Onda Pride: la nuova frontiera dell’orgoglio gay italiano?

Rubrica: Francesco Sansone
Grafica: Giovanni Trapani 
Da diverse ore è arrivata la notizia che dopo una due giorni a Torino le diverse anime delle associazioni LGBT italiane hanno deciso che il 2014 non ha avrà un Gay Pride nazionale preferendo creare un unico evento, l’Onda Pride, che unirà i diversi cortei regionali che sfileranno in nome dell’orgoglio gay il 28 Giugno – fra questi quelli di Milano, Bologna, Napoli, Catania, Palermo e Sassari -. Roma, però, non aderirà a questa formula, preferendo scendere per strada il 7 Luglio e festeggiare il ventennale del primo Pride per i fatti suoi, così come Reggio Calabria che ha scelto la data del 19 Giugno per il suo primo corteo dell’orgoglio gay. Ovviamente tale decisione ha accesso gli animi di chi è favorevole e di chi no. 


Ci troviamo in una situazione del tutto nuova, e anomala, per il nostro Paese ed è per questo che ho voluto chiedere ad alcuni amici di darmi la propria opinione in merito giusto per capirci un po’ di più.

La domanda che ho formulato è stata: “mi rilasci un commento sulla decisione di arcigay di non fare un pride nazionale, ma organizzare un'onda pride?” Mentre il Presidente di Arcigay Napoli, Antonello Sannino, mi ha risposto dicendo che “Non ci sono ancora decisioni”, altri amici de Il mio mondo espanso hanno avuto più parole in merito a questo tema e quelle che seguono sono le loro risposte.

Marco Consiglio, conduttore radiofonico, vicepresidente di Quore Torino e responsabile del Gruppo Scuole Arcigay Torino.

“Credo che litigare su una festa e una manifestazione di orgoglio sia profondamente stupido. Purtroppo dietro a ogni cosa cosa, Pride compreso, vi sono forti interessi economici - politici (poi non si dica che il turismo gay sia irrilevante). Ho sempre vissuto le settimane del pride come un modo per conoscere la vita gay in altre città, per scambi culturali e confronti costruttivi, ma capisco perfettamente la decisione dell'Onda Pride. Peccato che non sarà una decisione condivisa da tutti (per quello che so Roma organizzerà la manifestazione il 7 luglio) e allora mi chiedo, dove sta il senso di tutto ciò?” 

Leonardo Pace, attore e fondatore dell’associazione I Mondi Diversi

“Occorre fare chiarezza su questa vicenda perché, come spesso accade, la tentazione di suscitare facile rumore mediatico (cosa che ovviamente riesce meglio se si assumono toni negativi e distruttivi) rischia di creare una grande confusione e di ripercuotersi sugli interessi della comunità LGBT. La decisione di non attribuire a nessun Pride l'etichetta di "nazionale" non deriva da una rottura tra le associazioni, bensì è il frutto di una valutazione che ha trovato d'accordo le associazioni riunitesi pochi giorni fa a Torino. Negli ultimi anni, in diverse città si sono tenuti Pride che hanno attirato grande attenzione, registrando una nutrita partecipazione e riscuotendo importanti successi per le singole realtà territoriali. Si è ritenuto quindi più utile e di maggior impatto rilanciare l'idea dell'Onda Pride, attraverso cui creare un ideale filo conduttore, potremmo dire una sorta di rete, tra i diversi Pride locali, il che tra l'altro viene naturale in un paese come il nostro nel quale le specificità territoriali sono molto sentite e importanti. Insomma, non c'è nessun indebolimento del movimento LGBT a causa di questa decisione, anzi semmai si tratta di un tentativo di rendere più organica ed efficace l'azione a sostegno della dignità e dei diritti delle persone omosessuali e transessuali.

A questo proposito, vorrei cogliere l'occasione per ricordare a tutti quanto sia prezioso il lavoro delle associazioni. Nel nostro Paese così abbrutito da un punto di vista sia culturale che economico, sembra essersi perso il senso di mantenere una visione propositiva e si preferisce abbandonarsi, spesso in modo acritico, a un atteggiamento irrimediabilmente distruttivo. Bisogna ricordare che la visibilità delle persone LGBT e il progresso civile che oggi ci consente di rivendicare a testa alta la dignità e i diritti che ci spettano sono in buona parte il frutto dell'impegno delle associazioni e del lavoro volontario dei militanti che sacrificano tempo, fatica e a volte perfino denaro per sostenere il movimento. E non dimentichiamo che ovunque, nelle grandi città come nelle realtà di provincia più piccole, è grazie alle associazioni che esistono punti di riferimento, occasioni di incontro e servizi di utilità sociale a sostegno di una comunità a cui invece la politica non ha ancora saputo dare risposte. Personalmente, credo che in molti dovrebbero fare un profondo esame di coscienza prima di sparare a zero sulle associazioni, che sicuramente, essendo costituite da persone, commettono a volte errori, ma continuano a stare in prima linea in una battaglia di civiltà nella quale spesso risulta difficile coinvolgere proprio le persone che dovrebbero essere più interessate a combatterla. La critica ovviamente è legittima, ma proprio perché auspico che le associazioni operino in modo sempre più unitario e collaborativo, mi auguro anche di vedere una sempre maggiore partecipazione da parte di tutte le persone LGBT alle iniziative che vengono promosse, una partecipazione che purtroppo a volte non è quella che ci si aspetterebbe e che di conseguenza rende spesso gratuite le continue accuse nei confronti delle associazioni. Concludo quindi invitando tutti a essere presenti, nei limiti delle proprie possibilità, per rendere l'onda dei Pride della prossima estate tanto travolgente da convincere una volta per tutte la società civile e la politica dell'urgenza di provvedimenti seri contro l'omofobia e di riconoscimento dei diritti delle persone LGBT.”
Chiara Forte, attivista 
“Apprendendo che quest'anno non si manifesti il pride nazionale ho provato solo amarezza. Viviamo in un Paese in cui mancano i più fondamentali diritti umani e le associazioni lgbt dovrebbero portare sempre in alto "la causa". Ho letto di un bisticcio tra Roma e Napoli, non so se sia vero ne tantomeno mi interessa. Non siamo all'asilo, le associazioni hanno il dovere di essere SEMPRE in prima linea ma così, molto spesso, non è. Abbiamo già troppi attaccabrighe in parlamento che se ne fregano dei cittadini, non ci servono anche nelle associazioni. Il pride nazionale non è una semplice sfilata dove mostrare gli addominali italiani, ma è sempre stata un’occasione per ricordare ai governati che noi esistiamo e che vogliamo i diritti che ci spettano. Non deve essere nemmeno una passerella dove si decide quale associazione lgbt sia la migliore. Mi auguro che cambino modo di agire e di pensare. Tutti dobbiamo portare avanti questa dura battaglia in modo costante e sentito, ed esse con noi.” 

Daniela Tomasino, Presidentessa Arcigay Palermo 
“Per quanto riguarda noi, a Palermo è in atto un dibattito su cosa fare e come. Arcigay Palermo è orientata ad aderire all'onda pride del 28 giugno. È una delle poche volte che una decisione viene fuori da un'assemblea nazionale e per me è la ripresa di una comunicazione che si era interrotta da pochi mesi, ma ricominciare a parlare vuol anche dire esprimere il dissenso. E l'onda pride è un tentativo. Non è detto che sia la soluzione migliore, ma è la migliore che è disponibile al momento. Dobbiamo rifondarci, come movimento e come pride.”

Questo è quanto. Ovviamente ho avuto modo di parlare con loro e scambiare diverse battute e diverse idee, esprimendo pure le mie. Confesso che, quando ho appreso la notizia di questa decisione, ho storto un po’ il naso. Non perché voglia essere un disfattista, ma solo perché essendo uno di quelli che crede nel valore del Pride ho avuto il sentore che questo possa dar modo a tutti coloro che hanno sempre parlato male delle associazioni, dei pride e di quello che viene fatto, magari pur sbagliando delle volte, per la comunità LGBTQ, di scendere in campo continuando a dire peste e corna sull’attivismo omosessuale italiano. 

Chi mi segue da sempre sa che ogni anno sono pronto a scrivere e a parlare positivamente dei pride, trovandomi a discutere con coloro che si soffermano a quanto mostrato in tv, senza aver mai partecipato di persona a una parata. Lo faccio ancora adesso, l’ho fatto ancora oggi durante la realizzazione del post, perché non si può restare a guardare in silenzio se qualcosa non convince. Se ne può discutere – anzi si deve discutere – però con cognizione di causa. 
L’onda pride, dopo aver ascoltato le parole di Daniela Tomasino e di Leonardo Pace, lo vedo come un’evoluzione, passatemi il termine, di quello che questo Paese intende per lotta per i diritti civili. Ci voglio credere, ma con la giusta cautela come ogni passo nuovo merita e quindi condividendo i dubbi di Marco Consiglio e Chiara Forte. Come dice la presidente di Arcigay Palermo, non è detto che sia la soluzione, ma è un tentativo. Un esperimento che spero non si concluda con un fallimento, ma come un primo passo per una nuova tradizione a cui tutte le regioni parteciperanno, mettendo da parte le proprie ragioni, per il fine unico di essere, anche nei fatti, uniti nel pretendere quei diritti troppo a lungo negati.
Quindi ben venga l’onda pride se questo è il modo per dire e far capire che ci siamo e vogliamo essere cittadini di serie A, l'importante è che diventi davvero un'onda che parta dalla Sicilia e arrivi al Trentino.