«Famiglia è dove decidi di creare armonia e dialogo.» Giulio Forges Davanzati, uno dei protagonisti di “Amore pensaci tu”, si racconta a Il mio mondo espanso

A cura di Francesco Sansone
Grafica di Giovanni Trapani
Ha un curriculum così lungo, che citare tutti i suoi lavori teatrali, cinematografici e televisivi richiederebbe un articolo a parte, eppure Giulio Forges Davanzati è rimasto un ragazzo semplice e alla mano, innamorato della recitazione, sebbene viva con essa un rapporto d’amore e odio.  
Al momento è fra i protagonisti di Amore pensaci tu, la nuova fiction di Canale 5 che dal 12 marzo andrà in onda di domenica, ed è impegnato con la compagnia teatrale la “Carmentalia”, eppure quando l’ho contattato per proporgli questa intervista mi ha risposto con un immediato «con vero piacere!», e una disponibilità che, credetemi, difficilmente si trova in giro. 
Giulio si è raccontato senza se e senza ma, parlando delle sue idee, del suo percorso di attore e del suo ruolo in Amore pensaci tu, confessando di avvertire una certa responsabilità nell'interpretare, assieme a Fabio Troiano, una realtà - quella delle famiglie omo-genitoriali - che ancora adesso ha bisogno di essere raccontata per abbattere i pregiudizi sociali e politici.
Continua sotto...

D. In questo momento sei fra i protagonisti di “Amore pensaci tu”, dove interpreti Tommaso, un giovane pompiere che cresce con il suo compagno Francesco la figlia della sorella, morta in seguito a una malattia. Cosa ti ha spinto ad accettare questo ruolo?
R. Principalmente mi stimolava il fatto di raccontare una famiglia “non convenzionale” che allo stesso tempo fosse narrata con grande semplicità e naturalezza. Questa famiglia è perfettamente inserita nella società di oggi e si relaziona ai problemi di tutti i giorni: l’educazione della figlia/nipote, gestire coraggiosamente la routine, il loro essere “normalmente imperfetti” e volersi bene così come sono.

D. Chi interpreta il tuo compagno è Fabio Troiano e se non sbaglio questa è la prima volta che lavorate assieme. È stato difficile trovare quella sintonia necessaria per ricoprire il ruolo di una coppia?
R. Assolutamente no,  è stato meraviglioso. Fabio è un grande professionista e abbiamo lavorato in estrema libertà. Ho imparato tanto da lui, che sicuramente conosce il mestiere d’attore più a fondo e ha saputo mettermi a mio agio nonostante il poco tempo a disposizione e la sfida di raccontare una coppia che sta insieme da più di dieci anni!

D. Dicevamo che nella serie rappresenti una realtà famigliare che in Italia  fa discutere e a cui la politica non è riuscita ancora a garantire alcun tipo di tutela. Vista l’importanza del tema, avverti una qualche responsabilità nei confronti di queste famiglie?
R. La responsabilità c’è, si sente, è innegabile. Ma soprattutto la responsabilità di raccontare un nucleo famigliare che vive le stesse dinamiche di una “coppia tradizionale”. Odio usare questi termini perché tendono a separare. Quello che abbiamo cercato di fare è invece unire, creare dei ponti. In definitiva, famiglia è dove decidi di creare armonia e dialogo, dove decidi di essere a tuo agio, il luogo dove torni per “ricaricare le batterie”, come direbbe Daisaku Ikeda, grandioso pensatore e filosofo buddista.

D. Secondo te, perché i nostri politici hanno così tanta difficoltà a emanare una legge che riconosce pieni diritti sia alle coppie gay che alle famiglia omo-genitoriali già esistenti?
R. Come ti dicevo, credo che sia insita nell’essere umano la tendenza a separare. A vedere quello che è diverso da noi come qualcosa che non ci riguarda, di distante. I grandi Rivoluzionari del passato si sono battuti contro questo aspetto in moltissime forme. Penso che possiamo davvero cambiare il mondo soltanto rendendoci conto che le differenze, le separazioni esistono nella nostra vita… nella vita di Giulio, in quella di Francesco se sconfiggiamo le separazioni presenti nella nostra vita allora il vento cambia davvero. Non ci sarà più bisogno di parlare di coppie gay o etero, perché avremo vinto sulle divisioni presenti nei nostri cuori. E allora avremo vinto al 100%, perché sostenerci tutti a vicenda diventerà necessario, immediato e naturale. Dobbiamo continuare a credere che sia possibile, e continuare a dialogare e lottare soprattutto là dove il dialogo sembra non potrà esserci mai. Ma per primo devo crederci io.
Continua sotto...

D. Parliamo di Giuliana De Sio , che nella serie interpreta Tina, tua madre. Com’è stato ricoprire per la seconda volta il ruolo di suo figlio e che differenza hai riscontrato nell’interpretarlo rispetto a “L’onore e il rispetto”?
R. Con Giuliana ci conosciamo da diversi anni, ma ogni volta è un’esperienza completamente nuova. Allo stesso tempo senti una grande rete di protezione dovuta alla sua immensa esperienza. Ne “L’onore e il rispetto” abbiamo lavorato tanto sul dialetto, eravamo in una specie di “brutti sporchi e cattivi” e approfondivamo emozioni immediate e dirette, violentissime. In questo caso invece siamo una famiglia unita che si vuole bene, ma che ha molta difficoltà a dialogare col cuore. Ad ogni modo è sempre una grande avventura condividere con lei vari percorsi artistici. E personalmente è sempre un onore. Sono molto fortunato!

D. A proposito di Giuliana De Sio, anche lei era nel cast del film “Ci vediamo a casa”, dove hai lavorato a stretto contatto con Miriam Catania. Che ricordi hai di quell’esperienza?
R. Un’altra avventura grandiosa. Maurizio [Ponzi, il regista ndb.] è uno dei migliori registi con cui abbia lavorato. Ha sensibilità, esperienza, rispetto per gli attori. Avevamo pochissimo tempo per girare scene davvero complesse. Ricordo che si arrivava sul set e Maurizio sapeva esattamente quello che voleva da ogni scena. Aveva tutto il film in testa. E lì ho visto come si possa fare dell’arte “correndo come razzi”!

D. Hai solo 30 anni ma hai alle spalle un curriculm di tutto rispetto: film, fiction, cortometraggi e tanto teatro. Cosa ti ha spinto a intraprendere la carriera d’attore?
R. La curiosità. Sin da piccolo il teatro mi incuriosiva, e spaventava allo stesso tempo. Ho ricordi di me piccolissimo letteralmente in lacrime prima di entrare in scena.  In realtà si tratta di una specie di rapporto odio/amore. Attraversi gioie clamorose, grandi paure, soddisfazioni, cadute. E’ un concentrato di Vita… per brevi tempi vivi in vere e proprie famiglie (le compagnie o i set) che si disgregano per (forse) mai più formarsi. Poi rimani in latenza  per un periodo (a volte lungo!) per poi rivenire fuori e ributtarti sulla giostra… Insomma buddisticamente lo vedo come un concentrato di cicli vitali. Non potrei non esserne innamorato.

D. Hai debuttato in teatro nel 2003 con ‘Romeo e Giulietta’ e da lì non hai mai smesso di calcare le scene. Che emozioni provi nel recitare sapendo che nel buio della sala ci sono diverse paia di occhi che ti osservano?
R. È l’emozione più forte. E ti rende in qualche modo adulto. Come persona e come attore mi sento sempre in lotta con la dipendenza da giudizio esterno. A volte mi chiedo se non abbia intrapreso questo percorso per puro e semplice narcisismo o per avere il favore delle persone intorno a me, di mamma e papà e dimostrare a tutti che sono una persona di valore. Continuo ad imparare ogni giorno che in quanto esseri umani siamo stupendi così come siamo. Gli spettacoli più felici sono quelli dove finalmente “stacco il cervello” e vado in scena per fare qualcosa insieme al pubblico e ai colleghi, per condividere e fare un’esperienza insieme, che non sia soltanto a senso unico. Ma me lo devo ricordare sempre.
Continua sotto...

D. Al cinema, invece, hai debutto col film ‘Vorrei vederti ballare’, di Nicola Deorsola, dove interpreti un ventenne che ama i film d’autore. La domanda a questo punto nasce spontanea: che tipo di film preferisci e qual è quello che non puoi evitare di guardare ogni volta che ne hai la possibilità?
R. Allora ti anticipo che i miei film preferiti cambiano da un giorno all’altro, dipende da che periodo sto passando. Oggi ti dico: “Ghostbusters” perché ha una sceneggiatura incredibile, “Tartarughe ninja alla riscossa”, è il primo film che ho visto al cinema e quindi il più bello del mondo, “8 ½” di Fellini perché è capace di pescarmi in tutte le mie paure ed ingenuità, “Il dramma della gelosia” di Ettore Scola perché è Rivoluzionario, “Todo Modo” di Elio Petri perché è visionario e concreto allo stesso tempo, fino a diventare profetico e  “Nell’anno del Signore” di Gigi Magni perché racconta con semplicità disarmante l’umanità che viene fuori quando si vuole cambiare il mondo.

D. Finora abbiamo parlato del presente e del passato, pertanto, per concludere, non posso non chiederti qualcosa sul futuro: stai lavorando a qualche nuovo progetto in questo momento? Ci anticipi qualcosa?
R. Al momento tutte le energie sono rivolte alla “Carmentalia”. La compagnia teatrale (fondata nel 2007) di cui facciamo parte io e una serie di “fratellini e sorelline” (Andrea Trovato, Stefano Vona Bianchini e Alessia Sorbello) con i quali abbiamo lo scopo di portare avanti progetti che ci mettano in discussione come esseri umani e artisti. Negli anni abbiamo portato in scena testi di Woody Allen, Michael Frayn, Richard Yates, testi inediti,  ma anche spettacoli di teatro danza e teatro di figura, con i quali siamo attualmente in scena a Roma (per info aggiornate www.carmentalia.com). Il prossimo progetto sarà un testo anglosassone di cui non ti posso anticipare nulla poiché stiamo definendone la preparazione in questi giorni. Sarà una sfida bella e impegnativa, da fare per e con il pubblico. Sono avventure che ci mettono in gioco al 100%, più difficili se vuoi, perché se non ci alziamo da soli determinati e fiduciosi, niente si muoverà. Ma è anche il bello dell’intera faccenda. Avremo vinto sui nostri limiti. Vuoi mettere la gioia?
RIMANI SEMPRE AGGIORNATO. ISCRIVITI ALLA NUOVA PAGINA FACEBOOK