Racconti di vita... gay: Nico




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Racconti di vita... gay         
Locandina realizzata da Giovanni Trapani.
Tutti i diritti riservati


          Nico

   Ho 31 anni, la storia che vi racconterò si è conclusa poco più di un anno fa ed il tutto si è svolto tra Messina e provincia. Ho omesso i pianti, le notti in bianco e quel senso di inadeguatezza che mi hanno accompagnato per tutta la mia infanzia perché non volevo fosse una storia strappalacrime ma, solamente, la testimonianza di un ragazzo che ha deciso di cambiare il decorso già scritto, anche se non da me, delle cose.
   Parlo di un passato che ogni anno diventa più vecchio. Un passato fatto da un paffuto bambino cresciuto in un amore smisurato, ma con mille timori e con una sensibilità che, a detta degli altri, era " troppo grande per un bambino".
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   Così passavano gli anni, mi legavo molto ai miei amici e di alcuni mi dicevo " è normale che stia così male, è un mio amico e gli voglio bene!", solo più tardi avrei preso coscienza di quello che si trattava al di là di ogni mio idealismo. Ero attratto dalla gente, dalla sua mente indipendentemente dal nome. Provavo un piacere inspiegabile nell'abbracciare quell'amico piuttosto che l'altro, mi sentivo felice, inconsapevolmente io, ma giustificavo tutto con la mia sensibilità che mi rendeva diverso e inconsciamente felice di ciò. Quella stessa sensibilità che è sempre stata una degna spiegazione di quello che provavo.

   Intanto continuavo a crescere, omosessuale dal primo pianto, fin dai miei primi passi, ma di questo me ne sarei reso conto solo dopo. Qualche carezza ad un amico, qualcuna ricevuta. Mi vergognavo di me stesso in quella stanza che odorava di lucido per mobili e con la fioca luce proveniente dal corridoio. Un tumulto in tutto il corpo... il silenzio pure dei semplici pensieri. "Magari è vero, sono un ragazzo sensibile" è questo cambiava il nome ad ogni cosa.

   Continuavo a crescere, e con me le mie mille domande, sussurrate così piano che anch'io facevo fatica a sentirle, così potevo far finta di non aver sentito, ma onesto con me stesso per averle dette. Ricordo ancora la sensazione dolce, ma allo stesso tempo tanto forte da essere sconvolgente, che ho provato nel vedere un film di cui, ironia della sorte, non ricordo il titolo e non c'è possibilità di ricordarmelo (come se volle essere solo uno schiaffo per svegliarmi dal mio torpore). L'amore di due ragazzi, la dolcezza dei loro baci, il nodo in gola della magliettina che si sfila, spensi la tv come a far finta di non aver mai visto nulla, come se quelle sensazioni non erano mie.

   Crescevo in balia di assurdi complessi e mille “perché”, come se era colpa mia il sentirmi inadeguato in compagnia di forti emozioni (alcune effimere, altre invece in grado di comandare i miei sorrisi) ma, comunque, continuavo a crescere. Qualche storia con qualche ragazza, da bravo etero, assolutamente insoddisfacente... così ho conosciuto lei, splendida nel suo essere, un animo da fiaba e una dolcezza disarmante, non potei fare a meno di innamorarmene perdutamente, amavo i suoi pensieri. Da quel momento decidemmo di proseguire il nostro cammino insieme, uniti da una forza indissolubile, da un amore così grande da rendere impotenti. Con lei ho imparato ad amare sopra ogni cosa, senza limiti né ruoli sotto le coperte, amare perché era l'unica cosa che si potesse fare con un essere così sublime accanto. Siamo cresciuti insieme, io suo supporto da sempre, la sua isola felice, lei mio supporto da quando la conobbi. Crescevamo, lei sempre più donna io sempre più confuso. Avrei voluto annullarmi per non perderla, ci ho provato anche contro me stesso... mi sono fatto molto male ma, fortunatamente alla fine ho perso!

   Crescevo cosciente di ciò che volevo e ancor di più di quello che non volevo, non mi facevo più domande perché le risposte le conoscevo già, ma davvero indissolubile il nostro legame per riuscire a farne a meno. Così, finalmente, un ragazzo decise di dare definitivamente un nome a quello che stavo vivendo. Il cuore in gola se mi sfiorava, le mani sudate ad un suo sorriso, mi sentivo il cuore scoppiare quando mi abbracciava per salutarmi. Me ne sono innamorato. Pian piano il declino, che sembrava dovesse portare all'annientamento di me stesso sotto lo stesso amore che provavo (un fardello troppo pesante da riuscire a sopportare, responsabile della mia felicità e di quella di chi avevo accanto). Volevo scendere da quel treno che ormai guidavo a fatica, che ormai non ero più in grado di guidare. Arrivai all'ultima stazione e fu qui che quell'egoismo, travestito da buono nei panni dell'amor proprio, mi venne in soccorso. Non potevo privarla dell'essere donna e magari madre, né privarmi dell'essere un uomo. Decisi di parlarle. Con le mani tremanti e le parole strozzate, le raccontai di me, di quello che ero e di quello che sono. Così, dopo 9 anni, il nostro cammino è arrivato ad un bivio.
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   Adesso percorro la mia strada che per mia natura so essere giusta, la percorro felice di ciò che "sento", scoraggiato, a volte, di ciò che vedo, ma sicuro d'essere nella giusta direzione. Ho dato un significato al mio nodo in gola di quando ero bambino e sorrido nel ripensare alla scena della tv spenta di fretta per la paura. Sono felice di potere vivere la mia vita!

   A volte, però, mi domando “e se la mia essenza non fosse stata così prepotente nel voler vivere, se avessi vinto la battaglia contro me stesso, cosa ne sarebbe stato di me?"

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