Dopotutto sono ancora qui 2^ parte

Rubrica: Francesco Sansone
Grafica: Giovanni Trapani
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Ritornato a casa, la febbre, che era sparita solo da due giorni, è ritornata a far aumentare la mia temperatura corporea. Ho pensato che dipendesse dagli sforzi attuati durante il mio rientro, e  così ho ingerito una pasticca di tachipirina e mi sono disteso sul letto. La temperatura, però, non solo non è scesa, ma è arrivata a toccare i trentanove gradi e mezzo durante il sabato.


È stato, però, il mio risveglio domenicale a cambiare ancora una volta tutto.  
Alzatomi dal letto, noto che il cerotto che copriva la lunga cicatrice sul mio addome presenta delle bolle e appoggiandoci prudentemente un dito – non perché io sia delicato, ma solo perché mi stavo fottendo di paura – un liquido giallastro ha cominciato a scorrere sul pavimento. Non scherzo nel dire che fossero due libri quelli che sono usciti e non scherzo neanche nel dire che il liquido non ha accennato a diminuire nemmeno durante il mio tragitto in ospedale e tanto meno al suo interno.

Entrato di nuovo nella stessa saletta del pronto soccorso in cui venni visitato la prima volta, la dottoressa di turno ha chiamato il chirurgo di turno che è arrivato e ha iniziato a risucchiare con una siringa il liquido giallastro ancora presente nella ferita dopo aver aperto la cicatrice. Per sei volte quella siringa è stata inserita nel mio addome e per sei volte s’è riempito di liquido.
Dopo di che il medico chiude il tutto e mi dice di recarmi in ambulatorio due giorni dopo. Me ne ritorno a casa, ma la sera ho problemi respiratori e torno nuovamente al pronto soccorso e questa volta vengo ricoverato.

Ora non sto qui a raccontarvi cosa è successo per filo e per segno, sappiate solo che da quel 7 luglio, data del ricovero, sono stato dimesso il 9 agosto dopo tanti giorni sprecati dal personale medico che, fra fine settima, festino – per chi non fosse palermitano è la festa con cui si celebra Santa Rosalia protettrice della città –  e un pizzico di indolenza,  ha trattato il mio caso un superficialità.

Tuttavia in questo lungo percorso sono tante le persone che devo ringraziare: tutte le infermiere e tutti gli infermieri (tranne due), tutto il personale "staff" (tranne una) e il dottor Sucato. Non dimenticherò mai la tenacia con cui quest’ultimo s’è battuto per me, così come non dimenticherò mai tutto il sostegno, l’affetto, la dolcezza e le cure che Letizia, Giada, Eleonora, Giovanna, Rosa Maria, Adriana, Rossella, Enzo, Giovanni, Giacomo e tutti gli altri infermieri hanno riservato a me e al mio compagno. Senza il loro appoggio e la loro professionalità davvero non sarei qua e quest'esperienza sarebbe stata ancora più difficile da affrontare. Dal mio punto di vista - e questo non lo può mettere nessuno in discussione - se il reparto di chirurgia di quell'ospedale funziona è proprio grazie a loro, tutti gli altri se ne facciano una ragione. Chissà, magari prima o poi certi chirurghi la smetteranno di sentirsi degli Dei e entreranno più in empatia con i pazienti durante il giro visita, mettendo da parte le loro beghe (anche perché agli ammalati non frega un bel nulla se Tizio mal sopporta Caio) e si concentrino maggiormente su quanto il paziente ha da chiedere loro.

Ecco, questa è stata la mia estate e il motivo per cui la nuova stagione de Il mio mondo espanso e tutti gli altri blog sta iniziando questa settimana. Adesso diciamo che sto bene. Certo, ho ancora una cicatrice che dà qualche fastidio e un buco lasciato dalla para da risanarsi del tutto (e ai quali devo ancora abituarmi visivamente), però il peggio è passato e io, nonostante tutto, sono ancora qui.

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