Le gioventù omosessuali 2^ Parte - Gli anni '80 e '90
Lo scorso mercoledì 21 novembre è tornata in onda la mia rubrica all'interno della trasmissione Shortbus - gli altri incontri radiofonici che, come sapete, va in onda ogni mercoledì alle 20 su Radio Onda D'Urto.
In questo secondo appuntamento ho continuato il viaggio alla scoperta delle gioventù omosessuale prendendo questa volta in esame il periodo degli anni '80 e '90.
Per questo appuntamento ho chiesto di raccontare la propria personale esperienza agli autori e conduttori del programma Davide Puppa e Sergio Rozzi.
Prima di lasciarvi a quanto è stato detto in trasmissione, permettetemi di ringraziare (In)consapevole perché un suo commento a Le gioventù omosessuali 1^ Parte - Gli anni '60 e '70 mi ha aiutato a dare corpo al testo che leggerete dopo il salto.
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Gioventù
omosessuale:
2^Parte Anni ’80 e ’90.
L’ultima
volta ci siamo fermati annunciando l’arrivo, nel 1983, di una delle malattie
che ancora oggi ci attanaglia. Inutile dirvi che la malattia in questione è
l’AIDS e che questa arresta tutti i passi avanti che la comunità gay aveva
percorso fino a quel momento.
Dato
che la malattia inizialmente si diffuse prepotentemente fra le persone della comunità gay e fra i
consumatori di eroina, i ben pensanti dell’epoca non persero tempo a definirla
una punizione divina per tutti coloro che violavano le regole della natura. Una
punizione mandata da Dio, dunque, per punire tutti coloro che avevano perso la
retta via. C’è anche da dire, però, che in quel periodo la scienza non è che
fosse così aperta alle alterità. Infatti l’omosessualità, intesa come disturbo
mentale, fino al '72 era inserita nel Manuale
Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali e anche se successivamente venne
tolta dalla lista, la percezione che l'essere gay fosse una deviazione dell’equilibrio
mentale, rimase in vita ancora per molto tempo anche nella medicina.
Quindi
come dicevamo i passi avanti fatti fino a quel momento, si arrestano. Si
ritorna a nascondersi e a reprime i propri sentimenti e le proprie pulsioni. La
paura di essere contagiati, e quindi essere scoperti, era più forte della necessità di esser se stessi.
Inoltre le notizie relative ai decessi per AIDS non aiutavano i giovani gay a
vivere serenamente. Negli anni ’80, infatti, anche molti personaggi famosi
morirono a causa della malattia e fra questi ricordiamo l’attore Rock Hudson,
il membro gay del Parlamento inglese Nicholas Eden e il leader dei Queen Freddie
Mercury.
Insomma
gli anni ’80 sono destinati a lasciare un segno negativo, che, però, trascinerà
i suoi effetti anche negli anni ’90, nella comunità gay.
Quella
liberazione ormai s’è persa e anche le tv, le radio, il cinema sembrano vogliano insabbiare tutto e tornare
ad affrontare solo temi “normali”.
Questo però causa la perdita di materiale utile per i nuovi ragazzi che in
quegli anni si rendono conto di essere gay e non sanno dove, a chi e a cosa
rivolgersi per colmare le proprie curiosità. Nessuno parla più di
omosessualità, sembra che sia stata ingoiata da un buco nero.
Ci
sono, tuttavia, solo due casi degni di nota che arrivano dal cinema. Il primo è
un film del 1990 intitolato Che mi dicidi Willy? del regista Norman René, ambientato negli anni 80 e che racconta
la vita di 8 ragazzi gay che vedranno sconvolta la loro vita per via della
malattia che ha già fatto le prime vittime fra gli omosessuali e i
tossicodipendenti.
Il secondo, invece, è il film Philadelphia di Jonathan Demme, che affronta il tema ponendo
all’attenzione dello spettatore la sofferenza di un giovane uomo gay che deve
combattere per restare in vita dopo il contagio dell’HIV, ma anche contro la
discriminazione causate dalla malattia e, ovviamente, dalla sua omosessualità.
Ma
come dicevo oltre a questi casi, sembra che il tema venga completamente
ignorato e allora la domanda da porci, in questo incontro più che mai, è: “come
vivevano i ragazzi la propria omosessualità negli anni ’80 ’90?”. Naturalmente
anche per questo incontro avevo pensato di raccogliere la testimonianza diretta
di un personaggio che avesse vissuto quegli anni, però pensandoci bene, mi sono
detto: “Perché cercare altrove, quando ho a portata di mano due reperti storici come Sergio e Davide a
cui porre tutte le domande del caso?” E così eccomi qui a chiedervi:
“Come
è stato, per voi, vivere la vostra presa di coscienza in un periodo così cupo e
soprattutto come era percepita l’omosessualità in quegli anni?”
Davide:
La piena coscienza l’ho avuta intorno al 92 - 93 però devo dire che sono stato
abbastanza fortunata. I miei genitori hanno fatto sì che vivessi una cultura un
po’ diversa, ma nello stesso tempo ho avuto delle difficoltà al di fuori della
famiglia. Era indubbio che si cercava di tenere nascosto più che si poteva la
cosa. Inoltre non è che c’erano tutti i luoghi che oggi ci possono essere.
C’era solo un fermo posta a Brescia in Piazza Vittoria e la rivista Babilonia e
quindi la fantasia viaggiava intorno a questi due elementi. Poche conoscenze,
un Bar, Il desiderio, che aprì intorno
alla metà degli ’90. Non c’era quasi nulla tranne le discoteche di
Milano, ma andarci non era facile da giustificare con i genitori.
Devo
dire che non è stato molto difficile trovare informazioni per colmare i miei
dubbi. C’era una vita associativa abbastanza forte, parlo dell’Arcigay quando
ancora funzionava e dove c’erano personaggi che hanno lottato con i denti per
ottenere uno spazio sociale, per essere soggetto politico. Arrivai solo un anno
dopo all’apertura del circolo Orlando di Brescia e l’ho visto crescere e devo
dire che mi ha aiutato moltissimo. Se non ci fosse stata l’associazione non
avrei avuto alcun tipo di aiuto per capire gli aspetti di quello che ero.
Sergio:
Per me la comunicazione e la socializzazione sono state un po’ difficili. Feci il coming out a
19 anni, nel 1986. Anni abbastanza difficili in cui vivere significava fare
tutto di nascosto e quando con gli amici si voleva andare al Carnaby, una
discoteca a Desenzano di grande importanza anche a livello internazionale, si parlava in codice, chiamandolo CB, per non farsi capire dagli altri.
Qui si poteva fare conoscenza e anche altro che, però, lascio alla vostra
immaginazione…
Per
concludere, con l’avvicinarsi del 2000 le cose sembrano cambiare e nasce una seconda
nuova coscienza omosessuale che porterà al primo gay pride italiano. Ma di
questo ne parliamo a dicembre.
Ascolta la puntanta da qui
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Rubrica: Francesco Sansone
Grafica: Giovanni Trapani
Foto: Web
Autore: Francesco Sansone
Prefazione: Paolo Vanacore
Copertina di e con Giovanni Trapani
Casa Editrice: Tempesta editore
Prezzo: 15,00 Euro
Bel post. Molto interessante il fatto che in quegli anni il tema AIDS, sovrastava e inglobava le tematiche sulle identità di genere.
RispondiEliminaGrazie (In)consapevole... deov dirti che curare questa rubrica mi sta dando la possibilità di scoprire certe cose che non avevo mai considerato e che invece sono importanti per capire meglio quello che abbiamo oggi. Inoltre anche grazie a te ho avuto modo di apprende un altro aspetto e di questo te ne ringrazio.
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