Altri Mondi - Matrimoni gay: Intervista a Sergio Rozzi

Cosa significa per due gay essere sposati in un Paese come il nostro che non prevede questo tipo di unioni? A quanti diritti mancati e a quanta mancanza di tutela sono costretti due coniugi omosessuali? Su questi interrogativi si basa l’intervista di oggi che vede protagonista Sergio Rozzi, autore  e conduttore radiofonico, scrittore e giornalista. Un’intervista intensa che se da un lato mostra la bellezza dei sentimenti, dell’amore, dall’altro mostra l’incapacità dell’Italia di riconoscere quei diritti fondamentali che dovrebbero appartenere a ogni individuo a prescindere dalla razza, dal sesso e dalla religione.
 
Nella foto: Sergio Rozzi con suo marito Mauro
Sergio, partiamo dall’inizio e quindi la prima domanda è: Come vi siete conosciuti?
Beh allora partiamo veramente dall’inizio, in un lontano 1° maggio del 1986. Ci ha presentato un amico comune, durante la manifestazione sindacale dedicata alla festa dei lavoratori.
 
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Col tempo la conoscenza è diventata amore e voglia di essere più di una coppia di fidanzati e quindi nasce la volontà di fare un altro passo avanti e di sposarsi. Tuttavia, come tutti sanno, in Italia non è possibile farlo e quindi cosa avete fatto per potervi unire in matrimonio?
Col tempo abbiamo realizzato dei progetti come famiglia, come a esempio acquistare una casa e sistemarla in base alle nostre esigenze. Il passo che ha coronato l’intera nostra unione è stato il matrimonio, celebrato l’anno scorso in un comune appena fuori Barcellona. Avevamo da poco iniziato a frequentare la Spagna, che in fatto di vivibilità e rispetto dei diritti è molto più avanti dell’Italia. E lì abbiamo deciso di pronunciare il fatidico quiero, si lo voglio. Ai primi di marzo abbiamo iniziato la procedura burocratica, in aprile l’abbiamo formalizzata con il giuramento davanti all’ufficiale di stato civile e da quel momento abbiamo atteso i tre mesi previsti dalla legge spagnola nei quali il giudice istruttore vaglia la pratica e decide. Ai primi di giugno eravamo nubendi a tutti gli effetti e attendevano con agitazione il 20 di luglio, giorno del fatidico .
 
Nella foto: Sergio Rozzi con suo marito Mauro
Tu e Mauro, tuo marito, però avete deciso di continuare la vostra vita qua, in Italia, pur sapendo che la vostra unione non è valida. Perché questa scelta?
In Italia il nostro matrimonio è esistente e valido (sono parole della Cassazione nella sua sentenza del marzo 2012). Non produce però nessun effetto giuridico immediato in quanto manca il requisito della trascrizione presso l’ufficio di stato civile della nostra città (trascrizione che ci è stata negata per motivi di ordine pubblico). Non per questo però i diritti vengono meno. La stessa Cassazione ha espressamente indicato nella sentenza, che alle coppie dello stesso sesso coniugate all’estero vanno garantiti gli stessi diritti della coppie coniugate. E questo come? Laddove i diritti coniugali venissero disattesi dalle istituzioni si può ricorrere al tribunale che obbliga “la controparte” a estendere le medesime garanzie.
La nostra scelta di continuare a vivere in Italia ha sfaccettature molteplici, in primis la situazione lavorativa, ma poi perché no, la voglia e la volontà di cambiare lo status quo della situazione italiana. Più coppie italiane dello stesso sesso coniugate mostrano costantemente le contraddizioni del nostro paese che va cambiato non fuggendo all’estero ma rimanendo qui.
 
Come ci si sente nel non venire considerati sposati? Ci sono momenti in cui la frustrazione per lo stato delle cose ha la meglio su tutto?
Debbo dire che non ci sentiamo non sposati, anzi lo mostriamo con naturalezza e senza nessuna forzatura. Ѐ un dato di fatto, il nostro matrimonio è esistente e valido, se poi la cecità della politica o il bigottismo delle persone preferiscono non vederlo è un problema loro. Noi guardiamo avanti e guardare avanti significa far crescere ed evolvere questo paese.
 
In quanto coniugi, cosa avreste in Spagna che invece qui non vi è riconosciuto?
In Spagna, così come negli altri paesi comunitari, quali Paesi Bassi, Belgio, Portogallo, Svezia, Danimarca,  Francia,  Inghilterra,  Galles e nei paesi area Schengen di Norvegia e Islanda avremmo  le garanzie e le tutele di cui godono le coppie eterosessuali sposate. In Italia invece nulla di ufficialmente riconosciuto.
 
Nella foto: Sergio Rozzi
con suo marito Mauro
Perché tu e tuo marito avete comunque deciso di compiere questo passo e di tornare in Italia pur sapendo tutto questo?
Siamo convinti che mostrando la quotidianità della nostra vita cioè la nostra famiglia  e quando dico famiglia mi riferisco a quanto scritto dall’art. 29 della Costituzione, “la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” sia la miglior cosa. E non perché lo diciamo solo noi, ma lo hanno stabilito i padri costituenti  come fondamento inviolabile della nostra democrazia.
 
Credi che prima o poi la condizione italiana sia destinata a cambiare oppure, collegandoci alla legge antiomofobia votata alla camera dei deputati e di cui tu ci ha detto il tuo parere, in Italia siamo destinati a essere considerati sempre e soli cittadini di serie B senza diritti, ma con offese da rispettare?
La politica nell’ultimo ventennio è di fatto inesistente alle esigenze di una società che cambia costantemente. La società fa dei passi in avanti ma manca poi il consolidamento che la politica, attraverso le leggi, dovrebbe costruire. I vari tentativi di cambiamento si sono rilevati inciuci o dei veri e propri fallimenti. Di certo posso dire che il ricambio generazionale dei palazzi deve essere attuato, vanno rottamati (nel vero senso della parola) i sepolcri imbiancati, le cariatidi intoccabili della politica. Se il paese deve crescere, e deve crescere, va dato spazio alle nuove generazioni. Sulla legge antiomofobia vorrei sottolineare il bacio gay alla Camera dei deputati del movimento 5 stelle. Ecco cosa voglio dire per nuove generazioni, il PD manco si è sognato di fare una simile dimostrazione, non parliamo poi del fascistume che sta oltre.
 
Tu, come sa chi segue i miei blog, sei anche uno scrittore e quindi volevo chiederti se hai mai pensato di scrivere un libro sulla tua esperienza e se sì cosa vorresti trasmettere con la tua storia?
Guarda ci ho pensato, ma in maniera marginale. Forse hai qualche idea al riguardo, ne sono convinto. Anzi ti faccio io una domanda: lo scriviamo insieme? Che dici è una cosa che prenderesti in considerazione?
 
Magari di questo ne parliamo in privato... Tornando all’intervista,  per concludere, col senno di poi, rifaresti tutte le scelte prese in quest’ultimo anno o cambieresti qualcosa?
Assolutamente lo rifarei, ti dirò di più potessi tornare indietro nel tempo lo farei molto prima.
 
Rubrica: Francesco Sansone
Grafica: Giovanni Trapani
Foto: Gentile concessione di Sergio Rozzi.
http://ilmiomondoespanso.blogspot.it/p/oltre-levidenza-racconti-di-vita-gay.html