno di una vita del fratello dalla casa che era intestata al defunto e che ora per legge apparteneva a loro. La cosa che più mi ha addolorato di questa storia è non aver potuto ringraziare chi ha permesso con la sua caparbietà di realizzare l'ultimo desiderio del suo compagno in quanto, non essendo parente né niente, non poteva avere accesso alla camera mortuaria dove venivano fatti i prelievi."
Proprio per questo, il post di Francesco Cagliardi termina con un ringraziamento proprio al compagno del donatore:
"Volevo cogliere l'occasione per ringraziare il compagno del signore morto per la sua lezione d'amore e chiedergli scusa per tutto il male che un Paese ridicolo e inadatto gli ha fatto. Grazie."
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Ai vari Formigoni che vanno in tv dicendo che esistono delle leggi che tutelano le coppie gay, consiglierei, in primis di informarsi delle normative vigenti - se fai politica e prendi soldi per farla, il minimo è conoscere la materia di cui, in teoria, ti occupi - e poi di leggere questa storia per capire che ,grazie anche a gente con loro, questo Paese toglie non solo diritti e dignità, ma anche l'occasione di dire addio a chi si è amato per una vita intera.
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