Polis Aperta, associazione gay in divisa, in un convegno per “spezzare” l’omofobia nella caserme e nei distretti

A cura di Francesco Sansone
Grafica di Giovanni Trapani
I poliziotti che fanno parte dell’associazione gay Polis Aperta si sono dati appuntamento a Milano il prossimo 10 ottobre per chiedere al governo investimenti sulla formazione al fine di contrastare l’omofobia, diffusa e tenuta sotto silenzio nei vari dipartimenti.

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«L’obbiettivo è aiutare chi lo desidera a uscire dal silenzio. Noi gay in divisa siamo tanti.» dichiara Simonetta Moro, poliziotta di Bologna, a Repubblica.it.
Anche all’interno della polizia, infatti, i casi di omofobia ai danni degli agenti omosessuali non mancano. Basti pensare al caso di un giovane poliziotto torinese che si è ritrovato scritto sul suo armadietto “i froci non ci piacciono”, o al militare quarantatreenne veneto che ha affermato di volersi togliersi la vita perché stanco degli insulti omofobi a cui era soggetto dai suoi colleghi.
Secondo gli iscritti a Polis Aperta, i poliziotti gay sono 200, ma il quadruplo se si contano anche chi non vuole comparire.
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«Non c’è ragione di ritenere che i gay siamo meno numerosi in esercito e forze dell’ordine rispetto alla media generale. Vale a dire, il 5% della popolazione.» afferma il presidente di Arcigay Milano, Fabio Pellegatta.
Il convegno che si terrà a ottobre, patrocinato dal Consolato degli Stati Uniti, ospiterà un transessuale ex agente del Mossad e Stefania Pecchini, agente transessuale della polizia locale del milanese. La loro presenza si andrà nella richiesta di dare ruoli operativi alle persone transessuali che l’associazione sta portando avanti. Infatti, come spiega Gabriele Gugliermo, poliziotto torinese e vicepresidente di Polis Aperta, se nelle polizie locali i transgender sono accettati, nelle forme armate, compresa la Guardia di finanza, «resiste il famigerato comma 9» che, nell’articolo «sulle infermità causa di non idoneità» prevedere ancora «le parafilie e i disturbi dell’identità in genere.»
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La situazione è ancora più grave nella Polizia di Stato che, come afferma Evelina Argurio, della questura di Genova, «il cambio di genere è considerato malattia, per cui le persone transessuali non possono essere assunte.»
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