Alfano, faccia il ministro, non il leader

Rubrica: Francesco Sansone
Grafica: Giovanni Trapani

Ai nostri governanti, si sa, piace dire qualcosa contro qualcuno giusto per darsi un tono, il problema, purtroppo, è che ultimamente lo fanno rilasciando affermazioni sempre contro la comunità LGBTQ.
Proprio in questi giorni, il ministro degli interni, Angelino Alfano, è al centro delle polemiche per le sue posizioni atte a impedire la trascrizione di quei matrimoni fra persone dello stesso sesso avvenuti all’estero. Posizioni che non si concludono con le dichiarazioni, ma con una circolare minatoria (perché di questo si tratta) affinché nessun prefetto o nessun sindaco si permetta di apporre la firma sulla richiesta presentata nelle diverse città italiane.

Un accanimento che dimostra quanto poco di ministro c’è nelle sue parole e quanto, invece, tanto c’è del leader di un partito di estrema destra.
Pur sforzandomi di capire i suoi intenti di portare avanti la farsa che in parlamento esiste ancora una destra e una sinistra (ho smesso di credere in questa favola dai tempi di Monti, per non dire dai tempi di Berlusconi) e che i due partiti (che pur convivono pacificamente nel governo) non seguono le stesse ideologie, non riesco a comprendere il perché di tutto questo livore verso un qualcosa che di fatto non cambierà la vita né di Alfano né di chi la pensa come lui.

A lui mai nessun medico ha detto al suo compagno/alla sua compagna “per legge non sono tenuto a darle informazioni sullo stato di salute del paziente”.
A lui mai nessun politico x o prelato y ha  detto, ogni giorno, di essere un malato. 
A lui mai nessuno l’ha picchiato solo perché ritenuto un “diverso” da punire per le sue tendenze.

Per lui mai nessuno è sceso in piazza sostenendo che il suo modo di amare è sbagliato.

Mi sforzo e tento di capire il perché, ma niente! Non riesco a capacitarmi di tanta avversione.
Uno Stato che funziona dovrebbe garantire gli stessi diritti a tutti, e i suoi ministri dovrebbero lavorare affinché tutti i cittadini ne godano.
Uno stato democratico e i suoi ministri non dovrebbero aver paura delle ripercussioni che potrebbero nascere per delle scelte che vanno contro all’ideologia di uno Stato straniero che occupa il suolo romano.
Uno stato civile e i suoi ministri dovrebbero punire gli aggressori e non le vittime.

Qui, invece,  è tutto il contrario e a rimetterci sono sempre i soliti noti che senza alcun male devono sentirsi mortificati di esser ciò che sono.

Caro Alfano, mi ascolti, o fa il ministro o fa il leader. Entrambi i ruoli insieme cozzano. Vero che in Italia avere fino a dieci incarichi è normale, ma se ogni tanto se ne lasciasse uno per fare bene i restanti non sarebbe male, non crede?
 Il troppo storpia, si sa.
E in questo caso non è diverso, anzi. Volendo esser schietti fino alla fine, in questo caso, mi permetta, è deleterio se non per lei, per tutti coloro che vengo offesi, umiliati, emarginati, violati e uccisi da prese di posizioni che di europeo non hanno nulla. Provi a capire che non sta giocando con i soldatini di legno, ma con le vite di persone reali.
Siamo in Europa, non è così? Allora entriamoci per come si deve e non solo per quello che fa comodo a voi signori della politica altrimenti tutto diventa ancora di più una grande buffonata targata MADE IN ITALY.

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