Racconti Brevi - Riflesso

    Prologo   
   Oggi amaramente non  posso postare nessun racconto di vita gay per motivi che possono esservi palesemente evidenti, tuttavia non vi privo del terzo appuntamento settimanale de Il mio mondo espanso e quindi da oggi, e per tutte le volte che non avrò storie vere da condividere, ho deciso di occupare lo spazio del giovedì con dei racconti brevi, che vengono presentati da una locandina realizzata sempre da Giovy, anche se inizialmente destinata per un altro progetto.  Saranno dei racconti con personaggi e contenuti più maturi, con atmosfere diverse da quelle a cui vi ho abituato con i Racconti d'Estate, con storie più intimiste e a tratti scure.
Prima di lasciarvi, lasciatemi ricordare però l'e-mail dove inviare i vostri racconti di vita,  importanti per molti di voi e i dati relative alle visite ricevute e i commenti e i messaggi lasciatemi, lo dimostrano.
Allora ricordate raccontidivitagay@hotmail.it

Buona lettura

Francesco Sansone

    Racconti Brevi   




    Riflesso   

   Ogni giorno appena sveglio, vado direttamente in bagno per liberarmi dall’urina raccolta durante le ore di sonno. Mi soffermo allo specchio e il riflesso mostra un volto non mio, un volto che non conosco o semplicemente non ho mai imparato a conoscere. Rialzo gli slip e i pantaloni del pigiama di seta rosso e vado verso il letto. Mia moglie sta ancora dormendo. Ci siamo sposati tanti anni fa ormai, eppure io non riesco a vederla come vorrei, come lei vorrebbe che io la vedessi. Eravamo giovani quando ci siamo uniti in matrimonio. Io avevo poco più di vent’anni e lei appena diciotto. Ci conoscemmo per caso una sera. Io ero ubriaco – capitava spesso che bevessi fino a perdere il totale controllo di me, per poter schiacciare certi pensieri, certe pulsioni, certi sentimenti verso chi non si potevano provare - e un po’ per gioco e un po’ perché veramente non ero in me, siamo finiti a letto. Non sapevamo neppure chi eravamo, però quell’unico incontro ha segnato il nostro destino. Per ironia della sorte è rimasta incinta. I miei genitori erano felici perché avevo finalmente dimostrato loro che ero normale e  hanno potuto dimostrare ai parenti e ai vicini che il loro unico figlio non era un frocio come dicevano. Ci fu il matrimonio. Ci fu la nascita della mia piccola principessa. Ci furono tanti anni di identità personale tenuta nel buio. Taciuta.


- Buongiorno amore mio? Perché mi fissi mentre dormo?

- Così

- Tutto a posto?

- Sì, come sempre.

- Ti faccio il caffè.

- No! Stai a letto. Lo faccio io

- Davvero, non ti preoccupare, ci penso io

- Come vuoi. Mi faccio la doccia intanto

- Sì, bravo

Sotto il getto dell’acqua il mio corpo avverte un senso di piacere, come se la doccia mi permettesse di ripulirmi, seppur momentaneamente, da tutto quello che il mio involucro racchiude da tanto tempo.

- Ecco il tuo caffè

- Ti ringrazio. L’hai zuccherato?

- Certo, due cucchiaini come ogni mattina

- Grazie.

- Farai tardi oggi?

- Penso di sì, devo finire del lavoro.

- Ormai non ritorni più per cena.

- Scusa

- Se vuoi ti aspetto e mangiamo assieme quando torni

- Non so quando rientrerò. Non vorrei farti mangiare a mezzanotte

- Allora chiamerò la mia amica e andrò al ristorante.

- Buona idea.

- Potrei restare a dormire da lei, che ne dici?

- Perché no? Ti farebbe bene una serata fra donne

- Sì, hai ragione

- Ti preparo qualcosa e la riscaldi appena torni?

- No, prenderò una pizza rientrando.

- Bene.

- Ora scusami, devo andare.

- Buon lavoro

Entro in macchina, afferro il volante. Rimango immobile. Un lungo sospiro. Metto in moto. Parto. Mi chiudo in ufficio. Lavoro.

Decido di terminare il mio lavoro alle 23:00. Prendo la giacca e mi dirigo in auto alla ricerca di una pizzeria.

- Stiamo per chiudere

- Ah, mi scusi. Ho fatto tardi a lavoro, mia moglie non è in casa e pensavo di prendere una pizza e mangiarla a casa. Pazienza,mi arrangerò con qualche scatoletta.

- Aspetti!

- Che c’è?

- Che pizza vuole?

- Davvero non voglio recarle disturbo

- Nessun fastidio. Mi dica che pizza vuole.

- Faccia lei, come le è più comodo. Mangio tutto

- Bene.

Aspetto in un angolo. Di fronte a me c’è uno specchio. Il riflesso sembra mostrare un volto non mio, un volto che non conosco o semplicemente non ho mai imparato a conoscere.

- Signore, la sua pizza

- Grazie

- Quanto le devo

- Offro io.

- Grazie

- A lei. Prenda pure questa lattina.

- Gentilissimo.

- Si figuri.

Esco dalla pizzeria e mi dirigo in auto. Appoggio la pizza sul cofano. Apro la scatola. Prendo un pezzo di pizza, non voglio rientrare in casa. Voglio godermi quest’aria fresca, questa libertà.

- La mangia qui?

- Sì… non mi va di tornare a casa

- Se me lo diceva, le preparavo un tavolo

- Non volevo essere ulteriormente di disturbo

- Non lo dica neppure per scherzo. Se vuole le faccio compagnia.

- Gliene sarei grato.

- Le da fastidio se fumo?

- No, si figuri, faccia pure.

Rimane in silenzio accanto a me. Non dice nulla eppure la sua presenza mi fa compagnia più di mia moglie che ogni giorno parla tanto ma non dice nulla. Si guarda attorno con aria tranquilla. Ogni tanto mi sorride e poi torna a guardare di fronte a se’.

- Io ho finito.

- Le è piaciuta la pizza?

- Sì. La più buona che io abbia mai mangiato

- Non esageri

- Non lo faccio

- Caffè?

- Ma non vorrei rubarle altro tempo

- Non si preoccupi. Neppure io oggi voglio tornare a casa.

- Bene. Però permetta di offrirglielo io

- Non discuto. Venga lì, c’è un bar

Camminiamo l’uno accanto all’altro sempre in silenzio eppure sento tanto. Entriamo nel bar. Ordiniamo i caffè. Li beviamo. Usciamo fuori.

- Sigaretta?

- Sì, grazie. Non né fumo una da tanti anni.

- Ogni tanto fa bene lasciarsi andare.

- Dice?

- Dico! Si avvicini alla fiamma dell’accendino.

- Certo.

Do una lunga tirata alla sigaretta. Mi sento stordito, è normale? Ci mettiamo a camminare. Dalle nostre bocche esce solo il fumo della sigaretta. Arriviamo all’auto. Ci guardiamo. Lui sale in macchina. Entriamo in casa. Ci spogliamo. Ci ritroviamo avvinghiati l’uno all’altro.

Vado in bagno mi sono soffermato allo specchio. Il riflesso mostrava quel viso che avevo accantonato per assumerne uno a cui non sono mai riuscito ad abituarmi. Sono felice. Torno in camera. Lui è sveglio. Deve andare. Lo accompagno alla sua auto.

- Grazie

- Grazie a lei. Torni quando vuole.

Rientro in casa. Vado a letto. Ė sabato pomeriggio.

- Sei ancora a letto?

- Se - sei tornata?

- Sì. Sono le quattro. Fatti la doccia io intanto ti preparo il caffè.

- Sì.

Ogni giorno appena sveglio, vado direttamente in bagno per liberarmi dell’urina raccolta durante le ore si sonno. Mi soffermo allo specchio e il riflesso mostra un volto non mio, un volto che non conosco o semplicemente non ho mai imparato a conoscere.