Gioventù omosessuale: 1^Parte Anni ’60 e ’70.



Come sapete mercoledì 17 è andata in onda, da Radio Onda D'Urto, la seconda puntata di Shortbus - gli altri incontri radiofonici  e come forse non tutti sanno, lo scorso mercoledì ha debuttato anche la mia rubrica all'interno della trasmissione condotta da Sergio Rozzi, Davide Puppa e Marialuisa Rovetta che è un viaggio nel tempo per capire come veniva vissuta l'omosessualità dai ragazzi del passato. L'altra sera ho affrontato il periodo '60 - '70 e per parlare di questo periodo ho contattato il vicepresidente di Arcigay Salerno, Edoardo Palescandolo, che quel periodo lo ha vissuto e gli ho chiesto di raccontarmi la sua esperienza (lo sapete quando preferisco parlare di certi temi credo sia meglio farlo ascoltando la voce dei diretti interessati).

Quello che segue è l'inchiesta che ho realizzato e che mi è servita da canovaccio durante la diretta. Avrete anche la possibilità di ascoltare la trasmissione cliccando sul link che troverete alla fine del testo. 
Per concludere vi dico anche che troverete due fonti (che non sono arrivato a dire in trasmissione), una cinematografica e una letteraria, a cui attingere per approfondire l'argomento.



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Gioventù omosessuale: 
  1^Parte Anni ’60 e ’70.

Pur con tutti i limiti che la nostra politica ci impone, oggi essere omosessuali non è impossibile come lo era nei decenni precedenti. Incontrare qualcuno con i nostri stessi gusti sessuali, vivere allo scoperto la propria sessualità senza sensi di colpa sembra quasi una routine eppure c’è stato un periodo in cui tutto questo era impensabile. Fino a pochi decenni fa non c’era nemmeno una coscienza di quello che oggi è definita coscienza omosessuale. Non c’erano bar, non c’era internet, non c’erano giornali tematici e non c’erano nemmeno, almeno fino agli anni ’70, circoli o associazioni che supportavano coloro che amavano persone delle stesso sesso,  eppure gay, lesbiche, bisessuali e transessuali sono sempre esistiti, ma, allora, come vivevano?


Fino alla prima metà degli anni ‘60 pochissimi ragazzi, ma anche uomini maturi, vivevano, o potevano vivere, la propria omosessualità alla luce del sole; in molti addirittura non la vivevano affatto. Ci si privava di assecondare la propria natura perché il senso cattolico, vivo in quei anni più che mai, faceva percepire certi impulsi, che poi parlare semplicemente di impulsi è riduttivo, come un peccato, come un qualcosa di malvagio di cui vergognarsi e da cui non lasciarsi affascinare per non allontanarsi da Dio e finire bruciati dalle fiamme dell’inferno.

In molti, se non la maggior parte, si sposavano formando allegri ritratti di famiglia tradizionale che però nascondevano l’ombra di qualcos’altro. Quel qualcos’altro che non si poteva né dire né fare, ma che  esisteva dentro e logorava chi ne era soggetto.

Ho avuto modo di contattare Edoardo Palescandolo, attuale Vicepresidente di Arcigay Salerno che nel 1976 fondò, proprio in questa città, il FUORI! (Fronte unitario omosessuale rivoluzionario italiano - che è stata un'associazione attiva negli anni '70 e dedita alla lotta per i diritti degli omosessuali. È stata la prima associazione del movimento di liberazione omosessuale italiano) e gli ho chiesto di raccontarmi come è stato per lui vivere la sua presa di coscienza negli anni ‘60 e mi ha risposto che:

“Negli anni 60 pensavo di essere il solo, che fosse un diversità solo mia, non c'era condivisione della propria omosessualità, era un fatto privato e vissuto come una colpa. Mi sentivo solo e di sesso non ne ho fatto se non alcune seghe con un mio caro amico e tanti ma tanti baci ...passavamo ore a baciarci ma mai abbiamo mai fatto del sesso. La consapevolezza dell'essere omosessuale apparteneva a pochi, o a giovani dell'alta borghesia, o a froci sfacciati più che liberati.” 

Ecco da quello che Palescandolo dice emerge un dato che è sempre uguale e che coglie tutti ancora adesso: il sentirsi da soli. Questo avviene oggi, ma, e soprattutto, in quegli anni in cui seguiva l’impossibilità di poter esprimere il proprio orientamento sessuale. Dice anche un’altra cosa importante che non è da tralasciare ossia che il vivere la propria sessualità senza alcun problema era un privilegio solo di  ragazzi o uomini ricchi o quei ragazzi che, giustamente, non avevano voglia di nascondersi dietro un modello che se da un lato li avrebbe protetti dal mondo circostante, dall’altro li avrebbe sommersi nelle bugie. Tuttavia mentre per i primi lasciarsi andare alla passione non portava alcuna conseguenza, per i “froci sfacciati” c’erano tutta una serie di conseguenze che prevedevano appellativi come frocio, ricchione e via dicendo e anche violenze fisiche.

Gli anni 60 sono però anche gli anni di rottura. Proprio in questo decennio tutta l’Europa vive quello che ancora oggi è stato un passaggio fondamentale del secolo scorso: il ’68, che crea una vera e propria rottura con il conformismo,perbenismo se vogliano, che fino a quel momento in Italia e nel mondo aveva avuto la meglio sulla società. E anche per gli omosessuali quello fu un passaggio fondamentale per segnare il primo passo verso il cambiamento.

“La consapevolezzacontinua Edoardo Palescandolo - l'ho acquisita nella seconda metà degli anni 70, dopo il ‘68, i figli dei fiori e la voglia di conoscersi ed esplorare la propria continua sessualità. Le lotte giovanili, la condivisione con gli altri e la nascita dei gruppi gay, soprattutto al nord, mi ha aiutato a venir fuori. Nel '76 ho fondato il FUORI! a Salerno. Da lì sono entrando nei COP, collettivo omosessuali padani, e mi sono trasferito in quel di Cremona. Qui a Salerno esser gay significava far sfogare i cazzi eterosessuali.”

Ecco qui emerge un altro dato da non sottovalutare. C’è l’avvento del ’68 che porta a una coscienza omosessuale che vuole iniziare a farsi sentire e a pretendere di essere ascoltata, ma mentre al Nord del paese questa coscienza è una forza d’urto al Sud tutto sembra restare esattamente come agli inizi degli anni ’60 dove i ragazzi gay potevano solo accontentarsi di soddisfare, quasi come un favore che veniva fatto loro, i piacere di quegli eterosessuali che oggi chiameremmo curiosi.

Ma se la società del Sud sembra restare ancorata al passato, i ragazzi gay del meridione non vogliono più continuare a sottostare a questa situazione. Vogliono anche loro iniziare a vivere ed essere se stessi e lo stesso Palescandolo in merito dice: 

“Io sono stato sempre un po’ trasgressivo e quando ho avuto la consapevolezza di ciò che ero, ho sempre provocato per far accettare e imporre agli altri la mia “diversità”. Ci tengo a sottolineare che sono stato uno dei primi mille in Italia a fare coming out pubblico”.

La voglia di camminare a testa alta senza più nascondersi e di lottare contro tutto e tutti per essere se stessi senza più nascondersi e vergognarsi, è ciò che spinge a lottare per cambiare il paese, per modificare la considerazione degli omosessuali nell’italiano medio.
Sono questi i primi passi che portano alla formazione di quello che oggi è il mondo gay italiano. Piccoli passi in avanti che però hanno trovato un ostacolo all’inizio degli anni ’80 di cui lo stesso Palescandolo mi racconta:

“Eravamo pochi in giro e scopavamo di più, tanto di più, ma non possiamo parlare di mondo gay, certo c'era più voglia di sperimentare e di conoscersi.  Nell'83 con l'aids  tutto è cambiato, un ritorno indietro, moralismo e sensi di colpa.”

Quindi con l’arrivo dell’AIDS il percorso di rivendicazione dell’omosessualità si arresta trovando nella malattia un nemico che si alleerà con coloro che hanno da sempre definito i gay come deviati. Ma di questo ci sarà modo di parlarne la prossima volta.

Ascolta la trasmissione da qui

Film: Auto Focus di Paul Schrader
Libro: Quando eravamo froci di Andrea Pini  Il saggiatore editore



Rubrica: Francesco Sansone
Grafica: Giovanni Trapani
Video: Web
Prefazione: Paolo Vanacore
Copertina di e con Giovanni Trapani
Casa Editrice: Tempesta editore
Prezzo: 15,00 Euro