"Anche se vorremo sposarci, procederemo con l'unione civile, ce lo dobbiamo." Francesco Mastinu e Guido Spano raccontano i loro 15 anni d'amore.

A cura di Francesco Sansone
Grafica di Giovanni Trapani
Francesco Mastinu e Guido Spano sono una coppia e lo sono da quindici anni. Conosco entrambi,
anche se è  Francesco colui con cui ho più confidenza, e negli anni ho avuto modo di scoprire il loro legame attraverso le foto e le frasi sui loro account Facebook. Una storia bella, genuina, capace di superare le avversità, lo scorrere del tempo e che, adesso, vuole, pretende, di essere riconosciuta a livello giuridico.
Il percorso intrapreso da Il mio mondo espanso, con queste interviste, è quello di raccontarvi le storie d'amore più belle e romantiche, e il legame fra Francesco e Guido rientra a pieno titolo fra queste. Leggetela con attenzione, perché vi sarete avvolti in un viaggio di ricordi e aspettative future, proprio di ogni coppia, che saprà emozionarvi.
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D. Partiamo dall’inizio: quando e come vi siete conosciuti?
Francesco: Oddio, rispolveriamo la preistoria! :p
Correva l’anno 1999, e noi, con percorsi diametralmente opposti, ci siamo ritrovati immatricolati nello stesso corso di studi universitario in Servizio Sociale e, sin dal primo giorno, compagni di banco. Eravamo un gruppo di soli trenta studenti perché il nostro corso era a numero chiuso, e in più avevamo l’obbligo di frequenza, per cui diciamo che nei tre anni successivi siamo forzatamente rimasti a stretto contatto, difatti, proprio nel corso del secondo anno universitario il nostro rapporto, da semplici colleghi e soprattutto da persone con due vissuti ed esperienze molto diverse, si è modificato, rispondendo credo alla pulsione e all’affetto che sin da subito ci aveva messo in sintonia.

D. Cosa avete pensato l’uno dell’altro la prima volta che vi siete incontrati?
Francesco: Per me è stata una sensazione strana, perché all’epoca avevo 19 anni e non avevo ancora nemmeno iniziato il percorso di autoconsapevolezza. Però non appena l’ho conosciuto, il primissimo giorno, ho avvertito dentro di me qualcosa muoversi. Lo racconto spesso, gli ho stretto la mano, incuriosito da una persona più grande di me che in me comunque aveva sin da subito esercitato del fascino, e nella mia mente è comparso un pensiero solo: “Devi essere mio”. Sì, credo che sia stato il primo passaggio di autocoscienza consapevole che era nato in me.
Guido: Appena lo vidi pensai: "Però, carino questo ragazzo. Chissà se è anche gay, se non fossi già impegnato ci farei un pensierino!" Per circa un anno e mezzo cercai di evitare di frequentarlo per non cadere in tentazione... poi il destino ha fatto il suo corso. Come disse Oscar Wilde "L'unico modo per liberarsi di una tentazione è cedervi."

D. Chi ha fatto il primo passo?
Francesco: Che domande: ovviamente Guido, esattamente l’estate del secondo anno universitario, nel 2001. Il 3 luglio è scattato quel qualcosa che entrambi, per ragioni diverse, avevamo cercato di reprimere, ed è diventata la nostra data di anniversario come coppia.

D. E il primo a dichiarare i propri sentimenti?
Guido: Francesco, e ancora prima che ci mettessimo insieme. Una volta che lui fece coming out, mi confidò di essersi preso una cotta per me. Io ci misi un po’ più di tempo a realizzare quello che provavo nei suoi confronti, anche perché probabilmente ero spaventato dalla differenza di età. Lui ne aveva appena 21, io invece già 37.
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D. Dopo esservi dichiarati, come è cambiato il vostro quotidiano?
Guido: Diciamo che non abbiamo avuto dei momenti facili, soprattutto per il primo periodo. La vita di Francesco era cambiata notevolmente, si era appena dichiarato in famiglia e con gli amici, molti non capivano il nostro legame. Per me è stato ugualmente un momento di transizione, perché dovevo mettere in ordine un po’ di aspetti del passato per poter vivere in maniera serena la relazione. La svolta vera e propria l’abbiamo avuta con la laurea e il successivo primo incarico di lavoro. Avevamo ottenuto la stessa sede di lavoro fuori provincia, anche se con mansioni diverse, e abbiamo iniziato la nostra prima convivenza, durata per un anno e oltre. Lì abbiamo iniziato a vivere una dimensione di coppia differente, più impegnativa ma anche molto più soddisfacente per la solidità della coppia. Successivamente, dopo essere rientrati vicino a Cagliari, abbiamo ripreso a convivere dopo qualche tempo, per assestarci in maniera definitiva, prima in affitto e da qualche anno con una casa di nostra proprietà. Molti affermano che la stabilità fa scivolare le coppie nella monotonia, eppure noi siamo pronti a giurare che di certo, stando insieme sullo stesso tetto, abbiamo imparato ad amarci ancora più di prima.

D. Ci raccontate una vostra giornata tipo?
Francesco: Le nostre giornate sono abbastanza routinarie, la mattina e qualche pomeriggio si lavora, il resto del tempo libero lo dobbiamo parcellizzare tra il seguire le nostre attività artistiche (scrivere), la lettura, le coccole ai nostri 4 gatti che ci riempiono la vita ed eventuali escursioni o uscite con gli amici. Senza dimenticare ovviamente la cura della casa, in cui io  sono molto più carente. (sorride, ndr) Per il resto, appena possiamo, non ci neghiamo nemmeno delle uscite fuori Sardegna per distrarci dalla routine e soprattutto dal peso che il carico di lavoro ha comunque sulle nostre vite. Abbiamo abitudini comuni, come tutte le altre coppie di questo mondo, e soprattutto, per chi lo chiedesse, non esistono ruoli. Ma soltanto emozioni che ci legano.

D. In questi quindici anni di relazione come è cambiato il modo con cui i sardi si relazionano alle coppie gay?
Guido: Di sicuro, anche se non è avvenuto in modo plateale, c’è stata un notevole cambiamento dell’approccio della Sardegna all’omosessualità, merito soprattutto della costante attività di sensibilizzazione delle associazioni locali, che hanno saputo proporre iniziative che in qualche modo hanno scosso le coscienze, a livello politico ma soprattutto sociale. Mai, quindici anni fa, avremmo immaginato che a Cagliari, con sempre maggiore partecipazione delle istituzioni e soprattutto di cittadini, ci sarebbero stati dei Pride che attraversassero le nostre città. Certo, il lavoro da fare è ancora tanto e purtroppo episodi di omofobia succedono anche in Sardegna. Ma c’è un bel clima di accoglienza e simpatia, che prima non esisteva.

D. Cosa pensate della legge approvata lo scorso 11 maggio?
Guido: Beh, che dire. Non siamo soddisfatti, nella misura in cui comunque, già solo il chiamare certe cose con nome diverso sulla base dell’orientamento affettivo produce diseguaglianza, e senza nemmeno entrare nel merito sulle differenze tra un matrimonio e tutti i benefici previsti rispetto all’unione civile. Basti pensare che è stata derubricata una stepchild adoption ed è preclusa l’adozione per le coppie dello stesso sesso per comprendere che comunque unirsi civilmente rende ancora oggi le coppie discriminate rispetto alle altre, pur essendo tutti quanti cittadini. Ma è stato un percorso lungo, che abbiamo seguito con molta apprensione. E che in qualche modo abbiamo atteso per poter dare comunque sostanza a una parte delle problematiche che comporta amarsi e non vedere tutelato il proprio legame. Su questo Francesco ha scritto parecchio negli anni, ed entrambi ci crediamo molto. Non solo per vederci in qualche modo riconosciuti come nucleo sociale affettivo, quanto per poter risolvere alcune delle incombenze e delle tutele reciproche che, fino al 10 maggio 2016, ci erano precluse.

D. E che idea vi siete fatti della “clausola”  che stabilisce  il non obbligo di fedeltà?  Si tratta di un modo per continuare a fare distinzioni fra le coppie etero e quelle gay?
Francesco e Guido: Difficilmente riusciremo a dare una spiegazione razionale ed esaustiva sulle intenzioni di questo specifico punto: si è detto tanto e, come purtroppo succede sovente qui in Italia, le informazioni non sono mai univoche, anzi, spesso sono fuorvianti. A livello istintivo viene da pensare che si volesse in qualche modo delegittimare un legame, renderlo diverso da un altro, ma non possiamo dirlo con certezza. È anche vero che il concetto di fedeltà e in primo luogo un concetto morale tra due persone senzienti, e l’umanità, per sua natura, apporta anche delle modifiche e delle giustificazioni per certi comportamenti all’interno della coppia. Per cui, a primo impatto è forse un pizzico delegittimante, ma sposarsi (ops, unirsi civilmente) presuppone il rispetto tra i due partner. E quello pensiamo che non possa depotenziarlo l’assenza di un preciso vincolo nel rapporto a norma di legge.
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D. Secondo voi, in Italia arriveranno anche i matrimoni ugualitari oppure ci si fermerà a questa legge?
Francesco e Guido: Attendiamo. Ma iniziamo ad avere un’età, e temiamo che quel momento, in cui il nostro rapporto possa essere realmente definito come matrimonio, così come lo è dal profilo sostanziale, arrivi quando noi non ci saremo più. Lo auguriamo per il futuro benessere di tutti, se poi anche nostro, tanto meglio. Ma mentiremmo se dicessimo che sicuramente si arriverà in tempi brevi a quel risultato. La lotta è appena iniziata.

D. Avete deciso di procedere con l’unione civile o preferite aspettare ancora un po’ di tempo?

Francesco e Guido: Per quanto noi vorremmo sposarci, sì. Procederemo con l’unione civile. Forse con un po’ di magone per la mancata tutela dei figli di tutte le famiglie che si ritrovano nella nostra condizione, e per come questa lotta di ottenimento del minimo sindacale, che questa legge rappresenta, ha comunque comportato del dolore e dell’odio gratuito sulla pelle di tutti noi. Ma lo faremo, ne abbiamo parlato e abbiamo ipotizzato delle cose, senza fretta. Ma ce lo dobbiamo nonostante tutto. E speriamo che per il 2016 questo altro tassello della nostra vita insieme riesca a concretizzarsi.