Italia condannata per aver violato i diritti umani di una coppia gay

A cura di Francesco Sansone
Grafica di Giovanni Trapani
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L’Italia è stata condannata dalla Corte europea a risarcire 20 mila euro per i danni morali provati a una coppia gay, per aver negato il ricongiungimento familiare. Secondo i giudici di Strasburgo, così facendo, il nostro Paese ha violato il diritto della coppia a non essere discriminata.

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La coppia, formata da un cinquantunenne e un cinquantottenne, viveva ad Amsterdam e nel 2003 aveva deciso di trasferirsi in Italia, Paese natale di uno dei due. Il neozelandese per accedere ha utilizzato un permesso di studio temporaneo, provando poi a ottenerne uno per motivi familiari. Questo, però, il 18 ottobre 2004 gli è stato negato dalle autorità di Livorno, perché non v’erano i criteri previsti dalla legge. La coppia ha fatto ricorso e nel 2005 ha ottenuto ragione dal tribunale di Firenze. La sentenza, però, è stata impugnata dal ministero degli Interni, che ha fatto ricorso in Cassazione ottenendo ragione in base all’articolo 29 del decreto legislativo 286 del 1998, in cui c’è scritto che il concetto di familiare è da riferirsi solo alle coppie sposate e ai figli minorenni o non ancora indipendenti.
A questo punto, siamo nel 2009, la coppia si rivolge alla Corte europea e a distanza di 7 anni ha dato ragione alla coppia, condannando il nostro Paese per violazione dei diritti umani. Nella sentenza si legge che la situazione della coppia non poteva essere equiparata a quella di una coppia eterosessuale non sposata in quanto, proprio perché non potendosi sposare, i due uomini non avrebbero potuto ricevere le tutele che la legge italiana accorda alle copie sposate:

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 “L’interpretazione restrittiva della nozione di famiglia costituisce, per le coppie omosessuali, un ostacolo insuperabile per l’ottenimento del permesso di soggiorno per motivi familiari” e non tiene conto “della situazione specifica dei richiedenti e in particolare della loro impossibilità di ottenere una forma legale di riconoscimento della loro relazione in Italia.”

Fonte: repubblica.it