Monsignor Charamsa fa coming out: “è il momento che la Chiesa apra gli occhi di fronte ai gay credenti"

A cura di Francesco Sansone
Grafica di Giovanni Trapani
In un'intervista al Corriere della sera, Monsignore Krzysztof Charamsa - teologo, ufficiale della Congregazione per la dottrina della fede e segretario aggiunto della Commissione teologica internazionale vaticana, ha fatto coming out proprio alla vigilia del Sinodo sulla Famiglia che si aprirà domani.
Il motivo che ha spinto il Monsignore - che ha una relazione stabile con un uomo - a venire allo scoperto è il fatto che “arriva un giorno che qualcosa si rompe dentro di te, non ne puoi più. Da solo mi sarei perso nell'incubo della mia omosessualità negata, ma Dio non ci lascia mai soli. E credo che mi abbia portato a fare ora questa scelta esistenziale così forte, forte per le sue conseguenze, ma dovrebbe essere la più semplice per ogni omosessuale, la premessa per vivere coerentemente, perché siamo già in ritardo e non è possibile aspettare altri cinquant'anni. Nella Chiesa non conosciamo l'omosessualità perché non conosciamo gli omosessuali. Li abbiamo da tutte le parti, ma non li abbiamo mai guardati negli occhi, perché di rado essi dicono chi sono. Vorrei con la mia storia scuotere un po' la coscienza di questa mia Chiesa. Al Santo Padre rivelerò personalmente la mia identità con una lettera. Vorrei dire al Sinodo che l'amore omosessuale è un amore familiare, che ha bisogno della famiglia. Ogni persona, anche i gay, le lesbiche o i transessuali, porta nel cuore un desiderio di amore e familiarità. Ogni persona ha diritto all'amore e quell'amore deve esser protetto dalla società, dalle leggi. Ma soprattutto deve essere curato dalla Chiesa".
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Un atto di coraggio  se vogliamo, di cui Charamasa  è "pronto a pagarne le conseguenze, ma"" -sostiene - "è il momento che la Chiesa apra gli occhi di fronte ai gay credenti e capisca che la soluzione che propone loro, l’astinenza totale dalla vita d’amore, è disumana. Siamo già in ritardo e non è possibile aspettare altri cinquant’anni",
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E quindi lancia un appello alla sua chiesa: "Voglio che la Chiesa e la mia comunità sappiano chi sono. Dunque dico alla Chiesa chi sono e che l’amore omosessuale è un amore familiare, che ha bisogno della famiglia. Una coppia di lesbiche o di omosessuali deve poter dire alla propria Chiesa: noi ci amiamo secondo la nostra natura e questo bene del nostro amore lo offriamo agli altri. Non sono posizioni dell’attuale dottrina, ma sono presenti nella ricerca teologica. Voglio scuotere la coscienza della mia Chiesa".