L'Angolo di P - Il corteo del Buio: Nome in Codice Vera

Prologo
Continua il viaggio nei ricordi di Gianni e oggi con la mente ritorna ai giorni del terzo anno di scuola superiore segnato da un finto amore per una ragazza e l'ingresso di una nuova amica. Chi non ha fatto credere ad un certo ponto della propria vita di provare un interesse verso una ragazza pur di far smettere i sospetti di chi ci sta vicino?
Francesco Sansone




Il corteo del Buio: Nome in Codice Vera

 
L’estate era appena trascorsa, le amicizie che giravano attorno alla mia vita si erano in parte coese unendo alcuni componenti di diversi gruppi; erano nati nuovi amori “tormentati”, e in quest’accezione ci faccio rientrare in pieno il mio stramaledetto vizio del fumo.

Tornato a Palermo dopo la villeggiatura estiva in provincia, mi accingevo a cominciare il mio terzo anno del liceo. Anno particolarmente difficile ma forse quello che decreterà la cementificazione di alcune amicizie che tutt’ora fanno parte della mia vita. Nel frattempo lasciavo dietro il mio primo batticuore; Fabio infatti era stato bocciato al secondo anno e si accingeva a ripeterlo cosicché i nostri rapporti che erano già iniziati a essere meno frequenti continuarono ad essere tali tanto da estinguersi poco dopo definitivamente.

Alfredo lottava nel frattempo con i capricci di Lucrezia e con loro e Matilde mi accingevo a vivere quelle ore dedicate alla spensieratezza lontano dai libri (e non erano poche ahimè). Ricordo bene che quell’anno che mi vedeva appena sedicenne mi portò a fare le prime esperienze da “grande”.

Andai per la prima volta in discoteca con il vecchio gruppo degli amici di mio cugino; un’esperienza che non potrò più dimenticare e che mi farà sempre di più amare la musica e le vibrazioni che scatena anche se combattevo sempre con il disagio di apparire goffo, gonfio e timido.

Quell’anno portò anche una mia partecipazione più concreta con molti elementi della classe. Se con Fabio e Fabrizio e altri pochi elementi avevo condiviso gli anni del biennio, senza troppo interagire con il resto della classe, adesso iniziavo ad essere anche più partecipe alla vita di scuola relazionandomi con altri elementi con cui sporadicamente mi ritrovavo a chiacchierare. Quindi oltre Ester e Marzia con cui già avevo un buon rapporto, mi sono trovato a stringere una buona amicizia o quanto meno a gettare la basi per una conoscenza più duratura con un’altra compagna; Ursula.

Questa che abitava a due passi da casa mia diventò ben presto un fattore importante della mia vita e ne decretò per certi versi il corso. Ma prima di parlare di lei c’è stato un altro evento che ha gettato delle ombre sulla mia già agitata mente e se da un lato mi ha permesso di montare una recita veritiera di quello che in effetti non era la mia realtà adolescenziale, dall’altro ha stordito ancora di più i miei pensieri e i miei rimorsi perché fingere non mi è mai piaciuto cosi tanto.

Non ricordo bene come e quando sia successo ma in questo sedicesimo anno di età mi sono sforzato di far credere ad alcune persone che mi piacesse una ragazza. Si badi bene però che non ho volontariamente acceso questo notizia nella mente di alcuni per coprirmi, è stato semplicemente il concatenarsi di una serie di eventi casuali che poi alla fine mi sono sfuggiti di mano. Ricordo ancora però l’oggettiva e genuina bellezza questa ragazza. La sua bellezza andava oltre secondo me il naturale canone di bellezza estetico che l’essere umano pone nel giudicare una ragazza. Non era per niente brutta ma tra le persone che navigavano il gruppo che frequentavo non potevo dire nemmeno fosse la più bella esteticamente parlando. Ciò che però la rendeva speciale era la lucentezza della sua anima, i suoi occhi dolci e il suo porsi con le persone. Tutto ciò le dava un’aura che rispetto le altre spiccava ai miei occhi. Se all’epoca avessi mai avuto dei dubbi sulla mia sessualità, Vera sicuramente me li avrebbe accentuati. Il mio problema era un altro; non avevo dubbi semmai rinnegavo me stesso e quindi anche se guardavo Vera con occhi estasiati, non avevo nessun tipo di pulsione verso la sua persona. Nel frattempo mi piaceva da morire guardarla chiacchierare con gli altri amici del gruppo e nel mio diario cercavo di fantasticare di potermene innamorare.

Innamorarmi di lei avrebbe significato in quel periodo confutare ciò che la mia mente disprezzava della mia stessa identità e in quel periodo il mio obiettivo probabilmente era proprio quello. Quando mio cugino prima e mia madre dopo, vennero a conoscenza delle parole scritte nel mio diario, delle poesie che le dedicavo e delle scritte che facevo in suo onore la frittata era bella che fatta! Erano tutti felici che Gianni finalmente provasse interesse per qualche ragazza, o meglio più semplicemente che provasse interesse…

Gianni in effetti non provava interesse per quello che pensavano loro, in quel frangente si era solo costretto a pensare che forse poteva obbligare la sua mente a farsi piacere Vera tanto da farne scaturire un sentimento e nel contempo si era anche gettato la zappa sui piedi, perché ora tutti pressavano affinché lui si buttasse, riuscisse ad uscire dalla scorza e si proponesse a questa nuova ragazza.

In realtà non lo feci per niente, Vera doveva rimanere la dolce musa dei miei sogni, doveva donarmi parole e ispirazione per scrivere dell’amore che sapevo scaturiva dal cuore, ma che forse non ero del tutto consapevole che comandasse solo ed esclusivamente questo e non in combutta con il cervello. Quindi trovandomi a stretto contatto con questo gruppo e quindi con questa ragazza non potevo che ammirare questa persona, che tra l’altro era sola anche lei, in cerca del suo principe azzurro. Quando per una festa di Carnevale che ho voluto organizzare a casa mia, venni a conoscenza che Vera si era messa insieme ad un ragazzo presente all’evento mi ricordo la stretta al cuore che mi venne. Ammetto che in questa occasione prevalse il mio egoismo. Non ero dispiaciuto tanto che questa mia amica si fosse fidanzata con un altro(come potevo del resto), semmai ero seriamente preoccupato per la mia messa in scena. Volente o nolente doveva avere termine li, perché era inutile incaponirsi per una persona oramai impegnata e anche se avessi finto di starci male quanto poteva durare quest’altra farsa? Non mi piaceva l’idea di dover nuovamente trovare qualcuno su cui concentrare il mio copione e scriverlo nuovamente per questa nuova attrice. E nel frattempo dovevo anche sentire le critiche poco piacevoli di mio cugino e dei miei familiari sulla mia scarsa sfrontatezza.

Qualche mese dopo questa notizia sarebbe arrivato maggio e con sé avrebbe portato la mia prima partecipazione ad un diciottesimo compleanno; quello di una mia compagna di scuola entrata a far parte della nostra classe proprio al terzo anno perché bocciata l’anno precedente. Se già le mie relazioni scolastiche con tutti i compagni erano iniziate bene con questa festa mi sentivo ancora più integrato all’interno di questo gruppo e anche con Ursula con cui iniziavo a condividere anche qualche pomeriggio di studio perché lei molto più studiosa di me, si era presa l’incombenza di farmi da mentore e costringermi a studiare con più serietà. Con Ursula riuscii a passare il terzo anno indenne con alcuni debiti scolastici, e la nostra amicizia iniziava a fiorire senza nemmeno accorgercene. Era una persona davvero splendida, con una grinta fuori dal comune e disponibile ad accogliere quest’anima tormentata e poco diligente.

Vera però mi è rimasta nel cuore; ricordo ancora troppo nitidamente la dolcezza della sua figura e mi spiace essermi trovato nella situazione di “usarla” per pararmi il sedere da eventuali idee che potevano balenare nella testa della gente che mi viveva accanto. Vera era il nome in codice della mia “falsa” identità, creata apposta per allontanare strane dicerie; Vera sarebbe stata la maschera che mi avrebbe accompagnato per un altro po’ di tempo quando poi dovetti per forza di cosa e a causa di altri eventi indossarne un’altra ancora più inconsapevolmente e questa volta in una situazione di reale confusione… ma questa è un’altra storia.

Nel frattempo mentre tutti non sapevano ciò che il mio vero io pensava, iniziavo a pensare che tutte le mie paturnie dovevo condividerle con qualcuno. Non riuscivo più a fingere con tutti o a non fingere; dentro di me ribolliva la voglia di sfogarmi con una persona, di lasciare andare i miei reali pensieri con qualcuno. Dovevo trovare un’anima che riuscisse a capirmi o quanto meno rischiare di dire a qualcuno cosa veramente provavo e soprattutto per chi provavo o potevo provare determinate emozioni. Si trova sempre una luce in una strada buia, e anche se questa è rappresentata da un fiammifero bisogna rischiare ad accenderlo anche se la paura che non prenda fuoco è grande bisogna rischiare. In quel periodo accesi quel fiammifero, ed ebbi la fortuna di scoprirne una bella torcia che riusciva a dare una breccia di luce a quel lungo corteo oscuro dei miei pensieri…(continua)

Alla prossima

Gianni