Parla Valérie Andrea Contu, la donna transessuale che ha fatto causa all'ospedale per intervento eseguito male

Il mio mondo espanso non condivide le affermazioni rilasciate da Valérie Andrea Contu né sulle persone i cui nomi sono stati fatti né sulle associazioni menzionate e, pertanto, ne prende le distanze dissociandosene.


UPDATE 10:52: Dopo aver parlato con Ottavia D’Anseille Voza, che le ha confermato il suo interessamento per quanto è avvenuto a Palermo, Valérie Andrea Contu ritira le affermazioni sul conto della Presidentessa di Arcigay Salerno, scusandosi per i toni a lei rivolti.
Per quanto riguarda il Mit di Bologna, Contu ha ammesso che si sono interessati nel metterla in contatto con una dottoressa che collabora con l'Associazione.

A cura di Francesco Sansone
Grafica di Giovanni Trapani
“Ciao, mi chiamo Valérie Andrea Contu, sono nata, per mia sfortuna, in Sardegna e, sempre per mia sfortuna, sono costretta a viverci. Sono diplomata in ragioneria e faccio l'operaia forestale. Spero a breve di essere inserita, tramite concorso, nel settore impiegatizio.” Inizia con questa presentazione il mio incontro con Valérie, la donna transessuale che ha sporto denuncia contro il Policlinico di Palermo per aver eseguito in maniera sbagliata il suo intervento per il cambio di sesso. Dalla sua voce si avverte la rabbia, la frustrazione e la voglia di giustizia per un episodio che doveva segnare la sua definitiva rinascita, ma che, invece, l’ha spinta in un nuovo dramma.
Sin da subito capisco si avere di fronte una donna franca, “una donna col cervello” si definisce lei, che non si perde in giri di parole per spiegare ciò che da quasi un anno ha segnato la sua vita e ciò che questo ha comportato. Ovviamente non le chiedo nulla in merito alla questione legale perché c’è un’indagine in corso e non se ne può parlare, ma voglio comunque capire cosa è successo nell’intervento e inizio l’intervista.

Io: Che tipo di errore c’è stato nell’intervento e che conseguenze ha avuto sulla tua salute? E soprattutto perché hai deciso di sottoporti a un intervento per il cambio di sesso?
Valérie: Ero arrivata a un bivio: o metamorfosi o suicidio. Per fortuna ho avuto la forza di scegliere la transizione e, nonostante la disgrazia dell'operazione sbagliata, sono felice della mia condizione di vita. Cioè essere completamente una donna. Parlo di condizione perché, per me, non si tratta di una scelta. Nell'ottobre 2013, esattamente il 31, ho iniziato la terapia ormonale e un mese dopo sono stata seguita dall'endocrinologo della Asl di Cagliari.  Per l'Italia sono una transessuale seguita dal SSN. La sera del 31, dopo aver preso le prime pastiglie, mi sono detta: ‘maschio che sei dentro il mio corpo finalmente inizio a eliminarti’. Ero felicissima. Un percorso durato 30 anni.” - Già nel’89 a Valérie, infatti, viene diagnosticata la disforia di genere dopo anni di terapia psicologica, ma ha rimandato il suo percorso di transizione a causa della morte della madre. - “Da quel giorno tutto è andato per il verso sbagliato.”
Mi racconta anche che dopo essersi assicurata che in famiglia tutti sapessero delle sue intenzioni, ha scritto su Facebook una breve lettera a “quelli che non posso definire miei paesani” per dire chi era. “Finalmente ero libera di uscire allo scoperto e non vivere più l'incubo di essere scoperta. Avevo già fatto la visita con il Dott. Belgrano, chirurgo di Trieste, ma mi aveva prospettato un'attesa di 2 anni. L'attesa per me era troppo lunga. 
Nel 2014, tramite una trans conosciuta su Facebook, vengo a sapere che a Palermo operano senza esser messi in lista d'attesa e così mi metto in contatto con il capoluogo siciliano. Il 21 giugno 2014 faccio la visita al Policlinico con un chirurgo che mi descrive il metodo effettuato nella struttura  e rimaniamo d'accordo che, non appena avessi avuto la sentenza, mi avrebbero operato. A dicembre ricevo la sentenza e vengo messa subito in lista per il 28 di gennaio 2015. Vengo ricoverata il 24 gennaio dopo aver fatto tutte le visite in Sardegna: esami del sangue, cuore, rm pelvica, rx toracica e spirometria, tutti pagati di tasca mia. Arriva il 28  e ricordo che la mattina ero felicissima. L'operazione è durata 6 ore e tutto sembrava essere andato per il meglio. L'incubo sarebbe arrivato piano piano. 
Dopo la degenza,  ho iniziato a capire che qualcosa non andava. Conoscevo come era fatta una vagina e la mia non lo era per niente. Era stata inventata una cosa nuova, una mostruosità. Posso solo dire che mi avevano lasciato anche un pezzo di pene, il cosiddetto corpo cavernoso. Qui è iniziata la mia insofferenza, ma, nonostante abbia fatto regolari visite e telefonicamente mi lamentassi, per loro, i medici, era ‘perfetta’. Ho fatto l'ultima visita nel giugno 2015 e mi aspettavo almeno che mi chiedessero scusa per quello che mi avevano fatto, ma così non è stato. Sarebbe bastato che mi dicessero: “scusa Valérie, l'intervento e' andato male, cerchiamo di risolvere”, ma cosi non è stato e ho deciso di denunciarli. 
Non ero una cavia, ma una persona, il cui valore di vita doveva essere messo in primo piano. La  mia denuncia pubblica, inoltre, doveva e deve servire affinché altre trans non finiscano dentro un macello. 
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Io: Che cosa vuol dire specchiarsi e non riconoscersi nell’immagine che lo specchio rimanda?
Valérie: Inizi con l'infanzia ad accusare che qualche cosa non va. Non dirò mai la grande stupidità, che spesso le trans dicono, che all'età di tre anni giocavo con le bambole perché di quell'età non ricordo un tubo. Ricordo che alle elementari mi piaceva giocare con le bambine. Ero attratta dalla loro delicatezza e dalla loro sensibilità. Le invidiavo come nient’altro al mondo. Con l'adolescenza capisci più a fondo che sei una persona non definita, ma c'è qualche cosa che ti turba e ti fa stare male.
Inizi a capire che non sei la persona che tutti vedono. Inizi di nascosto a indossare l'intimo e i vestiti da donna. Arrivi pure a truccarti e a depilarti, mentre sessualmente avverti crescere un certo desiderio. Sei felice quando ti trovi in quest'attimo, ma, poi, subentra la paura di essere scoperta e quindi inizia l’incubo. Continui cosi fino a quando finalmente non ti dichiari.
Ciò che ti porta a fare l'intervento è il sentire dentro di te di essere una donna e quindi non puoi convivere con un essere che non  riconosci. Sentirsi donna da tantissimo tempo ti porta a odiare la tua parte maschile, tanto da spingerti a pensare di tagliarti quell'organo genitale che rifiuti. Ti senti donna, però sei un maschio. È terribile perché è una condizione che non ti lascia  nemmeno per un secondo della tua vita.
Io non invidiavo le belle donne, invidiavo le donne brutte perché, intanto, loro erano donne e io, invece, ero costretta a vivere in un corpo non mio. Ero pronta anche per la metamorfosi del  mio corpo. Non avevo paura di non essere perfetta. È stato bello sentirmi cosi. Anche la terapia ormonale, nonostante la mia età, sta facendo un buon lavoro. Il mio cervello non aspettava altro che dare al mio corpo quello che gli mancava: gli estrogeni. 
Dentro di me c'e' una bella armonia. Non sono perfetta, ma sono contenta perché sono semplice e appartengo al mondo femminile semplice. Non essere perfetti è bello perché non si è condizionati e per me la condizione diventa malattia.

Io: Chi è stata la prima persona con cui ti sei aperta?
Valérie: La prima volta che ho parlato di me è stato nel 1988 con la presidente del MIT di Bologna, Marcella di Folco, donna transessuale stupenda come non le trovi oggi. Mi disse chiaramente che sarebbe stata una condizione che avrebbe continuato ad acuirsi nel tempo. Non si sbagliava.

Io: Cosa vuol dire essere una transessuale in Italia? Siete discriminate maggiormente?
Valérie: Essere transessuali in Italia, parlo della mia esperienza, significa essere spesso scartati dalla società, non essere accettati in famiglia (anche se la parola accettare mi mette i brividi), venire discriminate sul luogo di lavoro, vedersi allontanati dagli amici (almeno così li credevi) come se avessi l'ebola. Nonostante vedano che sei donna, spesso, proprio in famiglia, ti parlano ancora al maschile, ti umiliano, ti dicono che si devono abituare.  Dico io” – e qui la sua voce si altera – “ma a che cosa si devono abituare se guardandomi, vedono una persona completamente differente da come era prima? Qui divento un po' aggressiva e dico chiaramente che il loro cervello deve avere un'altra dimensione, che non si tratta di abitudine, ma di rifiuto. Ti fanno passare dei momenti di frustrazione e di tristezza perché capisci che non vogliono cambiare atteggiamento nei tuoi confronti.
Siamo trattate come esseri ridicoli e oggetti di battute. Per questo dico a tutte le trans di essere semplici, di non gonfiarsi le labbra come gommoni e di non gonfiarsi gli zigomi come due palle da biliardo perché le donne ‘vere’ non sono così. Perché farsi un seno che ci fa sembrare a delle vacche?  Questo ci rende ridicole.

Io: Quindi, tu dici che la colpa della discriminazione è delle trans, giusto?
Valérie: Noi abbiamo costruito il ‘mondo dei diversi’ con trans così. Critico pesantemente il perché quasi tutti i giorni si debba parlare delle cretinate delle transessuali, come se fosse un mondo diverso e sconosciuto. Se non ci consideriamo diversi dagli altri perché parlarne? Io sono una persona normale, non mi va di essere considerata diversa. Non mi interessa sentirne parlare sempre.
Io: Beh, se ne parla  proprio per porre fine a questa differenza. Il giorno in cui la società smetterà di considerare le persone LGBTI diverse non se ne parlerà più. Il giorno in cui la gente smetterà di picchiare, deridere, spingere al suicidio una persona LGBTI non se ne parlerà più, ma fino a quel momento è giusto che se ne parli e pure tanto. Troppe vittime sono state create dall’indifferenza, dal silenzio.
Valérie: Maltrattate, picchiate, umiliate , uccise sono anche le donne biologiche. anche il mondo dei cosiddetti ‘normali’ è pieno di problematiche.
Io: E infatti se ne parla ed è giusto che sia così.
Valérie: Perché considerarci sempre vittime? Perché non pensare che spesso la discriminazione arriva dal nostro stesso mondo.
Io: Non credo ci si consideri delle vittime per partito preso, ma i dati di fatto rendono alcune persone tali e quindi è giusto che se ne parli in questi termini. Non creiamo confusione, su. 
Dai, passiamo avanti…

Io: Dopo quanto ti è successo, hai ricevuto il sostegno di qualche associazione che ha preso a cuore il tuo dramma?
Valérie: Da quando ho avuto la disgrazia di sottopormi a questo intervento, nonostante mi sia rivolta spesso e anche in maniera aggressiva (vista la loro apatia) a varie associazione lgbti, mostrando anche le foto intime e sconvolgenti di quello che avevo subito e chiedendo un intervento mediatico per bloccare altri interventi nella struttura del Policlinico di Palermo, non ho avuto assolutamente nessuna solidarietà  né con scritti né con telefonate. Sono rimasta molto delusa perché mi aspettavo una dura presa di posizione da parte loro, ma ho capito che queste associazioni non servono a nulla. Sono mediatiche per i loro scopi e basta. Non si interviene a lottare duramente affinché queste RCS in Italia siano bloccate. Si pensa ad andare al Grande Fratello a dire fesserie, da Barbara D'urso per delle interviste costruite, o rilasciare interviste a Real Time parlando delle proprie storie familiari. Vedere quelle che gerarchicamente occupano i posti di presidenti delle associazioni di transessuali parlare dei fatti propri senza concentrarsi sui veri problemi del mondo delle trans, ossia delle discriminazione sul lavoro, della prostituzione, dei maltrattamenti, delle violenze, delle umiliazioni e della macellazione di esseri umani considerati cavie nelle sale operatorie, mi fa arrabbiare. Non capiscono che con questo comportamento ci stanno distruggendo.”
Io: Però non puoi generalizzare a questo modo. Conosco chi c’è dietro alcune associazioni e so come lavorano. Magari la tua esperienza ti porta a dire questo, ma non puoi dire che sia sempre così. Non è giusto. Sono persone che, magari con dei limiti, per carità, fanno quel che possono e io le ammiro molto. Non si può stare dietro a tutto, ma questo non deve essere scambiato per disinteresse.
Valérie: Vanno in tv  o nei giornali e dicono che pretendono dal legislatore una legge che dia l'opportunità ai trans di cambiare nome dal maschile al femminile senza operazione. Questa è veramente una richiesta allucinante. Io da donna transessuale mi auguro che il legislatore mai e poi mai conceda una cosa del genere. Tu vuoi rimanere con il pene in mezzo alle gambe? Ti tieni anche il nome maschile , perché sempre un maschio sei.
Io: Quello che dici è forte e io mi dissocio totalmente. Credo che ognuno abbia il diritto di sentirsi bene con il proprio corpo quando si guarda allo specchio. E se certe persone si riconoscono in se stesse anche con l’organo genitale maschile, è giusto che restino così senza che nessuno li definisca per quello che non sono. Io non sono addentro alle dinamiche trans, però il discorso che fai è, per me, paragonabile a quello che certi uomini eterosessuali fanno quando dicono che sono uomini solo perché eterosessuali, ed è una cazzata. In un suo film, Almodóvar dice che uno è autentico quanto più assomiglia all'idea che ha di se stesso e io sono di questo avviso. E sinceramente voglio che la legge di cui parli, passi e anche presto.
Valérie: Io non sono d’accordo. Tu sai cosa dicono le donne biologiche di noi donne trans? Che non saremo mai delle vere donne e hanno ragione perché il nostro corpo è pur sempre quello di un uomo. A me, che mi sento donna nel cervello e sono in armonia con il mio corpo,  non interessa perché sono  sicura che sono molto più donna io transessuale che non loro donne biologiche.
Io: Qui sono io che non sono d’accordo perché chi dice questa cosa si limita alla fisicità e non all’identità, all’essenza delle persone. Chi dice che una donna trans o un uomo trans non sarà mai una 'vera' donna o un 'vero' uomo si limita all’aspetto fisico e non è corretto. Nessuno può dire a un altro cos’è in base al suo percorso. Tu dici che per te è giusto, ma per me è sbagliato. Poi, tu hai la tua opinione, ma credo che ognuno abbia il diritto di parlare di sé stessi come meglio crede, proprio come stai facendo tu, senza basarsi sull’aspetto fisico e mi stupisco che tu  non sia d’accordo. Cambiamo discorso…
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Io: Mi dicevi che hai subito discriminazione sul lavoro, giusto?
Valérie: Io sono stata oggetto di discriminazione sul luogo di lavoro e tramite  il presidente Voza di Arcigay Salerno sono entrata in contatto, dopo averne parlato personalmente, con il Centro d'ascolto contro le discriminazioni, mobbing e stalking di Roma la cui presidente si è la Dott.ssa Alessandra Menelao. Lei mi ha subito messa in contatto con il Centro di ascolto di Nuoro-Ogliastra e con la Dott.ssa Marilena Pintore. Questi centri di ascolto fanno capo al sindacato italiano della UIL. Per quanto riguarda la mia situazione è intervenuta a livello regionale anche, e soprattutto, la segretaria regionale della UIL, la Dott.ssa Francesca Ticca che, insieme al Centro di ascolto, ha, oltre al problema del lavoro, preso in carico il mio grave problema dell'operazione subita a Palermo, investendo direttamente l'osservatorio medico legale della UIL di Cagliari, gestito dalla Dott.essa Gabriella Medda, che è subito intervenuto con medico legale e avvocati. Per la causa in corso. quindi in sintesi, l'unica associazione che mi ha, e mi sta, aiutando è l'organizzazione del sindacato della UIL. Ribadisco non le associazioni lgbti che se ne sono fregati.
Io: Però è tramite Ottavia D’Anseille Voza che sei entrata in contatto con loro. Non puoi dire che nessuna associazione LGBTI ti abbia aiutato. Non è così, di fatto. Se la Voza non fosse intervenuta, forse, tu oggi non saresti seguita dalla UIL.
Valérie: Ripeto le associazione di lgbti sono completamente apatiche per la mia causa. Si devono solo vergognare e io mi vergogno di appartenere al loro mondo. Né Arcigay Salerno, né Arcigay Palermo né il Mit di Bologna hanno fatto qualcosa per me.
Io: Saranno apatiche, ma ti hanno aperto un contatto. Tu la puoi pensare come vuoi, ma questo è un dato di fatto. Conosco sia il presidente di Arcigay Salerno che quello di Palermo e so che sono delle persone in gamba e degne del mio rispetto, quindi permettimi di dissentire da quanto affermi.
Valérie: Sì, ma Voza ha interceduto solo per la mia discriminazione sul lavoro.

Io: Per concludere, questa esperienza, prendendo in esame tutti i punti che abbiamo affrontato nell’intervista, cosa ti ha lasciato  dentro?
Valérie: La mia esperienza fino a oggi è stata una bella prova e, nonostante tutte le difficoltà che sto incontrando, sono felice di aver trovato un equilibrio fisico - psichico e  mente – corpo perfetto.
Sono consapevole che le mie difficoltà non sono finite e sono sicura che avrò tantissimo da lottare. Non nascondo che dover subire un altro grosso intervento, non so quando, ma spero quanto prima, mi faccia un po' di paura perché so che che soffrirò tantissimo. Però ne varrà la pena perché cosi avrò una bellissima vagina.  Nonostante tutto voglio bene alla creatura che al Policlinico si sono inventati . La tratto bene, la curo con affetto e ormai fa parte della mia vita. Spesso mi metto a piangere vedendo la mia  'dolce creatura' soffrire avendo un tutore 24 su 24 sempre dentro perché, penso, che magari anche lei è stanca di essere in una certa situazione e non vede l'ora di essere ripresa e fatta bene. Stiamo trovando insieme la forza per andare avanti. Le voglio bene nonostante l'estetica e la funzionalità sia stata violata dai chirurghi del Policlinico.

Prima di salutarci, Valérie mi ha chiesto di poter lanciare un appello a chi leggerà l’intervista. 
Valérie: Cari lettori criticatemi pure ,ma fatelo in maniera costrittiva e non distruttiva. La critica è un valore aggiunto della persona che ha ancora un cervello. Fatelo, ma in maniera ponderata. Ricordatevi che non siamo noi i padroni della terra ma e la terra che ci ospita. Io dico sempre la preghiera del grande spirito dei nativi americani. Adoro quel popolo e spero che veda il mio prossimo sogno avverarsi e andare per sempre a vivere con loro.  Noi trans da loro eravamo e siamo dai tempi addietro venerate perché considerate sacre. Veniamo chiamate Berdache. Pensate che gioia di popolo. Una frase della mia preghiera dice:  Cerco Forza non per essere abile a combattere il mio fratello, ma per essere abile a combattere il mio più grande nemico: me stesso.