Altri Mondi: Intervista ad Antonello Sannino di Arcigay Napoli
Antonello Sannino, attuale presidente di Arcigay Napoli e responsabile nazionale per le politiche sportive di Arcigay, seppur giovane, ha alle spalle molta esperienza, una direzione a Salerno e molta voglia di fare per aiutare la comunità LGBTQ. Nell'intervista che segue dopo il salto ci parlerà del suo lavoro, della sua città, dell'esperienza a Salerno, delle prossime iniziative della sua attuale sede, dei Pochos, la squadra di calcio di cui vi ho parlato lo scorso mercoledì, ma anche di se', della sua accettazione e delle aggresioni subite in passato che lo hanno segnato, ma che non l'hanno fermato nella sua volontà di aiutare e cambiare la condizione LGBTQ di questo Paese.
Altri Mondi
Intetevista ad Antonello Sannino
di Arcigay Napoli
Antonello, dallo scorso Ottobre sei diventato
il presidente di Arcigay Napoli, dopo diversi anni alla direzione della sede di
Salerno. Come hai vissuto questo cambiamento?
Nella foto Antonello Sannino |
Dopo
due anni alla Presidenza del Comitato Arcigay di Salerno, sono “tornato” nella
“mia” città. Prima della esperienza a Salerno, non avevo mai vissuto
l'associazionismo ed avevo all'inizio tanta paura per un ruolo che ho sempre
sentito con grande responsabilità, anche perché a Salerno non esisteva alcun
riferimento per la comunità lgbt e Arcigay aveva sospeso le attività sul
territorio dal 2006. Era in pratica un anno zero, per me e per Arcigay a
Salerno, le difficoltà sono stata non poche, però le gioie sono state
tantissime ed è stato fatto un lavoro importante, in termini di rete territoriale
ed in termini di visibilità per la comunità lgbt salernitana. Sono legatissimo
alle ragazze ed ai ragazzi del Comitato di Salerno e a una città che mi ha
saputo accogliere, anche se con molte diffidenze, con affetto e generosità.
Napoli è la mia città, sono nato nel ventre di Napoli, nel quartiere sanità, e
ho sempre vissuto socialmente nella comunità lgbt (e non) napoletana, per cui è
come un ritorno a casa, so bene che Napoli è molto diversa da Salerno, con una
complessità sociale forse unica nel suo genere. Napoli è città anarchica e
monarchica allo stesso tempo, difficilissima da comprendere, ma sento di voler fare tanto per la mia
città, con estrema umiltà e nei limiti di quello che saprò umanamente portare
avanti. L'amore per la città di Napoli, per la mia terra è un sentimento
fortissimo e sono convinto che sarà il faro di ogni mia idea, di ogni mia
azione.
Una delle ultime attività svolte da te a
Salerno è stata l’organizzazione del Pride. Che ricordi hai di quei giorni e
cosa ti porti ancora?
Nella Foto: Uno scatto della Salerno Pride 2012 |
Sono
tantissimi i ricordi di quei giorni, un Pride bellissimo, intensissimo,
costruito su 15 giorni di eventi meravigliosi, tra tante difficoltà
organizzative, in un momento di grande crisi economica. Sono tante le immagini
che porto nella mente, e nel cuore, di quei giorni, le parole di sostegno e di
affetto del Sindaco Vincenzo De Luca al
Villaggio dei Diritti, nel giorno in cui erano con noi Mina Welby e la carovana
nazionale antimafia, parole alle quali hanno fatto eco, con la stessa intensità
emotiva, quelle dell'assessore Ermanno
Guerra sul palco a fine corteo il 26 maggio. Il supporto quotidiano di decine
di amici e di amiche del Comitato, ma anche degli studenti che hanno sostenuto
tutto il nostro lavoro, dall'inizio all'ultimo giorno. Il sorriso delle donne
del SeNonoraQuando, che mi ha dato la forza per non emozionarmi sul palco che dava su una piazza
stracolma, che non mi aspettavo lontanamente tanto piena. Il corteo con Vanni
Piccolo ed Eddy Palescandolo, che sono per me i modelli ai quali fare costantemente
riferimento. L'abbraccio e il bacio del mio ragazzo Danilo, sul carro che sta
per arrivare in piazza e… l'emozione dirompente dei miei genitori, di mia madre, che hanno accompagnato tutto il
corteo fino a emozionarsi quando sono sceso dal palco. Un’esperienza unica che ha segnato la mia
vita e che porto nel cuore.
Qualche settimana fa ho intervistato Ottavia D'anseille Voza che ha preso il tuo posto a Salerno e mi ha detto di quanto
avverta la “responsabilità di non disperdere i risultati e la rete di relazioni
che nel tempo Arcigay è riuscita a intessere” sotto la tua direzione. A questo
punto voglio chiedere pure a te, sebbene tu abbia rivestito già le vesti di
presidente, come è stato subentrare alla direzione della sede napoletana dopo
Fabrizio Sorbara?
Ottavia
è una persona eccezionale, un genitore meraviglioso, che ha un vissuto fuori
dal comune, insieme a Eddy (Palescandolo ndr) e al nuovo direttivo continueranno a fare cose
importanti a Salerno, ne sono sicuro. Ottavia seguiva, sempre restando timidamente
ai margini, con quella delicatezza e pacatezza che la contraddistingue, ogni
nostro momento pubblico, e grazie anche a Lorenzo Senatore (ex vicepresidente
del Comitato di Salerno) si è avvicinata attivamente alle nostre iniziative,
fino a diventare un pilastro degli eventi del Villaggio dei Diritti (e
approfitto per ricordare del grande lavoro svolto in quei giorni da Lorenzo
Forte, responsabile organizzativo degli eventi del villaggio). Fabrizio Sorbara
è un amico, lui mi ha convinto nel 2010 a propormi nell'avventura di Salerno,
mi è stato sempre vicino, sia umanamente che associativamente, insieme abbiamo
“partorito” l'idea, a mio avviso vincente, del Coordinamento Campania Rainbow. Ė
una persona onesta e leale di cui mi fido e sono convinto che insieme faremo
ancora tanta strada. Detto questo, a Salerno era pressappoco l'anno zero e
Ottavia è all'anno primo, il Comitato di Napoli, invece, il prossimo anno
festeggerà i suoi primi 30 anni di vita. Ė un Comitato che ha una storia unica
in Italia e nella storia del movimento di liberazione omosessuale italiano, per
cui più che subentrare a Fabrizio sento la grande responsabilità di guidare un
Comitato che, per la sua storia, è interlocutore sociale e politico che deve
necessariamente conservare la sua credibilità e la sua affidabilità nei
confronti di tutti gli altri interlocutori sociali, istituzionali e politici
della città di Napoli e non solo.
Nel corso degli ultimi anni hai dovuto
affrontare diverse situazioni difficili come quella che ti ha visto vittima di
un attacco verbale lo scorso Agosto a Roccadaspiede o vittima di un’aggressione fisica, assieme a Federico Esposito, segretario provinciale di Arcigay Pistoia, nell’Aprile dello stesso anno. Cosa
ti hanno lasciato questi episodi?
Parto
dall'aggressione subita fuori la sede del Comitato di Napoli, quando ero in
compagnia di Federico. Ė stato un momento molto triste, perché c'erano tutti i
referenti dei Comitati provinciali di Arcigay, impegnati in quel fine settimana
in un corso di formazione. Una ferita nel mio orgoglio di napoletano, perché fu
brutta la reazione del quartiere e non potevo sopportare l'idea di una Napoli
violenta e intollerante, di una Napoli volgare e aggressiva. L'attacco verbale
di Roccadaspide invece, per assurdo, è, a mio avviso, una storia a lieto fine,
una “provvida sventura”, perché la persona che provò ad aggredirmi fu
allontanata, non dalla forze
dell'ordine, non dagli amici, ma dai cittadini di Roccadaspide, molti di
questi anziani di cui non mi aspettavo un intervento in mio supporto. Entrambi
gli episodi però mi hanno fatto capire che c'è tanto da lavorare in questo
Paese e mi hanno fatto ripartire con ancora più convinzione ed entusiasmo.
A questo punto non posso che rivolgerti una
domanda riguardante il periodo della tua accettazione. Ė stato difficile per te
prendere coscienza della tua omosessualità e come hai affrontato il tutto?
Sono
un fortunato, ho vissuto tutto con estrema naturalezza, ma questo grazie
soprattutto ai miei meravigliosi genitori, seppur ho preso coscienza di me a 24
anni, con un percorso a “lievitazione naturale”, senza forzature e con il
supporto affettivo costante e quotidiano dei miei genitori, che anche nei miei
silenzi, sono sempre stati rispettosissimi della mia vita privata e delle mie scelte.
Ho sempre sentito vicino i miei genitori e questa è una fortuna che purtroppo
ho capito non tocca a tutt*.
Pensi che la società sulla questione LGBTQ
sia cambiata da quando eri un ragazzino?
Credo
che la storia evolva sempre verso il meglio possibile, seppur con un percorso
tortuoso e non regolare, anche la storia del movimento di liberazione
omosessuale evolve verso un mondo migliore per le persone gay, lesbiche e
trans. Quando ero ragazzino non esisteva internet e non esistevano i cellulari.
Queste nuove tecnologia che hanno sviluppato nuove forme di comunicazione, se
da una parte hanno distrutto un mondo che aveva un suo fascino nostalgico,
fatto di complicità e complessità, dall'altro hanno aiutato le nuove
generazioni. Il rischio è, ovviamente, che un abuso di queste forme di
comunicazioni (vale per tutti gay ed etero), portino le persone in una surreale
solitudine virtuale e a un distacco dal reale, ma queste nuove forme di
comunicazione hanno aiutato tantissimo la comunità lgbt a uscire fuori dal
“ghetto sociale”. Tante cose sono cambiate da quando ero ragazzino (anche se
sono passati pochi lustri). A esempio prima quando si parlava di omosessualità in
tv, in quelle poche occasioni, quasi sempre lo si faceva in una prospettiva
patologica.
Tu hai avuto modo di conoscere la condizione
omosessuale sia di Salerno che di Napoli e quindi voglio chiederti: Quante
differenze e quante uguaglianze riscontri sul modo con cui i cittadini si
relazionano con il mondo LGBTQ?
Napoli
e Salerno, seppur città vicinissime, hanno una storia e un tessuto sociale
molto differenti e questo si rispecchia anche nella comunità LGBT. A Napoli vi
è una tradizione popolare di inclusione e tolleranza, anche se spesso questa
diventa quasi folklore, il “rispetto” del quartiere per “o' femminiello” non è
esattamente quello che oggi noi intendiamo per piena inclusione sociale di
tutta la realtà LGBT. Il discorso è molto più complesso, ma non credo sia
questa la sede per analizzare la storia di due città che a mio avviso però non
sono né violente né intolleranti. L'omo/transfobia non dobbiamo immaginarla
esclusivamente come quella che porta
alla violenza fisica, quella che finisce sulle prime pagine della cronaca e che
puntualmente divide la nostra classe politica. L'omo/transfobia è nelle
famiglie, sui luoghi di lavoro, nelle palestre, nella silente e viscida
ipocrisia quotidiana che limita la felicità di tantissime persone gay, lesbiche
e transgender. Spesso l'intolleranza è proprio nella “middle class” italiana,
nel perbenismo della media borghesia, può essere più intollerante un quartiere
come il Vomero o una città come Salerno, in apparenza tranquilla e non
violenta, dove una omofobia silente è
più difficile da individuare e quindi da contrastare.
Tornando al presente e quindi al tuo lavoro
da presidente. Quali iniziative hai realizzato da quando sei alla guida di
Arcigay Napoli e quali saranno le prossime che metterai in atto?
Sono
Presidente da pochi mesi e abbiamo già fatto tanto. Stiamo cerando di
recuperare fiducia e credibilità con la comunità lgbt, stanca dei politici,
delle associazioni, delle promesse non mantenute e delle chiacchiere. Stiamo
investendo tanto sui giovani, abbiamo fatto ripartire un gruppo giovani attivo
e brillante (si incontrano in sede la domenica sera, sono sempre di più e
ringrazio per questo Vincenzo Veneruso, Nicola Piedimonte e Roberto Buono, che
stanno coordinato le iniziative). Stiamo investendo sulla cultura, sono state
tante le iniziative culturali, dal primo dicembre, alla giornata della memoria,
passando per la Candelora di Montevergine, alle iniziative portate avanti da
Claudio Finelli, Luciano Correale e Gianmarco Cesario. Stiamo investendo in
termini di rete territoriale con le Università e con tutti quei soggetti
sociali e politici attivi sul territorio e questo grazie all'impegno di Fabio
Corbisiero e di Neri Lauro. Stiamo portato avanti progetti, regionali e
nazionali in ambito di prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale,
progetti nel mondo dello sport, e nelle scuole. Vogliamo rendere questo
comitato un interlocutore sociale affidabile e per questo siamo
nell'Osservatorio per il lavoro del Comune di Napoli. Per il futuro immediato
vorremmo trasformare Napoli (progetto ambizioso, ma a mio avviso realizzabile)
e la sua provincia in una territorio pronto ad investire sui diritti civili, a
diventare una città pronta ad accogliere turismo LGBT, a ospitare eventi
sportivi lgbt. Vorremmo rendere ancora più incisiva la nostra azione di
contrasto al bullismo omo/transfobico. Cercheremo di rafforzare la nostra rete
territoriale ed i rapporti con le Istituzioni locali, le associazioni tutte e
la cittadinanza. Chi è interessato al nostro programma associativo può dare uno sguardo scaricando il documento congressuale
Arcigay Napoli 3.0 – Napoli fiera differenza, sul quale ha avuto fiducia il
direttivo in carica e disponibile sul nostro sito www.arcigaynapoli.org
Di recente sei stato nominato responsabile
nazionale per le politiche sportive di Arcigay. Ci vuoi spiegare in cosa
consiste e cosa verrà fatto?
Nella Foto: Sannino e i giocatori del Pochos |
Il
mondo dello sport, soprattutto in alcune particolari discipline come il calcio,
resta uno dei settori della nostra società in cui razzismo, violenza (verbale e
non), bullismo, sessismo e intolleranza trovano ancora oggi ampia diffusione,
negando a tantissime ragazze e tantissimi ragazzi una vera inclusione sociale.
In un Paese che grida “Italia Italia” solo a un mondiale bisogna
necessariamente che una grande associazione come Arcigay abbia idee chiare in
merito alle proprie politiche sportive. Lavoreremo con le federazioni sportive,
proporremo al CONI e alle suddette federazioni dei progetti concreti e delle
iniziative di sensibilizzazione pubbliche, ma cercheremo anche il dialogo con i
tifosi. Proveremo a costruire un grande evento mediatico contro la violenza e
l'omo/transfobia per portare avanti una
vera rivoluzione culturale e sociale.
Pronti a scendere in campo, quindi, per
vincere una battaglia pacifica e per rendere il nostro Paese più civile ed
europeo.
Durante
la presentazione della Pochos, la squadra di calcietto composta unicamente da
ragazzi gay, c'è stata una polemica da parte di Alessandro Cecchi Paone che abbandonando
la sala ha detto che a Napoli ci sono ancora molti tabù sull'omosessualità. Ti
andrebbe di spiegarci meglio i fatti e quale è la tua opinione in merito a
quanto detto dal giornalista?
La
presentazione di una squadra di calcetto gay non rappresenta assolutamente la
volontà di auto-emarginarsi o peggio ancora creare una sorta di
“apartheid”sportiva per gli omosessuali, ma la necessità di abbattere i muri di
ipocrisia di cui è piena la società italiana e che non permettono a tantissimi
atleti omosessuali di poter vivere con pienezza e orgoglio la propria passione
sportiva.
La
squadra di calcetto gay “Pochos” è solo il primo passo, quello per rompere un
muro, ma l'obiettivo vero è la piena integrazione delle persone gay, lesbiche e
trans nella società e quindi nell'universo sport.
Quanto
successo lo scorso mercoledì sera, frutto in parte di equivoci nelle
comunicazioni, è, purtroppo, una testimonianza palese di come sia ancora
difficilissimo poter fare coming out nel nostro Paese e quanto occorre poter
lavorare in alcuni settori, come quello dello sport, per superare pregiudizi e
discriminazioni.
Di solito i ragazzi e le ragazze che si
rendono conto di essere attratti da persone delle stesso sesso hanno paura di
quello che questo può comportare nella loro vita. Cosa consiglieresti loro e
soprattutto perché consiglieresti di venir a chiedere aiuto ad Arcigay?
Sì,
ai ragazzi e alle ragazze che sono in difficoltà consiglio di avvicinarsi alle
associazioni, come Arcigay, ma consiglio di parlare a un amico/a, a un
familiare, a una insegnate. Ė fondamentale che i ragazzi e le ragazze gay,
lesbiche e trans capiscano che non bisogna
avere paura di fare coming out, perché l'arma più forte per potersi
difendere è la visibilità in famiglia, sul luogo di lavoro, tra gli amici,
nella vita di tutti i giorni.
Rubrica a cura di Francesco Sansone
Grafica a cura di Giovanni Trapani
Foto: Web
http://ilmiomondoespanso.blogspot.it/p/oltre-levidenza-racconti-di-vita-gay.html |
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