Valentina Del Pizzo e il suo programma elettorale a sostegno dei diritti LGBT

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Rubrica: Francesco Sansone
Grafica: Giovanni Trapani
Si torna a parlare di politica e omosessualità, ma questa volta con una diretta interessata. Di seguito potrete leggere l'intervista che Valentina Del Pizzo, candidata al Consiglio Regionale della Campania, con la lista "Sinistra al lavoro per la Campania", che nel suo programma elettorale si occupa anche di diritti LGBT, ha rilasciato a Il mio mondo espanso.

Valentina,  cosa ti ha spinto a scendere in politica e che contributo vorresti dare alla città di Battipaglia, al cui Consiglio Regionale ti stai candidando?
Alla luce del mio bagaglio di esperienze, d’impegno sul territorio e della mie battaglie sia in ambito culturale, attraverso l’associazione battipagliese Aut-Aut, come socia di Legambiente, ma soprattutto come archeologa ed esperta in beni culturali e del territorio, ho maturato l’idea di candidarmi al consiglio regionale: sono convinta di poter offrire un contributo notevole e un approccio scientifico alle questioni riguardanti la pianificazione territoriale, il consumo del suolo, i beni culturali, paesaggistici, il rilancio turistico, la scuola, il diritto allo studio, i diritti delle donne, la parità di genere, gli interventi per debellare il fenomeno diffuso della violenza sulle donne, i diritti LGBT e i diritti della componente straniera. Sono solo alcuni dei temi del mio programma, che ruotano intorno ad un unico perno: porre al centro dell’agenda politica la persona nelle sue molteplici espressioni e formazioni umane, sia quelle che si situano in ambienti specifici e che sono parte integrante dell’uomo in quanto uomo, sia quelle liberamente scelte, il cui diritto va difeso contro la pretesa di coloro che fanno del proprio sistema di valori dei sistemi assoluti. È su questa centralità che deve muoversi la possibilità di un dialogo con tutte le forze politiche. Senza polemiche sterili, ma con l’idea in testa che solo una forma di governo e una democrazia più ampia, impostata sul confronto pubblico, come osserva Amathya Sen, può favorire uno sviluppo della società in cui la maggioranza prende in considerazione le diversità e le minoranze. Che è poi ciò che propone lo stesso Statuto della Regione Campania all’art. 1. 

Lo trovi qui 


Ti ho voluto intervistare perché fra i punti del tuo programma ce n’è anche uno che riguarda i diritti LGBT. Ci spieghi perché per te è importante contribuire alla battaglia di molti uomini e donne che ancora oggi non godono di quei diritti che uno Stato civile e democratico come il nostro dovrebbe garantire?
Per rispondere a questa domanda è necessario che faccia riferimento alla mia esperienza personale. Tra i miei diversi impegni per la difesa dei diritti della componente LGBT, primeggia la rassegna di letteratura gay, lesbica e trans svoltasi a Battipaglia dal 2011 (prima edizione) al 2012 (seconda edizione) e nel 2013 a Paestum (terza edizione). La rassegna venne ideata e curata dal giornalista Pasquale Quaranta, in collaborazione con l’associazione culturale di Battipaglia Aut-Aut, di cui sono presidente, il circolo di Legambiente battipagliese Vento in faccia e la Commissione Pari Opportunità del Comune. Inoltre con il circolo di Legambiente Paestum, con cui collaboro (attualmente sono coordinatrice dei circoli della Provincia di Salerno), abbiamo reso l’oasi dunale di Paestum, da noi curata, Ia prima spiaggia Gay Friendly della nostra Regione. Perché ti ho elencato alcune delle mie esperienze? Non per attribuirmi il merito, bensì perché il riconoscimento dei diritti, per me, è un fatto naturale, spontaneo. Al punto tale che la stessa discussione sui diritti LGBT, sul diritto di cittadinanza delle coppie omosessuali e delle famiglie omogenitoriali risulta essere banale in se stessa o quanto meno mal posta. In primo luogo, è assurdo pensare che si possano ancora sollevare opinioni e punti di vista contro questo diritto e farle passare come legittime in un contesto di confronto democratico. È come dire: poiché siamo in un contesto democratico sono libero di esprimere la mia opinione a favore del razzismo e negare i diritti ai neri. In secondo luogo,  sono dell’avviso che  neppure una spiaggia Gay Friendly avrebbe senso alcuno, se purtroppo, non fosse ancora necessario ad una minoranza, come quella LGBT, battersi per il riconoscimento e l’inclusività sociale e civile. Si tratta di un modo di stare al mondo che non solo va riconosciuto, ma ha il diritto di essere riconosciuto. Il disconoscimento, le illibertà diffuse sono “antidemocrazia” che arrestano lo sviluppo e la crescita della società. 
    
Benché Napoli sia stato uno dei primi capoluoghi di provincia a istituire un registro delle unioni civili,  a livello nazionale, come dicevamo, non c’è nulla che tuteli le persone LGBTQ. Da politica ci dai una spiegazione valida che ci spieghi il motivo del perché il parlamento non segua l’esempio della maggior parte dei Paesi europei?
Più che come politica, preferisco parlare a nome della donna che è, per così dire, dietro alla figura politica e la “informa”. Ed è come donna che forma la propria personalità in un certo modo e secondo una certa visione del mondo (una visione aperta, molteplice ed attiva) che mi sono fatta un’idea dei motivi sottesi a queste carenze e vuoti legislativi in Italia e rispondere così alla tua domanda. Prendiamo il caso di una dichiarazione rilasciata su un quotidiano locale dal consigliere comunale di Salerno, qualche settimana fa, in occasione della manifestazione delle famiglie arcobaleno a Salerno, svoltasi il 3 maggio scorso. Nella dichiarazione costui sosteneva e cito: "la pretesa di modificare il modello familiare con la cancellazione delle diversità e dell’ordine naturale tocca le coscienze di tutti e non si assolve con la presenza della fascia tricolore, come per la manifestazione del 3 maggio, né i diritti devono assomigliare alla loro caricatura". Innanzitutto va osservato che sostenere che la partecipazione delle autorità, la manifestazione pubblica e la "pretesa" di un riconoscimento civile e legislativo sia una caricatura dei diritti è come dire che Martin Luther King o Nelson Mandela hanno sbagliato su tutto. Ma la storia ci mostra qualcosa di diverso. Quel che è peggio, tuttavia, è il fatto che proprio da coloro che ci governano manca una reale conoscenza delle situazioni di fatto, una certa sensibilità, il desiderio sincero di confrontarsi e dialogare. Così facendo si finisce, però, di negare un certo rapporto di trasparenza tra le famiglie arcobaleno, ad esempio, che versano ancora in una specie di clandestinità, e le istituzioni, creando un corto circuito e un divario tra una situazione di fatto e lo Stato. 

Eppure, da un sondaggio del 2014, il 52% della popolazione  è a favore dei matrimoni gay. Perché l’opinione pubblica non viene presa in considerazione su questo aspetto? Non credo di sbagliare nel dire che anche questo allontani la gente dalla politica. A te la parola…
Non sono pienamente d’accordo sull’idea che l’opinione pubblica italiana sia effettivamente disponibile all’idea di matrimonio tra persone dello stesso sesso o sulle adozioni di bambini da parte delle coppie omosessuali. Anzi, dall’indagine effettuata in Italia, soprattutto dopo il referendum in Irlanda, è emerso che, sì, molti sono favorevoli alle coppie di fatto, ma non a quei diritti che ho appena elencato. Come si spiega questa diffusa reticenza? Per tornare alla dichiarazione che ho menzionato prima, ciò che mi colpisce maggiormente è la convinzione da molti condivisa che modificare il modello familiare sia paragonato alla cancellazione di un certo “ordine naturale”. Non si tratta solamente di natura biologica. C’è di fondo l’idea che ci sia un ordine di valori precostituito, assoluto, immutabile e indipendente dalle nostre capacità deliberative e di produzione del ragionamento. Non so se riesco a spiegarmi. L’ordine naturale è inteso come un sistema (per i credenti un progetto divino originario) mediante il quale tutti gli uomini devono interpretare se stessi e dal quale attingere e dedurre i criteri cui adeguare i loro comportamenti. Fuori da quest’ordine l’uomo non esiste, o quanto meno non può dirsi uomo: chi è fuori è contro natura. Questa visione non solo appiattisce la ricchezza delle diversità, ma strumentalizza le nostre stessa capacità di ragionamento (la nostra riflessione vale solo se scopre valori già dati una volta e per sempre), la nostra capacità creativa (di inventarsi sempre nuovi sistemi e mondi diversi) e la possibilità di confronto e dialogo (che muova proprio dal riconoscimento di queste diversità). Questo sistema, a mio avviso, è un sistema tranquillizzante. Si predilige una visione fissa e statica dell’uomo, perché si vuole evitare la fatica che comporta l’idea di uomo come sistema mobile e aperto, dove la responsabilità della costruzione del proprio sé è posta completamente nelle sue mani. Si preferisce un sistema in cui le nostre capacità decisionali vengano delegate alla tutela di altri (che può essere lo Stato, Dio, la Natura). Si predilige un sistema di valori sicuri e ancorati “in cielo”, perché si teme e ci si scandalizza della molteplicità, della diversità che derivano dall’idea di uomo che deve formare se stesso e costruire i propri valori, per così dire, da zero, mediante il confronto, il dialogo, lo scontro. Si predilige, infine, un concetto monolitico, rassicurante e normativo di famiglia (la famiglia cosiddetta eteronormativa), anziché le diverse formazioni storiche della stessa, che da sempre si esprimono secondo modelli diversi. È difficile abbandonare quest’ordine naturale. Ma è un ordine che sempre di più si scolla dalla realtà, palesemente diversificata. Chi si ancora a questo sistema assoluto, allora, reagisce in due modi. La prima reazione è quella di negare ciò che è diverso, secondo la logica del “ciò che non si dice, non esiste”: perché questo mi fa stare più tranquilla e pratico una certa indifferenza nei riguardi della componente LGBT. Anzi, spesso ho il sospetto che coloro stessi che dicono di voler difendere i diritti LGBT, sperano, in cuor loro, che le istanze che propinano non si realizzino mai, che non vengano prese sul serio, perché rischierebbero di minare quel sistema sicuro di cui essi stessi si nutrono e che ingrassa i loro ventri da élite intellettuale. La seconda reazione è quella di cedere alla logica della discriminazione e aggressione violenta sia fisica che verbale. Poiché, di fatto, la diversità non si può negare, ma io l’ho sempre dinanzi a me e temo che corroda il mio sistema sicuro, allora io inveisco su di essa, discreditandola, dichiarando disvalore le istanze che essa solleva, oppure aggredendola fisicamente. Come sostiene Slavoj Žižek: è il sistema che genera i suoi mostri.
Continua sotto...
http://www.ibs.it/code/9788897309215/sansone-francesco/oltre-evidenza-racconti.html
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Fra le proposte presenti nel tuo programma ci sono la promozione di campagne di informazione, di sensibilizzazione e di monitoraggio. Ci spieghi meglio questo aspetto?
È questo penso il primo passo che una politica che vuole veramente prendere in considerazione i diritti LGBT deve portare avanti. In breve: da quello che ho detto prima, sembra che qui manchi proprio l’ABC. Come osservo nel mio programma, è necessario porsi due finalità: innanzitutto, conoscitive: conoscere le condizioni di vita delle persone LGBT, evidenziandone i bisogni per orientare le azioni e gli interventi; analizzare la percezione sociale dell'omosessualità e della transessualità per impostare azioni di sensibilizzazione e cambiamento culturale e, insieme, operative: sviluppare politiche di inclusione sociale delle persone omosessuali e transessuali e contribuire alla diffusione di buone prassi sul territorio cittadino. Che è poi quello su cui fanno leva le associazioni che, in merito, operano sul territorio. Non sarebbe improprio istituire tra costoro e tra le istituzioni politiche, enti scolastici, ospedalieri, le ASL dei veri e propri protocolli d’intesa.

Un altro aspetto su cui una parte della politica si scaglia è la possibilità di concedere l’adozione a coppie gay, eppure in Italia esistono già famiglie omogenitoriali e secondo gli studi presentati questi bambini non hanno maggiori problemi rispetto a un figlio cresciuto da una coppia etero. Sul tuo programma si parla anche di loro. Ci dici di più?
È evidente che quanto ho detto precedentemente vale anche per questa domanda: se assumo la convinzione che ci sia un concetto di uomo e persona precostituito, a nulla o a poco varrà il fatto, pur evidente, che le esperienze delle famiglie con genitori omosessuali mostrano una realtà diversa da quella ideologica. Queste esperienze diffuse insidiano l’ordito: fanno emergere le contraddizioni di un’idea di educazione che, in fin dei conti, prescinde ancora dai dati di fatto. Anche in questo caso molto si deve e si può fare. A partire dalle scuole, dove ancora l’idea di famiglia che si propina ai bambini è quella esclusivamente composta da una mamma e un papà e, non raramente, le stesse insegnanti si trovano impreparate dinanzi a casi di bambini che hanno due mamme o due papà. Il motivo? Si sa! Un bambino – si afferma spesso – che cresce senza queste due figure, essenziali ad un’educazione completa, diverrà una persona disturbata. Assurdo! Il primo compito da svolgere è, innanzitutto, diffondere una cultura e un linguaggio meno eterossessista, assumendo un punto di vista più aperto, più inclusivo. Quando si parla di adozione, ad esempio, e di genitorialità bisogna sempre focalizzarsi sulle qualità effettive dei genitori. Parlare di genitori più che di coppie aiuta a sottolineare il significato che l’adozione acquista per i bambini: la possibilità, cioè, di essere accuditi da genitori amorevoli. Non basta affermare che le persone LGBT hanno il diritto ad avere un figlio, bensì porre l’accento sul fatto che, costoro, in quanto potenziali buoni genitori, sono in grado di offrire ai bambini quelle condizioni di cui necessitano per un sano sviluppo psico-affettivo. 

Per concludere, nel corso degli ultimi otto anni in campagna elettorale si è parlato di diritti civili, ma poi a elezioni avventura, le promesse elettorali sono rimaste tali e non sono state mantenute. Risultando un po’ provocatorio, anche in quest’ondata elettorale c’è il rischio che si ripeta lo stesso meccanismo?  
Certamente questa domanda è, felicemente, provocatoria. Perché nella sua provocazione mi permette di completare quanto ho osservato sul mio programma. È vero, molto spesso, in campagna elettorale, sono state fatte promesse che poi sono state disattese. Ma non voglio fare nessuna polemica. Abbiamo visto che la situazione è difficile – almeno in Italia – e c’è ancora molto da fare. Per ciò che mi concerne ritengo che proprio per questo “molto da fare”, una politica sana sia quella che si muova a piccoli passi. Cosa voglio intendere? Non mi riferisco certamente al fatto che, con la scusa dei piccoli passi, allora dobbiamo assecondare una certa lentezza o non pretendere una legislazione in merito. Anzi, detto tra di noi, sappiamo bene che ciò che si sta discutendo attualmente e, cioè, la regolamentazione delle coppie di fatto, è ben poca cosa rispetto ai diritti di cittadinanza che chiedono le famiglie arcobaleno. Per il momento va bene. Ma ciò non toglie che la battaglia è ancora all’inizio e va combattuta con forza e legittimità. Per piccoli passi intendo dire che, a livello regionale, è necessario strutturare in maniera organica quella campagna di informazione, sensibilizzazione e monitoraggio di cui si parlava. Perché si creino dei protocolli di intesa tra associazioni, istituzioni e enti queste tre azioni sono prioritarie e vanno effettuate a tutti i livelli. Come ho osservato nel mio programma sono necessarie l’informazione e la sensibilizzazione pubblica rivolta a tutta la popolazione; promuovere iniziative culturali finalizzate a favorire il dialogo fra le differenze; operare la sensibilizzazione, l’ausilio e la formazione per le famiglie con genitori eterosessuali che spesso sono lasciate a se stesse e non posseggono strumenti per affrontare la fase di autocomprensione e discernimento dei propri figli. Ma la sensibilizzazione e la formazione deve essere rivolta anche al personale delle Amministrazioni pubbliche, della Scuola, degli enti ospedalieri e delle ASL (soprattutto circa la prevenzione). Insieme a queste realtà istituzionali si devono promuovere attività educative e di contrasto all'omofobia rivolte ai giovani, alle scuole e al mondo del lavoro; le iniziative per favorire l'inclusione sociale e lavorativa delle persone transessuali/ transgender; e, sempre attraverso la collaborazione con le Associazioni per valorizzarne le attività, promuovere la formazione e sviluppare iniziative comuni: un lavoro di rete con gli Enti locali, regionali, nazionali ed europei. Queste azioni devono muoversi, da un lato, almeno inizialmente, con discrezione e, dall’altro, con forza e decisione. C’è bisogno di un piano triennale o quinquennale che usufruisca del ruolo di aiuto da parte degli operatori sociali e che dia importanza ad una certa “lettura di genere” della condizione omosessuale, alla necessità di includere le tematiche LGBT nelle manifestazioni culturali, che ponga al centro il contesto scolastico e che faccia emergere il disagio sociale delle famiglie omogenitoriali e, non ultimo, delle persone transessuali, nel periodo della transizione. 
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