Racconti brevi - L'altro, lui e lei


Prologo
Come cisidevecomportare quando ci si trova intrappolati in una storia d'amore malata? Bisogna scappareocontinuare ad  essere l'altro a vita?
Francesco Sansone











L'altro, lui e lei

Chi lo avrebbe mai detto che nella mia vita mi sarei ritrovato ad esser l’altro. Proprio io che avevo sempre disprezzato tutti coloro che si intrufolavano nelle coppie altrui, mi ritrovavo a ricoprire quel ruolo.

Mi ritrovavo a dover far finta di nulla quando lo vedevo assieme a sua moglie, far quasi finta di non conoscerlo per non far capire a nessuno che la sola sua presenza mi faceva scoppiare il cuore in petto. Lottavo contro la mia passione e il senso di colpa verso quella donna che lo amava allo stesso modo in cui lo amavo io e lo desiderava alla stessa maniera in cui lo desideravo io. Ogni volta che li incontravo mi sentivo sempre più schiacciato nel vedere il viso di lei raggiante e felice per essere accanto all’uomo che ha giurato di amare, nel bene e nel male, nella gioia e nel dolore, per tutto il resto della sua vita.

All’epoca in cui lo conobbi non sapevo che fosse sposato o quanto meno avesse una doppia vita. Non ha mai più di tanto nascosto le sue preferenze verso gli altri uomini mentre eravamo a lavoro e quindi era per me impensabile pensarlo. Ricordo che quando mi chiese di andare a prendere un caffè, il primo caffè, dopo il lavoro, ero al settimo cielo perché questo invito arrivava dopo settimane di sguardi maliziosi e battute dai doppi sensi che mi facevano vibrare tutto.

Non perse tempo a palesarmi le sue intenzioni mentre sorseggiavamo la bevanda seduti comodamente al tavolino del locale. Non mi sembrava possibile essere così sfacciati e diretti in queste cose, ma lui mi mostrò che tutto era possibile e sempre in quell’occasione passammo la notte assieme. Da lì in poi il rapporto si consolidò, e giorno dopo giorno, mese dopo mesi, ci ritrovammo a festeggiare il primo anno di relazione. Questo evento però mi regalò un dono amaro. Era un sabato e non lavoravamo e fissammo di vederci la sera per festeggiare e per l’occasione decisi di preparare una cenata con i fiocchi e andai al supermercato per comprare qualcosa di prelibato da cucinare. Mentre giravo fra i reparti del grande magazzino, lo vidi assieme ad una donna. Sul mio viso si aprì un sorriso a 32 denti e mi avvicinai a loro.

- E tu che ci fai qua? – chiesi incredulo e felice per l’incontro fortuito

- Ah, pure tu qui? Cara ti presento uno dei miei colleghi. – mi rispose con un evidente stato di agitazione seppur camuffato

- Piacere, io sono la moglie

- La moglie? P – piacere

- Piacere mio

- Scusaci ma andiamo di fretta, ci vediamo lunedì a lavoro. Buon fine settimana – e dicendo si allontanò con la moglie.

Restai di sasso per non so quanto tempo. Come avevo potuto non accorgermene in tutto questo tempo e intanto nella mia mente tutta una serie di collegamenti mi si sono aperti e a poco a poco mi resi conto di quante bugie mi avesse detto e il quadro si andava completando.

La sera come se nulla fosse successo, si presentò a casa mia e rimase sorpreso nel vedere che in tavola non ci fosse nulla.

- Dobbiamo parlare – gli dissi non appena si avvicinò per abbracciarmi

- Non c’è molto da dire. Sono sposato e amo te.

- A me non sta bene così. Non pretendo che tu lasci tua moglie, però io lascio te

- Non dici sul serio

- Invece sì.

- Capisco che sei scosso per aver scoperto tutto in questa maniera. Te ne avrei parlato, ma non sapevo come fare.

- Adesso non dovrai cercare più il modo giusto per dirmelo. Quello che c’è stato fra noi finisce qui. Ora esci da casa mia e torna da tua moglie.

- Ma io non la amo, resto con lei solo perché non posso fare diversamente. S mi lasci io… io non so che fare.

Restai in silenzio e lo ascoltai parlare e dopo aver sentito tutto, non riuscii a mantenere le mie intenzioni e decisi di restare con lui pur sapendo quello che questo comportava, anche se ancora non avevo ben chiaro quello che avrei vissuto.

La seconda volta che vidi la moglie del mio lui, fu in occasione del matrimonio di un nostro collega e ironia della sorte, finii nello stesso tavolo in cui erano stati posizionati anche lui e lei. L’imbarazzo era tagliabile con un coltello e più passavano le ore più mi sentivo male, soprattutto perché lei era dolce, anzi aveva visto in me un ottimo interlocutore durante quel pranzo tanto che alla fine mi invitò a cena per il sabato successivo presso la loro casa. Cercai di rifiutare l’invito in tutti i modi, ma alla fine anche lui si impuntò e non potetti fare a meno di accettare.

Non appena arrivai a casa loro, fu lui ad aprirmi la porta e sorridente mi salutò, mentre io gli chiesi che gioco stesse giocando e lui mi disse di rilassarmi e far finta di nulla e mi baciò sulle labbra da cui si distaccò pochi secondi prima che lei arrivasse e mi desse il benvenuto. La cena passò lentamente e alle 23:00 trovai una scusa per andare.

- Ma come, già vai via? – mi chiese lei

- Sì, domani devo alzarmi presto, devo mettere un po’ di ordine in casa

- Ma dai, rimani ancora un po’, lei ha preparato una torta buonissima – insistette lui

- Non puoi non mangiarne almeno una piccola pozione

- Ma…

- Niente ma. Vado a prenderla. Arrivo subito

- Perché fai così… non capisci che sto morendo d’imbarazzo?

- Sei il solito esagerato?

- Il solito esagerato? Tu sei malato

- Allora di che parlate? – chiese lei tornando dalla cucina

- Ma niente di alcune pratiche di lavoro – rispose lui con freddezza assoluta

- Che noiosi che siete. Pure oggi che siete liberi parlate di lavoro. Non capirò mai voi uomini. Per voi il lavoro è la vostra sola passione

Restai ancora cinque minuti e poi scappai. Arrivato a casa, mi misi sotto la doccia per togliere via quel senso di sporco che ormai provavo da troppo tempo, però non riuscivo a staccarmi da quel rapporto malato.

Passarono ancora diversi mesi prima che mi decidessi di chiudere la mia storia con lui, però decisi di non dire niente a lui. Di nascosto, andai in amministrazione e chiesi di farmi trasferire in un’altra sede e in un’altra città e così quando dopo altri due mesi di rapporto malato in cui lui mi costringeva ad andare a casa sua e fare sesso mentre lei dormiva perché la cosa lo eccitava, contattai una ditta per il trasloco e chiesi all’amministrazione di tacere la cosa fino al giorno in cui non ero partito.

La sera della partenza lui mi chiamò dicendomi di vederci, ma gli risposi di no per via di un mal di testa improvviso che mi stava facendo impazzire. Non insistette e così riagganciai. Poco dopo i mobili furono messi tutti nel camion e io mi chiusi la porta alle spalle e con essa anche quei 18 mesi di inferno.

Adesso vivo in un’altra città e cerco di riprendermi da questa storia, anche se so che non sarà facile.