Il mio mondo espanso - La rubrica. Saper di poter contare su di lui
Prologo
Mi sono reso conto solo al momento in cui stavo caricando l'articolo qui, che ho sbagliato, che non dovevo scrivere questa rubrica, ma dovevo creare un racconto breve. Questo la dice lunga sulla mia lucidità.
Francesco Sansone
Saper di poter contare su di lui
Devo confessarvi che prima di conoscere Giovy mai e poi mai mi ero affidato completamente ad un’altra persona. Per carattere, come sapete, sono molto rigido, più per timidezza che per altro, e questo negli anni ha compromesso diversi rapporti con la gente. Inoltre sin da piccolo non so perché ma in famiglia sono stato assunto di un ruolo che a lungo e andare ha iniziato a starmi sempre più stretto: il perfetto. Essendo l’ultimo di 4 figli che sin da piccolo ha evidenziato uno spiccato interesse per lo studio, ha fatto sì che io fossi colui destinato a grandi cose e lì per lì vi confesso che la cosa non mi dispiacesse anche perché passavo le mie giornate in casa con le mie sorelle a guardare la tv e quindi studiare era per me un modo per distrarmi più che un obbligo, e poi mi piaceva quando mia madre parlando con le sue amiche si vantava di me – scusate la poca modestia. Avendo avuto sempre bei voti e questo ha fatto sì che i miei genitori non mi stessero addosso se magari tornavo a casa con un sei piuttosto che di un sette o un otto, anzi se qualche volta tornavo a casa con un voto che non mi soddisfaceva, loro mi consolavano e mi dicevano “vedrai che la prossima volta andrà meglio. Sei bravo lo sai. Non ci pensare”, ma per me era un vero e proprio macigno che mi spingeva a sfidare l’insegnate e dimostrargli di come si fosse sbagliato a valutarmi sufficentemente.
Con l’ingresso al quinto anno di superiori e l’aver preso coscienza delle mie passioni, lo studio passò un po’ in secondo piano, anche se non ho mai avuto problemi durante l’anno scolastico dato che “campavo” di nomina – sapete come si dice: “fatti la nomina e mettila da parte” -, e mi sono interessato più a creare quei rapporti con la gente che fino a quel momento mi erano mancati, però tanti anni di “reclusione forzata e voluta” e quella paura di lasciarmi andare per non perdere il controllo di me e non perdere davanti agli occhi altri il mio essere visto come “il perfetto”, non mi ha mai permesso di fidarmi della gente al cento per cento. Anche nelle relazioni, sia d’amicizia che di altro tipo, ho sempre mantenuto un certo distacco, una sorta di lastra di vetro tra me e chi mi stava attorno o, semplicemente, accanto.
Col tempo e dopo tante fregature questa mia diffidenza verso la gente è addirittura aumentata. Dopo aver sofferto per molto tempo, decisi che avrei mantenuto con la gente solo rapporti superficiali, magari di una sola notte - solo con gli amici, quelli di cui non posso più fare a meno, ero me stesso o quanto meno davo quello che riuscivo a dare -. Per molti anni ho cercato di evitare qualcosa di più profondo con la gente, e quando pensavo che potesse esserci una persona giusta, alla prima frase, battuta o qualsiasi altra cosa che turbava la mia serenità, portandomi a vivere veri e propri malesseri interiori, piuttosto che affrontare la situazione allontanavo chi mi stava accanto in quel momento e cercavo quella singletudine che tanto mi era cara, ma che allo stesso tempo mi faceva male, come una sorta di pietra sopra il cuore che lo comprimeva e mi faceva venire voglia di scappare, lasciare tutto .
Ho vissuto tutto questo per molti anni, però un giorno, un incontro fortuito, mi ha permesso di modificare questo lato di me. Pensare che una persona che mi parlava tramite uno schermo, riuscisse a capirmi e a non forzare questo mio limite - adesso posso chiamarlo con il proprio nome – a poco a poco mi ha permesso di capire che forse avrei dovuto lasciarmi andare un po’, e vi confesso che aver vissuto i primi mesi a distanza mi ha permesso di lasciarmi andare come mai prima. La distanza inoltre ha contribuito a farmi conoscere meglio Giovy, senza rovinare tutto con la frenesia che spesso ci sono negli incontri di oggi dove prima si fa sesso e ci si fidanza e poi si inizia a conoscersi per rendersi conto che non si ha nulla in comune, destinando il rapporto a durate il tempo di una settimana se tutto va bene – naturalmente questa è la mia opinione basata sulla mia esperienza e non un giudizio critico - . Vi dicevo che col tempo parlando, parlando e ancora parlando, mi sono affidato completamente a Giovy. Con lui sono me stesso, faccio anche quelle cose sciocche – come mettermi a saltare come un matto cantando a squarcia gola quando parte una canzone che mi piace per scaricare tensione e rabbia (cosa che adesso spesso facciamo assieme, ve lo consiglio, è di un liberatorio che non vi dico) – ma anche parlargli delle mie paure, delle mie ansie. Lui c’è sempre pronto ad ascoltarmi e a non giudicarmi mai. Mi ha permesso di conoscere un lato dei rapporti umani – amorosi – che non pensavo potesse esserci e tantomeno che potessi offrire. Il bello di tutto questo è sapere che su di lui posso contare sempre, che lui ad ogni mio disagio è pronto a sorreggermi e a tirarmi su, in un modo che mi fa capire quanto sia fortunato.
Importantissimo quel senso liberatorio e di nostra autenticità che proviamo quando ci (af)fidiamo a qualcun altro.
RispondiEliminaE' una bella tappa verso la nostra maturità.
(In)consapevole hai pienamente ragione. Sapere di poter essere se stessi, senza maschere, senza paraventi o altri mezzi che utiliziamo solitamente, con chi ha preso il nostro cuore offrendorci il proprio è qualcosa che fa capire quanto bello possa essere abbandonare le proprie ansie, paure e freni per una vita serena.
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