Miriam Foresti: «non c’è nulla di più doloroso per una madre che sopravvivere al proprio figlio»


Un concept per raccontare la vicenda biografica di Nick Drake, vista attraverso lo sguardo della madre

Molly. È questa la singolare prospettiva intorno alla quale si sviluppa A soul whit no footprint, il secondo album della cantautrice Miriam Foresti pubblicato per Isola Tobia Label.


Il titolo del disco, preso da un verso della sua canzone Time has told me, è stato scelto perché considerato rappresentativo dell’essenza del suo personaggio: “un’anima che non lascia impronte” sia nel senso di “invisibile” per via del suo talento non riconosciuto per come meritava mentre era vivo, sia nell’accezione di “pura”, che cioè non si piega a essere rinchiusa in forme imposte dagli altri.


L’intervista


D. Miriam il tuo album è un omaggio a Nick Drake, il cantautore e chitarrista inglese scomparso prematuramente. Come ti sei avvicinata alla sua musica e perché hai deciso di dedicare questo tuo secondo album a lui?

R. Mi sono imbattuta nella sua musica per caso. Tra i dischi dei miei fratelli più grandi ce n’era uno che ascoltavo molto volentieri, era una raccolta di diversi artistidi cui però si era persa la custodia quindi non potevo leggerne i nomi. La mia preferita era la traccia numero 9, ero completamente rapita da quella voce tanto flebile quanto diretta: era SaturdaySun che solo molto dopo ho scoperto essere di Nick Drake. Quando poi ho compratoed ascoltato tutta la sua discografia ho capito che non era solo quella traccia a stregarmi, ma ogni singola nota uscisse dalla sua bocca: mi paralizzava letteralmente ed era in grado di entrare così in profondità da scuotere tutto. Lì ho sentito subito che un giorno in qualche modo l’avrei omaggiato.



D. Il titolo A soul with no footprint è un verso di Time has told me, uno dei brani di Drake. Una frase scelta in quanto rappresentativa del suo personaggio. Quale elemento della sua personalità ti ha segnato maggiormente e perché?

R. Dopo aver consumato la sua musicaè stato inevitabile appassionarmi alla sua vicenda biografica e,seppure lontana anni luce dalla mia storia,mi sono ritrovata in tante cose:la costante ricerca della “verità” e della bellezza, il non accettare che la musica possa essere snaturata dal business, il sentirsi incompresi, l’amore per la sua famiglia etc.Lui però si è trovato a combattere con un nemico invisibile: la sua depressione. Ecco forse proprio questa battaglia interiore, che in lui è stata esasperata per via della malattia ma che appartiene a un po’ a tutti, me l’ha fatto sentire così vicino.


D. L’album, dicevamo, è un omaggio a Drake,però quello che colpisce è il fatto che la sua vita è raccontata attraverso lo sguardo della madre Molly. Perché hai optato per questo tipo di narrazione?

R. Perché nel frattempo sono diventata mamma e quando ho letto le poesie e i testi delle canzoni che ha scritto ci è voluto un attimo per immedesimarmi in lei: non c’è nulla di più doloroso per una madre che sopravvivere al proprio figlio e non poter fare nulla per salvarlo.


D. Hai detto che questo album è un modo per staccare un attimo la spina “per dialogare con quella parte di noi che tendiamo a nascondere il nostro lato oscuro, per lasciarsi cullare dalla bellezza e abbandonarsi alle emozioni”. Quando è stata l’ultima volta che hai usato la musica per abbandonarti alle tue emozioni?

R. La musica per me ha sempre avuto il ruolo di veicolare emozioni: da piccola attraverso di essa ho imparato a dominare la timidezza che mi bloccava, durante l’adolescenza è stata una grande valvola di sfogo che se da un lato mi ha fatto scoprire la bellezza della condivisione, dall’altro mi ha dato modo di esprimere la rabbia  e la frustrazione tipiche di quegli anni,in età più adulta la musica mi ha dato disciplina, l’occasione di esprimermi con onestà e di contemplare la bellezza. Non importa da che lato del palco si è, le emozioni ti travolgono se uno ha il cuore aperto e sincero.


D. E, invece, qual è “il lato oscuro” della tua personalità che tendi a nascondere anche a te stessa?

R. Per lato oscuro intendo qualcosa di cui abbiamo paura o qualcosa che nascondiamo perché pensiamo possa non piacere agli altri e a noi stessi. Non è facile ammetterlo, ma ci sono certi giorni che tendo di più a vedere le cose che non so fare piuttosto che quelle che mi riescono, e la conseguenza è un cocktail esplosivodi invidia, accidia ed autocommiserazione che è pericoloso se non si maneggia con cura. Ecco, già riconoscerlo e confessarlo è un passo importante. 



D. Come stai vivendo, da giovane artista, questo stop dei live, imposto dal Covid-19?

R. Devo dire la verità, non benissimo, perché stanno venendo fuori tutti i problemi legati al mondo dello spettacolo dal vivo che si sono accumulati negli anni e che il Covid ha esasperato. Mi manca tantissimo suonare, mi sento come un leone in gabbia e la gabbia al momento sono i social, l’unico “luogo” che ci rimane per esibirci (in tutti i sensi). Non voglio pensare che il futuro della musica sia online, mi sento male al pensiero. Sono anche spaventata da quello che succederà quando si tornerà alla normalità: ci sarà un’offerta incredibile, ovvero tanti artisti rimasti “zitti” per tanto tempo”, per un pubblico però che è sempre più ridotto, perché credo che ci porteremo dietro per un bel po’ di tempo gli ingressi contingentati nei luoghi dello spettacolo. Se vogliamo vedere un lato positivo questo stop forzatoha dato il “la” a diversi comitati e associazioni di settore per proporre al governo una riforma totale del mondo dello spettacolo, da un punto di vista fiscale, contributivo e formale.


D. Tornando all’album, al suo interno c’è anche il brano I know a place, di cui sei autrice. Com’è nato e cosa significa per te?

R. È nato ascoltando PoorMum di Molly Drake, che mi ha lacerato il cuore, così ho immaginato lei che canta l’ultima ninna nanna al figlio, prima di morire. Il testo è un concentrato di riferimenti e citazioni delle liriche di entrambi.



D. Per concludere, cosa vorresti che ti dicesse il pubblico dopo aver ascoltato questo tuo secondo lavoro discografico?

R. Che le mie note siano entrate in contatto con la loro anima, che qualcosa si è smosso dentro di loro, così come è successo a me quando ho ascoltato per la prima volta la musica di Nick Drake.