Altri mondi - Arcigay Alan Turing Rimini: Intervista al fondatore Marco Tonti
Rubrica: Francesco Sansone
Grafica: Giovanni Trapani
Uno degli aspetti di questa rubrica che amo particolarmente
è la possibilità che mi dà di conoscere, e di farvi conoscere, delle persone davvero
interessanti. Ed è il caso di Marco Tonti che oltre a essere l’attuale
presidente della sede Arcigay di Rimini ne è anche il suo fondatore.
Come avrete
modo di leggere a breve, poco più che diciannovenne, Marco fondò la Alan Turing (che quest'anno è una della associazioni che sostiene gli #IGBA2015) portando per la prima volta all’attenzione della riviera i temi LGBTQ in
maniera differente e dando ai suoi giovani omosessuali la possibilità di
trovare un punto di ritrovo per non sentirsi più da soli.
Marco ci racconterà dei primi passi
dell’Arcigay, del suo percorso di accettazione e di molto in un'intervista nella quale parla a cuore aperto e senza risparmiarci interessanti dettagli.
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Marco, sei il presidente della sede dell’Arcigay di Rimini,
come nasce la tua esperienza con l’associazione e come sei diventato l’attuale
responsabile?
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La sede nasce nel 1994 e da quella data sono passati 21
anni. Come è cambiata la società nel corso di questi anni?
Arcigay nasce nel ’94 e quasi da subito viene intitolata ad
Alan Turing, che all’epoca era un nome noto a pochissimi esperti che perlopiù
ne ignoravano l’incredibile vita e la tragica morte. Io ero uno studente di
informatica molto appassionato (anche se in seguito, dopo la laurea, ho fatto
un dottorato di ricerca in psicologia) e leggendo un saggio di logica ho
incontrato una breve biografia di Turing, che mi colpì enormemente. Sembra una
divagazione, ma è significativo che se non fosse stato omosessuale il nome di
Turing già da decenni sarebbe paragonato a quello dei più grandi innovatori
concettuali come Galileo, Cartesio, Einstein, Darwin e Freud; oggi finalmente
sembra che le cose comincino a cambiare.Chi oggi lamenta l’arretratezza italiana
non si rende conto di quanta strada è stata compiuta: fino a vent’anni fa
l’omosessualità di un figlio era una vergogna che gettava discredito su tutta
la famiglia fino al terzo grado di parentela, fino a dieci anni fa era ancora
vissuta come una cosa scandalosa e “pruriginosa”.Ricordo una puntata di
“Milano, Italia” su RaiTre degli anni ’90 dove si parlava di omosessualità con
una platea desolatamente vuota e con le poche persone presenti che nascondevano
il volto ogni volta che la telecamera le inquadrava. Oggi lesbiche e gay vanno
in tv a rivendicare diritti matrimoniali e famigliari, molti ragazzi e ragazze
la vivono così apertamente che a volte non sentono nemmeno il bisogno di dichiararlo.
Purtroppo non è sempre così e ancora si assiste a episodi tragici o umilianti,
ma la differenza fondamentale è che mentre una volta le persone per lo stigma
sociale subivano soprusi tacendo, oggi invece molti li denunciano. C’è
ovviamente ancora moltissima strada da fare soprattutto nel tessuto culturale
del Paese e per approvare leggi di riconoscimento e di tutela, ma non dobbiamo
mai dimenticare che affrancarci da una tradizione che ci vede un Paese dominato
dalle curie è un’impresa titanica per via del loro ancora immenso potere
economico e politico, anche se questo non deve diventare un alibi. Il fatto che
ci siano manifestazioni omofobe di protesta come quelle delle Sentinelle e che
alcuni vescovoni tuonino dalla mattina alla sera contro le nostre
rivendicazioni (e contro la fantomatica “ideologia gender”) la dice lunga su
quanto ormai si sentano sconfitti. Le loro sono ormai tutte battaglie di
retroguardia, le ultime scorie di un’Italia conservatrice e medievale che sta finalmente
sparendo.
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Che cosa significa rendersi conto di essere gay a Rimini?
Per un ragazzo e per una ragazza è difficile aprirsi con gli amici e con le
famiglie?
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Nella foto: Marco Tonti |
Rimini è una città schizofrenica. È da un secolo la capitale
del turismo italiano se non europeo, ma mantiene nel suo DNA inestinguibili
tracce della sua tradizione contadina. È allo stesso tempo cosmopolita e
rurale, moderna e tradizionalista. A un’ostentata apertura e progressismo
corrisponde spesso in pratica altrettanta rigidità e chiusura. Il mio coming
out in casa non è stato molto sereno, ma col tempo le cose si sono appianate
grazie anche al sostegno dei miei fratelli. I problemi più grossi invece li ho
avuti, per certi versi, proprio con l’immagine “discotecara” e da divertimento
spensierato che Rimini dava di sé negli anni della mia giovinezza. Io, ragazzo introverso,
di indole rigida e poco socialmente incline, non mi sentivo a mio agio in
quelli che erano al tempo i luoghi principali dove conoscere persone, cioè le
discoteche. Al tempo non esisteva Facebook, non esistevano i vari sistemi per
conoscersi online in base ai propri interessi e specificità. A molte persone
andava bene così e ancora va bene, ma semplicemente non faceva per me. Impegnarmi
nell’attivismo e nella creazione di un Arcigay è stato il mio modo per creare
delle alternative a quell’immagine di divertimento a tutti i costi, per accogliere
e dare sponda anche (certo non solo)ai bisogni delle persone come me. Per le
stesse ragioni sono stato l’iniziatore di un gruppo LGBT di credenti e non
credenti che esiste ancora e si chiama “Narciso e Boccadoro”, in cui io ero il
“non credente”. Non è stato perciò facile costruirsi un’identità, almeno per
me, perché ho dovuto combattere contro una serie di luoghi comuni e di
autorappresentazioni imposte. Oggi mi pare che le cose siano cambiate e che le
persone si sentano più libere di essere come sono in ognuna delle proprie
sfaccettature, e non solo per l’essere lesbica o gay o trans. È una vera
rivoluzione individuale che io accolgo con grandissimo favore.
Che ricordi hai del periodo in cui cominciavi a capire che
ad attrarti erano i ragazzi e non le ragazze? Chi ti ha aiutato a capire che
l’essere gay non era la fine del mondo?
A dire il vero non ho mai avuto problemi di questo tipo. Ho
precisi ricordi che ho sempre provato attrazione per gli uomini, anche se
ovviamente negli anni tra i 12 e i 15 per il tipico bisogno di accettazione e
conformismo ho cercato di assimilarmi e di imitare gli altri, di fingere di
essere quello che non ero anche se ero consapevole che si trattava di una
recita e non ci credevo tanto nemmeno io.Non ho mai pensato che essere gay
fosse la fine del mondo, non certo in questi termini. Di certo invece è stato
difficile prendere consapevolezza delle conseguenze che ci sarebbero state una
volta accettato interamente quello che ero. Più che altro mi atterriva l’idea
di quanto più difficile sarebbe stato l’essere ricambiato quando mi sarei
innamorato, di quanto più difficile sarebbe stato incontrare nella vita di tutti
i giorni un ragazzo e di provare a immaginare di corteggiarlo. Insomma, è stato
il senso di solitudine e di isolamento ad avermi atterrito, la difficoltà di
conoscere altre persone come me. Oggi, con gli strumenti di comunicazione che
ci sono (e che dobbiamo anche ad Alan Turing!) probabilmente sarebbe stato
molto più facile sconfiggere quel senso di irrimediabile solitudine. A quel
tempo, bastava solo che si parlasse in tv di omosessualità, che ci fosse
qualcuno (in particolare, a quel tempo, praticamente solo Franco Grillini) che
si mostrasse in pubblico senza vergogna e senza paura, per darmi un senso di
esistenza e di riconoscimento. Oggi si parla molto di più di omosessualità, e
questo è positivo, ma non basta. Ci sono ancora centinaia di migliaia di
persone che non sentono la libertà di vivere apertamente la propria vita a
scuola, sul lavoro o in famiglia. Anche per questo io cerco di fare quello che
altri hanno fatto per me: cerco di metterci la faccia, mi mostro per quello che
sono e spero che questo, almeno un po’, possa aiutare altri come ha aiutato me,
specialmente i giovani che spesso vivono in una dimensione di straniamento e di
difficoltà a trovare modelli pubblici o riferimenti visibili in cui
riconoscersi, e costruiscono la loro identità e le loro modalità relazionale solo
attraverso chat e notizie di dubbia affidabilità spizzicate qua e là. Mancano
persone che aiutino a leggere la realtà nella sua complessità, che siano
riferimenti rispettati e completi in cui identificarsi e non il primo che passa,
e per questo è importante che figure di riferimento educativo si mostrino per
quello che sono, come il mio amico Roberto Oddo, oppure Dario Accolla, Davide Zotti o il senatore Sergio Lo Giudice, solo per fare pochissimi nomi.Anche io,
nel mio piccolo, sono sempre stato dichiarato anche quando tenevo i miei corsi all’università.
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Fra le attività che la sede Alan Turing offre ai ragazzi di
Rimini e dintorni c’è lo sportello Ascolti Arcobaleno. Si tratta di un servizio
nato per dare delle risposte a tutti i ragazzi che hanno bisogno di un
supporto. Da quando è nato lo sportello, quante storie avete ascoltato e quali
vi hanno maggiormente colpito?
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Nella foto: Marco Tonti |
Nel corso degli anni, per lavoro, ho spesso ascoltato gli
sfoghi di alcuni ragazzi che ritengono le associazioni distanti da loro, che
non sono in grado di offrire loro un valido aiuto. Ho sempre detto che non è
così e che l’aiuto fornito dalle associazioni è importante, fosse solo perché
permette di mettersi in contatto con altre persone che hanno avuto, più o meno,
lo stesso percorso. Che cosa ti senti di dire a questi ragazzi e, soprattutto,
cosa diresti loro per invogliarli a mettersi in contatto con l’Arcigay?
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Lo scorso 10 aprile il comune di Rimini ha istituito il
registro delle unioni civili. Cosa
significa questo riconoscimento per la comunità LGBQ riminese?
Sono stato contattato da diverse coppie di Rimini città e
della provincia che sono molto interessate. È noto che i registri possono
riconoscere solo diritti molto ristretti, eppure io sentivo nella voce di
queste persone una grande emozione, una vera commozione nel sentirsi
riconosciuti come famiglia. Era l’emozione di vivere in un posto che ti
riconosce, di sapere che le istituzioni (almeno quelle locali) ti sono vicine
come possono e che ti accolgono anche formalmente nella comunità locale. Dopo
l’approvazione ho chiesto al Sindaco di garantire la possibilità per le coppie
che lo chiedano di poter avere, in occasione della registrazione, la stessa
cerimonia negli stessi luoghi dei matrimoni civili perché l’ufficializzare la
propria unione è un atto che per molti deve essere pubblico e solenne, con
fiori e familiari, nipoti che urlano e nonne che piangono, ed è un impegno in
un progetto di vita che si prende davanti alla comunità. Per questo io provo
sempre un moto di rabbia quando sento dire che i registri delle unioni civili
sono un atto “simbolico”. Forse non darà quasi nessun diritto in più, ma per le
persone che ora possono sentire che le loro famiglie sono parte della comunità
in cui vivono e che vedono riconosciuto il proprio progetto di vita è tutt’altro
che un atto simbolico: è la vera sostanza di ciò che li rende cittadine e
cittadini, il riconoscimento della comunità attraverso le istituzioni.
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Adesso anche in ebook. Qui |
Parliamo del prossimo futuro e delle attività che
l’associazione organizzerà nei prossimi mesi. Quali eventi sono in programma e
come sarà possibile partecipare?
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Nella foto: Marco Tonti |
Per concludere, c’è qualcosa che non hai ancora realizzato
da presidente, ma vorresti mettere in atto?
Sono molti i “sogni” che coltivo e alcuni di questi potranno
anche tradursi in realtà, in tal caso probabilmente il risalto sarebbe
nazionale se non internazionale, ma è prematuro annunciarli qui. La cosa alla
quale terrei di più, in una prospettiva di medio termine, sarebbe mettere in
moto un meccanismo che possa far tornare la provincia di Rimini a essere meta
privilegiata del turismo LGBT, un primato che aveva ma che ha perso da molto
tempo. Saranno forse anche ciclicità storiche, ma credo che la colpa maggiore
sia da attribuire alla parte più conservatrice del carattere romagnolo di cui
parlavo prima. Un atteggiamento moralista in chiave familista e
controproducente che ha col tempo reso inospitali le nostre strutture
turistiche spingendo le persone LGBT a rivolersi ad altri territori più
accoglienti e aperti. Ora però molti dovranno accettare che esistono anche
famiglie omosessuali e loro simpatizzanti, e che discriminarle non farà altro
che accentuare un’emorragia di presenze già molto forte.È una tendenza
difficile da invertire ma grazie anche alla sponda istituzionale credo che già stiamo
riuscendo a far filtrare l’idea che l’apertura esplicita alle persone e alle famiglie LGBT
non è solo umanamente giusta e sacrosanta, ma che sarebbe anche un vantaggio
economico rilevante per un territorio come il nostro che vive soprattutto di
turismo. Rimini potrebbe rivendicare una fetta dei 3 miliardi e 200 milioni di
euro che vale il turismo LGBT ogni anno in Italia e sarebbe ora che
abbandonasse gli indugi e lo facesse con il massimo impegno.
Contatti
COMITATO
PROVINCIALE ARCIGAY RIMINI
Alan
MathisonTuring
Via
Bergamo 2
47838
Riccione RN
Email: rimini@arcigay.it
fb.com/ArcigayAlanTuring
arcigayrimini.blogspot.it
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