Mai più lezione sotto al crocifisso - Intervista a Davide Zotti

Rubrica: Francesco Sansone
Grafica: Giovanni Trapani
In questi giorni vi ho parlato di quel professore di religione che, a lezione, ha detto ai suoiragazzi che si può guarire dall’omosessualità (falso, essere gay non è una malattia e quindi non c’è una cura. Diffidate da chi ve lo lascia credere) e ho intervistato Daniele Baldoni, l’insegnante di danza costretto a rinunciare alsuo lavoro a causa di alcuni genitori che non lo ritenevano idoneo perché gay. Anche oggi voglio parlarvi di un professore, ma questa volta in maniera diversa. In molti conosceranno la storia di Davide Zotti, l’insegnante dell'Isis Carducci - Dante di Trieste che ha tolto il crocifisso dall’aula in segno di protesta contro l’ennesima dichiarazione omofoba del cardinal Ruini. Come sapete, ho sempre avuto a cuore il tema “scuola e omosessualità” tanto da dedicargli diverso tempo sul blog, sulla mia rubrica radiofonica su Shortbus e nei  libri Io: nella gioia e dolere – Diario di un ragazzo in crescita e Oltre l’evidenza – Racconti di vita… gay perché credo che la scuola non debba diventare il luogo dove i ragazzi subiscano abusi, bullismo o, peggio ancora, insegnamenti falsati da un credo religioso. Credo che le sedi scolastiche debbano restare il centro della cultura e della formazione senza dare spazio all’ignoranza di alcun tipo. Per questo motivo la notizia di questo insegnate mi ha colpito parecchio tanto da voler intervistare Davide e capire le motivazioni del suo gesto e  le reazioni che esso ha avuto fra i suoi studenti e colleghi.


Nella foto: Davide Zotti
Davide, capita che, un giovedì mattina, arrivi in classe e togli dal muro il crocifisso sostenendo che come docente e omosessuale non puoi più accettare di svolgere il tuo lavoro in un luogo segnato dal simbolo principale della Chiesa cattolica che continua a calpestare la mia dignità di persona omosessuale. Gesto, questo, che arriva dopo aver letto un’intervista del cardinale Ruini nella quale tornava a scagliarsi contro gli omosessuali. Ci puoi spiegare la motivazione di questa reazione?
Una reazione, che è stata ponderata e meditata. Di fronte all’ennesima dichiarazione di carattere omofobico, da parte di un importante esponente della gerarchia cattolica, posso dire che non ho più voluto far lezione ai miei studenti sotto il crocifisso; ho rifiutato definitivamente un simbolo, che non solo non dovrebbe stare in una scuola pubblica e laica, ma che delegittima la mia persona e il mio ruolo di docente.

Hai denominato questo gesto disobbedienza civile. Credi che questo sia il modo giusto per ottenere qualcosa in un Paese come il nostro in cui non solo non si tutela chi viene discriminato, ma punisce chi si ribella a certe forme di odio, vedi il caso di Stefano Bucaioni?
Lo ritengo giusto proprio perché è utile a denunciare una situazione di palese ingiustizia nel nostro paese: viviamo in un Stato in cui gli omosessuali non sono tutelati come minoranza oppressa, a cui non sono riconosciuti diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione ed in più, quasi quotidianamente, i rappresentanti del potere cattolico calpestano la nostra dignità, insultano le nostre vite e le nostre famiglie, senza che nulla accada. E io dovrei andare nel mio luogo di lavoro, far lezione sotto il crocifisso e far finta di niente? Ho il dovere di salvaguardare la mia dignità, così come vuole l’articolo 3 della nostra Costituzione. Cambierà qualcosa? Intanto un gesto l’ho fatto, e non privo di conseguenze. Sui risultati stiamo a vedere. Un dibattito al momento si è riaperto.

Sono in molti a sostenere che la Chiesa sia una delle principali responsabili della mancata regolamentazione dei diritti civili,tuttavia si può attribuire a essa tutta la colpa oppure è da amputare anche alla politica che, nei casi in cui le fa più comodo, sembra nascondersi dietro il diktat religioso?
Purtroppo in Italia la pratica delle genuflessioni è all’ordine del giorno. Non c’è ovviamente solo il diktat religioso, ma anche chi a quel diktat si piega per conformismo o per tornaconto politico.

Nella foto: Davide Zotti
In questi giorni s’è tornato a parlare di diritti civili e unioni omosessuali con maggiore spessore sia per le dichiarazioni del premier Renzi sia per l’incontro fra Luxuria e Berlusconi. Pensi che questa volta si concretizzerà qualcosa o si tratterà nuovamente di tanto fumo e niente arrosto come fu nel 2006 con i D.I.C.O?
L’Italia di oggi è come la fortezza del tenente Dogo, in attesa che accada qualcosa, che non arriva mai e se arriva è troppo tardi. Rispetto all’Europa abbiamo accumulato un ritardo vergognoso su questi temi, siamo una delle più grandi democrazie, un grande passato per quanto riguarda la cultura del diritto, ma allo stesso tempo siamo impaludati su una questione che dovrebbe essere risolta oramai da anni (vedi Spagna, Inghilterra, Francia, Portogallo, per citare solo alcuni stati europei). Cosa accadrà in Italia nei prossimi sei mesi? Nulla, a parte qualche annuncio.

Tornando all’episodio che ti ha visto protagonista, come hanno reagito i tuoi studenti e i tuoi colleghi? La società è, come si dice, davvero più avanti rispetto alla politica oppure con il tuo gesto ti sei reso conto che il pensiero politico riflette quello dei cittadini?
Con i miei studenti c’è stato dialogo e confronto. Anzi, concretamente, mi hanno dimostrato in una loro assemblea straordinaria stima e solidarietà. Una buona parte dei miei colleghi ha firmato e mandato agli organi di stampa,proprio ieri, una bellissima lettera, dimostrandomi di essere al mio fianco edi comprendere la mia lotta. Voglio anche aggiungere che in questi giorni continuano a giungermi attestati di stima e vicinanza da tutta Italia, da parte di studenti, colleghi, cittadini e cittadine che vogliono vivere in un paese laico, in cui ogni differenza ha diritto e dignità di essere.

Per concludere, se avessi la possibilità di parlare con il cardinale Ruini, che cosa gli diresti?
È difficile parlare con una persona che non ti considera “conforme all’essere umano”. La reciprocità è alla base del dialogo.
Però una cosa gliela direi: che le parole denigratorie da lui usate, o le dichiarazioni di tanti altri prelati, che ritengono le persone omosessuali incapaci o non degne di formare una famiglia o delle relazioni sentimentali e sessuali, sono pietre che feriscono.
Io non sono cattolico e ho oramai le spalle robuste, ma penso ai tanti ragazzi che in adolescenza scoprono la loro omosessualità, iniziano a fare i conti con la propria identità sessuale e affettiva; vogliono innamorarsi, fare dei progetti di vita, essere se stessi. La società però ancora li obbliga a imparare a nascondersi, a evitare gli insulti, a mimetizzarsi in famiglia e a scuola, a negare se stessi per salvarsi. Ma a quali costi? E in più sentirsi dire, dagli esponenti della chiesa cattolica, in televisione, alla radio, sui giornali che sono contro natura, disordinati, che non possono e non hanno diritto a formare una famiglia. in sostanza indegni, al massimo tollerati da uno spirito caritatevole.
Ecco, questo direi al sig. Ruini: le tue parole feriscono e calpestano la dignità delle persone omosessuali, soprattutto di quelle più deboli. Non basta dire che si hanno amici omosessuali, come dichiara Ruini nell’intervista, perché a un amico io riconosco pari dignità e pari diritti.

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