Saverio D'Andrea: «Le piccole conquiste quotidiane ci rendono i supereroi delle nostre storie»
È uscito
“Superpoteri”, il nuovo singolo di Saverio D’Andrea, tratto dal suo album
d’esordio “Anatomia di una colluttazione”, uscito per Isola Tobia Label. Ad accompagnare il brano il videoclip diretto
da Emanuele Torre e girato fra la Sicilia e l’Abruzzo.
Prof di giorno e cantautore di notte, Saverio D’Andrea si avvicina alla musica all’età di 5
anni, con lo studio del violino, e poco dopo nasce l’amore per le parole e la
poesia. Con l’album “Anatomia di una
colluttazione” Saverio racconta in dieci episodi momenti diversi di una
relazione, partendo da un innamoramento quasi adolescenziale, passando per
momenti prima di conflitto e incomprensione e poi di separazione e
allontanamento, fino ad arrivare a una fase finale di riflessione sul proprio io.
Superpoteri, infatti, è uno di questi
momenti e racconta un amore puro e
sincero, nel quale non si ha paura di mostrarsi per quel che si è, ma si cresce
e ci si accetta anche nelle proprie fragilità, che diventano anzi un valore
aggiunto.
L'intervista
D. Saverio, iniziamo da “Superpoteri”, un brano che racconta un amore
puro e sincero. Un amore nel quale non si teme di mostrarsi per quello che si è
e che allo stesso tempo permette di crescere e accettarsi anche nelle proprie
fragilità. Da cosa nasce il testo?
R. Il
testo di “Superpoteri” nasce da un momento di sfogo. La scrissi di getto,
sentivo come una lava dentro che chiedeva di far esplodere il suo vulcano e con
la musica le diedi una via di fuga. Questa lava era la forma dell’urgenza di
mettere nero su bianco la mia maniera di amare. “Superpoteri” è, infatti, una
specie di documento di identità per il mio cuore, è il manifesto di quello che
significa per me amare e imparare a lasciarsi amare. Le parole vennero fuori in
maniera molto naturale e libera, come se la canzone esistesse già e io la
stessi semplicemente copiando su un foglio. Ricordo che usai la matita perché
avvertii da subito che avrei buttato giù tutte le idee con impeto e pensai che
ci sarebbero state tante cancellature e correzioni, invece no. Le parole del
testo definitivo sono praticamente le parole che scrissi di getto in quel
momento. Sentivo il bisogno di parlare di una parte di me troppo a lunga messa
in sordina, paradossalmente quella parte che tutti si aspettando che un
cantautore metta in vetrina da subito.
D. Quando è stata l’ultima volta in
cui hai vissuto un amore di questo tipo e cosa ti ha lasciato dentro?
R. Ho
vissuto diverse storie d’amore nella mia vita e tutte mi hanno lasciato segni
indelebili. Trovo che quello che viviamo ci cambia, mostrandoci sfumature di
quello che siamo a cui non eravamo riusciti ad accedere, stando da soli. Ho di
sicuro scoperto l’importanza della condivisione, dell’onestà. L’amore mi ha
lasciato dentro il desiderio per la costruzione di una strada comune, la
celebrazione di quella quotidianità quasi rituale che finisce per rivelare
tutti i pregi e i difetti del singolo, che, sul tavolo del due, diventano gli
strumenti da lavoro con cui guadagnarsi il futuro.
D. Invece, quando è stata l’ultima volta che hai
fatto i conti con te stesso e cosa hai capito di te in quel momento?
R. Ti
potrei dire che l’ultima volta che ho fatto i conti con me stesso è stata
stamattina quando, con un po’ di disorientamento negli occhi, ho dovuto dire a
un mio alunno che non lo so quand’è che torneremo a stare in classe, e in
generale, in comunità, come facevamo prima. Oppure potrei dirti che è stata
quella volta, l’anno scorso, in cui sono andato alla polizia per denunciare il
furto della mia automobile che, alla fine, è venuto fuori fosse stata
praticamente rubata dal proprietario! Ero convinto di aver parcheggiato l’auto
in un punto diverso da dove l’avevo davvero fatto e dopo ore di ricerche mi
sono rassegnato all’idea che l’avessero rubata. Con i miei amici ci abbiamo
riso per settimane, è un esempio scemo e quello era un periodo particolarmente
pesante però a volte davvero ci sarebbe bisogno di fermarci per misurare quello
che siamo davvero in grado di fare con quello che stiamo pretendendo da noi
stessi. Facciamo questi conti in un modo o nell’altro tutti i giorni,
l’importante, secondo me, per ognuno di noi, è imparare a conoscere i propri
limiti, cercando di analizzare quello che ci succede per provare a migliorarci
sempre. Quantomeno questo è quello che capita sempre a me.
D. Come appare anche nel videoclip diretto da Emanuele Torre, nel brano il fuoco e la neve, che citi più volte nel testo, simboleggiano le avversità che si superano tramite l’amore. Quali credi siano le difficoltà che una coppia vive oggi giorno e come li possono superare?
R. La
vita ci mette alla prova sempre. C’è un sacco di fuoco e un sacco di neve che
dobbiamo attraversare di giorno in giorno. La vita di coppia, così come la vita
familiare o le relazioni tra esseri umani in generale sono ormai dei campi
minati. Sicuramente è una grande sfida riuscire a restare attaccato ai propri
sogni e alla propria individualità, pur alimentando il fuoco di quell’amore che
si vive in coppia. “Superpoteri” parla di questo e di
quanto, secondo me, in una relazione sia fondamentale riuscire ad evolversi
individualmente pur restando insieme, insistendo nel voler trovare delle
soluzioni piuttosto che delle scuse.
D. Quindi, i superpoteri del titolo
sono proprio la tenacia e la volontà con cui si porta avanti una storia, giusto?
R. Sì, è così. Le
piccole conquiste quotidiane, intime e silenziose, ci rendono dei supereroi
nelle trame delle nostre storie. Accettare le debolezze, farne tesoro provando
a trarre il buono anche dai fallimenti ci rende capaci di amare secondo me, ed
è qualcosa di cui non c’è motivo di avere paura.
D. I social sono stati fondamentali per il lancio di
questo ultimo singolo. Che rapporto hai con questi canali? Ti piace raccontarti
al cento per cento o preferisci mantenere alcuni aspetti soltanto per te?
R. Sto scoprendo le possibilità che offrono i social media soltanto adesso. Per tanto tempo, forse troppo, ho tenuto tutto per me. Pian piano, invece, mi sto dando modo di lasciarmi conoscere attraverso i social media condividendo riflessioni, fotografie e piccole iniziative legate all’arte. Il lancio di “Superpoteri”, per esempio, è stato caratterizzato da una campagna social particolare dedicata alla poesia. Sentivo il bisogno di fare il conto alla rovescia per l’uscita del videoclip senza però parlare troppo di me, della canzone o del video. Cercavo un’idea che mi desse la possibilità di aprire un ponte su altre forme d’arte canalizzando, soltanto alla fine, l’attenzione su di me. Ho quindi pensato di chiedere a quindici tra i miei più cari amici, di scegliere una poesia pensando a Superpoteri. Sono state scelte poesie bellissime di autori diversi, da Stefano Benni ad Alessandro Bergonzoni, passando per Hermann Hesse, Franco Arminio, Pedro Salinas, Wislawa Szymborska fino a Dante Alighieri. Ogni giorno abbiamo pubblicato una poesia, associandola ogni volta ad una foto fatta durante le riprese del videoclip e con essa il numero dei giorni che mancavano alla pubblicazione. È stato un modo per aspettare un contenuto artistico promuovendo la bellezza di un’altra forma d’arte, sottolineando la loro vicinanza. Per me è stato quasi un gioco, mi sono divertito e commosso e, a dirti la verità, ci avevo preso talmente gusto che il 14 novembre è stato brutto non avere nessuna poesia da pubblicare. Ho quindi raccolto tutte lepoesie in un album su Facebook, così da lasciarle in qualche modo disponibili per chi volesse ripercorrere l’intero viaggio dal primo all’ultimo passo.
D. Questo singolo è l’ultimo brano estratto da “Anatomia di una colluttazione”, il tuo album d’esordio. Che valore ha questo primo traguardo nella tua vita?
R. Ho aspettato il momento della pubblicazione del mio primo disco praticamente per tutta la vita. Ho iniziato a scrivere canzoni che ero alle scuole elementari, poco dopo ho iniziato a consumare musica e ad acquistare dischi. Non ho mai smesso di fare nessuna di queste cose (neanche essere a scuola!). Ho vissuto quindi l’uscita del mio disco d’esordio come un gigantesco regalo che sono riuscito a fare a quel bambino sognatore che copiava e traduceva i testi delle canzoni che amava, che registrava sul suo walkman malandato le melodie che gli passavano per la testa, che disegnava e che immaginava di esibirsi davanti a centinaia di spettatori. Ho vissuto questo traguardo così importante come una sorta di restituzione a quel cuore pieno di sogni, una medaglia all’ardore. È esattamente come lo sognavo e ogni giorno spero davvero riesca ad arrivare al cuore delle persone che si lasciano invitare in questa giostra. Ne approfitto per ricordare a chi ci legge che il mio disco è disponibile su tutti i digitalstores e si può ricevere, in copia fisica, direttamente a casa acquistandolo sul sito di Isola Tobia Label.
D. Mi spieghi da cosa nasce il titolo?
Ti confesso, che mi incuriosisce tanto.
R. “Anatomia di una colluttazione” racconta una storia d’amore, dall’inizio alla fine,
sviscerata attraverso riflessioni, idee, ricordi e desideri. Le canzoni sono
messe in un ordine preciso per raccontare i fatti dal primo all’ultimo momento,
dalla prima alla nona traccia si susseguono le varie fasi. Il decimo pezzo, che
chiude il disco, è invece lontano da quanto successo e riporta delle
riflessioni fatte in solitudine, l’interlocutore non è più l’altro, infatti, ma
me stesso. La parola anatomia si riferisce all’intenzione di analizzare,
nel dettaglio, tutto ciò che è successo per cercare di comprendere le ragioni e
gli incastri che hanno portato le cose ad accadere secondo un determinato
schema. La parola colluttazione, invece, si riferisce proprio
all’oggetto di questo studio così minuzioso, cioè a quell’incontro/scontro con
l’altro che, infine, si rivela per essere in primis un incontro/scontro con noi
stessi.
D. Il periodo storico che stiamo
vivendo non è dei migliori, a causa del coronavirus. Il settore musicale,
assieme a quello dello spettacolo ingenerale, sta subendo le conseguenze
maggiori dei vari decreti anti-covid. Come stai vivendo lo stop dei live, che per
un giovane artista come te, sono parte fondamentale della propria crescita
professionale?
R. Credo
che questo 2020 abbia fatto fare esperienza, a ognuno di noi, di tutte le
emozioni esistenti. Dalla rabbia, al senso di rivalsa, dalla tristezza alla
voglia di industriarsi per trovare nuove strade per esprimersi, tutti noi
abbiamo attraversato e stiamo attraversando una fase molto delicata e nuova. Quello
che secondo me è molto importante è non dimenticare che proprio in un momento
come questo è necessario fare rete, diffondere bellezza, promuovere arte e
pubblicare. Non è vero che non ha senso dar vita a nuovi contenuti artistici in
questo momento, anzi, secondo me è davvero necessario che la cultura resista in
tutti i modi, non solo per sopravvivere ma per esistere com’è giusto che sia.
Il ritornello di Superpoteri finisce con le due parole resistere
insieme ed è quello che a parer mio siamo chiamati tutti a fare in questo
momento.
D. Per concludere, quale sensazione
speri arrivi a chi ascolta “Superpoteri”?
R. “Superpoteri” è forse quella che può essere considerata la mia prima vera canzone d’amore. Quando la scrissi, come ti dicevo prima, sentivo il bisogno di staccarmi da tutto quello che avevo intorno per immergermi in un’emozione forte che stavo vivendo e che aveva urgenza di essere tradotta in forma canzone. Fu un momento molto particolare, come una sorta di catarsi dell’anima. Immagino che quella sensazione di distacco dal terreno per sollevarsi in una dimensione sensoriale intensa abbia inevitabilmente toccato la canzone per com’è cantata e per com’è suonata. Ecco, spero che arrivi questa sensazione di distacco da tutto ciò che ci circonda e ci fa sentire soffocati, spero che questa canzone faccia sentire le persone che la ascoltano come fa sentire me: sospeso in uno spazio incontaminato, nel vuoto di un’emozione pura e forte.
Nessun commento:
Posta un commento