Altri Mondi - Intervista a Ottavia D'anseille Voza di Arcigay Salerno
Quella a Ottavia D'anseille Voza è davvero un'intervista interessante in cui si affronteranno diversi temi e diversi aspetti del mondo LGBTQ. Con la Presidente di Arcigay Salerno parleremo sì della città, ma anche di come è vivere l'omosessualità al suo interno e nelle sue province, di com'è la vita per una transessuale, dei progetti che sta portando avanti l'associazione e di molto altro ancora. Mai come in questo caso il titolo di questa rubrica è azzecato, perché in una solta intervista avrete modo di scoprire quanti altri mondi possibili.
Dopo il salto
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Altri Mondi
Intervista a Ottavia D'anseille Voza
di Arcigay Salerno
Ottavia
sei diventata presidente di Arcigay Salerno lo scorso settembre dopo che nella
città si è svolto per la prima volta il pride regionale. Come è stato per te
subentrare dopo un simile evento?
Nella foto: Ottavia D'anseille Voza |
Il Salerno Campania Pride è stato solo l’ultimo atto di un
rilancio di Arcigay Salerno che ha visto impegnato a partire dal 2010 il
direttivo che mi ha preceduta presieduto da Antonello Sannino. Arcigay è
riuscita ad interloquire in maniera costruttiva con le Associazioni e le
Amministrazioni locali, diventando un punto di riferimento per il dibattito sul
tema dei diritti civili. Da questo punto di vista abbiamo potuto sperimentare
una soddisfacente aperture di interi settori della società civile sui temi che
più ci stanno a cuore. Questo Pride si è distinto per l’ampiezza dei temi
trattati nel corso delle settimane precedenti l’evento finale, presso il Pride
Park ospitato nell’area ex Salid, dove si è discusso di legalità, di
immigrazione, di amnistia, di eutanasia e testamento biologico oltre che di
matrimonio egualitario, di omogenitorialità, del rapporto tra omosessualità e
fede, di omotransobia e di bullismo omofobico. Voglio ricordare su tutte la
presenza a Salerno della Carovana Nazionale della Legalità Antimafia.
L’apertura al dialogo mostrata dall’Amministrazione Comunale di Salerno, che ha
sostenuto l’organizzazione del Pride, si è concretizzata nelle dichiarazioni
del sindaco De Luca, che ha sposato con entusiasmo l’idea di fare di Salerno un
Laboratorio per il dibattito sul tema dei Diritti Civili. Certo, per tornare
alla tua domanda, come accade sempre in
questi casi il buon lavoro svolto pone di fronte alla responsabilità di non
disperdere i risultati e la rete di relazioni che nel tempo Arcigay è riuscita
ad intessere.
Come
accennato poco prima, Salerno l’anno scorso ha ospitato il gay pride, tuttavia
vorrei chiederti: Come è la vita di un giovane LGBTQ in città?
Nella Foto: Uno scatto della Salerno Pride 2012 |
Il Pride ha costituito un momento di grande apertura alla
città, una festa colorata e serena che ha visto la partecipazione di numerosi
cittadini provenienti dall’intera regione e dalle aree più periferiche della
nostra complessa ed estesa provincia, l’occasione per avvicinare la comunità
LGBT all’intero tessuto sociale. I timori iniziali che da più parti erano stati
espressi connessi al timore, assolutamente infondato, che la parata finale si
riducesse alla esaltazione di comportamenti e
manifestazioni “sconvenienti” sono stati smentiti dalla sobrietà e dalla
allegria con cui i partecipanti hanno espresso il loro “orgoglio”. Certamente
ciò ha aiutato la comunità LGBT ad aprile canali di comunicazione con la città.
Ė altrettanto vero che molto lavoro resta da fare, poiché l’omofobia è un dato
culturale drammaticamente presente in molti contesti, non escluso quello
giovanile e l’ambito scolastico, come dimostrano i numerosi casi di bullismo
omofobo che ancora si registrano. Da questo punto di vista l’azione del coming
out, ovvero l’azione del riconoscimento e della comunicazione della propria
omosessualità, costituisce spesso un momento importante, che ha bisogno di
sostegno e di condivisione. Da questo punto di vista è importante che in città
siano presenti luoghi e momenti di aggregazione per i giovani omosessuali.
Tu
sei una donna MtF e immagino abbia dovuto lottare molto per la tua affermazione
personale e professionale. La condizione delle persone transessuali
nel paese è, forse, ancora più complicata di quella di un ragazzo gay o di una ragazza
lesbica. Inutile negare che la transessualità, soprattutto quella MtF, sia
legata al concetto di prostituzione.
Credi che questa associazione di pensiero sia ancora un limite sia per
gli altri che per un/a giovane transessuale oppure anche in questo la
società è più avanti della classe politica?
Nella foto: Ottavia D'anseille Voza |
Anche
in questo caso il pregiudizio è legato alla mancanza di conoscenza, accentuata
dalla consuetudine, espressa con irritante puntualità da un cattivo giornalismo
(che mostra ad esempio la propria impreparazione nell’assidua utilizzazione del
genere maschile quando si parla di una persona transessuale MtF – che viene
definita sistematicamente “il transessuale”), a trattare di questi temi solo
nell’ambito della cronaca nera. Ė evidente e noto che la discriminazione nei
confronti delle persone transessuali spesso si traduce nella difficoltà al
riconoscimento del proprio diritto al lavoro, fatto che in molti casi,
soprattutto in passato, ha costretto alla prostituzione come unica via
d’uscita. Ė altrettanto noto che oggi tale fenomeno riguarda prevalentemente
persone provenienti da determinate aree,
in particolare il sud America, sfruttate da organizzazioni criminali
senza scrupoli dedite alla tratta di questi schiavi contemporanei. Bisogna
tuttavia ribadire che questi fenomeni non riguardano la maggioranza delle
persone transessuali, soprattutto quelle più giovani, che con sempre maggiore
consapevolezza intraprendono con coerenza e dignità il proprio percorso di
transizione, anche grazie al sostegno delle strutture di supporto (a Salerno ad
esempio è attivo il Consultorio D.I.G. presso l’ASL Salerno 2 in via Santoro).
Tu ti riferivi all’inizio della domanda al mio caso, che è invece un po’
particolare, perché la mia affermazione personale e professionale, per usare le
tue parole, è avvenuta prima che iniziassi il percorso di transizione. In un
certo senso ciò, pur contenendo elementi di innegabile rottura, ha prodotto
sentimenti contrastanti nelle persone con cui mi ero fino ad un certo punto
relazionata come “uomo”. Mi ha aiutata molto, e forse ha contribuito anche, nel
piccolo spazio della mia esistenza, a favorire una diversa e corretta
comprensione della condizione della persona transessuale e delle dinamiche che
conducono a questa riappropriazione del proprio corpo, al riallineamento di
quest’ultimo con la propria identità percepita. Chiedevi se la società da
questo punto di vista è più avanti rispetto alla classe politica. Non saprei
risponderti, nella misura in cui la classe politica dovrebbe essere, in un
sistema democratico, la perfetta espressione delle aspirazioni e delle
consapevolezze della società che la elegge. Certo, mi sembra che in questo
momento la classe politica stia mostrando, e ciò sta venendo fuori con maggiore
intensità nel corso dello sviluppo di questa bizzarra e surreale campagna
elettorale, una accentuata impreparazione in generale su tutti i temi che
riguardano i diritti civili delle persone lgbt. Per questa ragione, in un
momento in cui anche la sinistra mostra le proprie difficoltà ad affrontare i
temi più dibattuti, quali ad esempio la questione del matrimonio egualitario o
il diritto alla genitorialità per le persone omosessuali, mi sembra
assolutamente utopico che si possano affrontare temi che riguardano nello
specifico il tema della transessualità. Si sente infatti oramai la necessità di
un aggiornamento della normativa che regola in Italia la riassegnazione
anagrafica delle persone transessuali, la legge 164 del 1982, che andrebbe
aggiornata, per assimilarla alle legislazioni più avanzate, su un punto oramai
ritenuto irrinunciabile, che è quello che riguarda l’obbligatorietà
dell’intervento chirurgico di riassegnazione dei caratteri sessuali primari,
oggi contraddittoriamente sancita dall’art. 3 della Legge.
Tornando
a parlare del tuo ruolo di presidente. Hai accanto il vicepresidente Edoardo Palescandolo, un uomo che ha saputo lottare per cambiare la condizione degli
omosessuali in anni in cui metterci la faccia significava perderla. La sua esperienza
quanto ti è d’aiuto?
Nella foto: Edoardo Palescandolo |
Eddy è una persona eccezionale, protagonista dei primi
movimenti di liberazione omosessuale, dal F.U.O.R.I. (Fronte Unitario
Omosessuale Rivoluzionario Italiano) ai COP (Collettivi Omosessuali Padani)
negli anni settanta, fino alla sua fase artistica che lo vide protagonista, con
lo pseudonimo “La Paleo”, delle prime compagnie “en travestì” che
imperversavano nelle rassegne gay dei primi anni ottanta, sempre esprimendo un
impegno politico dissacrante spesso in contrasto con quello di altri gruppi
gay, che aspiravano a riconoscimenti più istituzionali. Erano delle Drag
“nostrane” se posso dire, che prendevano in giro gli usi ed i costumi della
società italiana di allora con acuto umorismo cinico e grottesco, lontane dal
“glamour” delle Drag-Queen anglosassoni. Questa carica positiva e creativamente
dissacrante io credo che sia ancora presente in Eddy, che per lungo tempo è
stato lontano dall’associazionismo LGBT, concentrandosi sulla sua attività di
docente e sull’organizzazione di serate dedicate al genere elettronico in dj
set ed in live, attività quest’ultima che ha fatto di Salerno un punto di
riferimento, negli anni recenti, per la musica elettronica e per le produzioni
emergenti. L’esperienza di Eddy, che ha vissuto da protagonista momenti
esaltanti della nostra storia più recente, è dunque fondamentale per tutti noi,
e non solo per la comunità LGBT.
Negli
ultimi anni Salerno, grazie anche al lavoro svolto da Arcigay, è cambiata
molto. Quali sono le differenze che noti di più rispetto alla tua adolescenza e
cosa invece sembra non esser cambiato mai?
La mia adolescenza si “svolse” (utilizzo il passato remoto
del caso) in un periodo particolare, in cui la rottura con schemi e convenzioni
costituiva oggetto di espressione quotidiana. Probabilmente questo portava a
una lettura “sovrastimata” della società, che sembrava, filtrata da questa
lente assolutamente generazionale, aperta ad ogni rivoluzione culturale. La
storia ci ha insegnato che le cose invece procedevano diversamente, restando
incanalate e ancorate a schemi in cui lo stigma e la discriminazione
costituivano gli atteggiamenti più diffusi. Rispetto a quell’epoca abbiamo
maturato una maggiore consapevolezza di questi problemi, accentuati oggi da una
società in cui il benessere viene sempre più associato a condizioni materiali e
non spirituali, se posso dire. Da questo punto di vista poco è cambiato, e
molto lavoro resta da fare.
Arcigay,
si sa, è una associazione che ha fatto e continua a fare molto per la comunità
LGBTQ, ciò nonostante ancora in molti hanno paura nel rivolgersi a voi per
chiedere aiuto. Cosa ti senti di dire per convincere i giovani che si rendono
conto della loro omosessualità, a chiedere il vostro sostegno invece di tenersi
tutto per se’?
Nascondere prima a se stessi e poi al prossimo la propria
omosessualità costituisce un motivo di profondo malessere, che produce
isolamento e disagio. Da questo punto di vista il coming out è una operazione
che potremmo definire, al limite, terapeutica, perché consente una serenità e
una accettazione di se’ che conduce sempre ad una crescita interiore,
soprattutto in termini di sicurezza in se stessi. Da questo punto di vista la
solitudine, l’isolamento e la marginalità sono dei terribili amplificatori di
malessere, che spesso conducono a esperienze drammatiche. La complessità del
nostro territorio provinciale, soprattutto in riferimento alle realtà più
periferiche, purtroppo non aiuta le persone più giovani, che non riescono a
esprimere compiutamente il proprio vissuto nei contesti familiari e sociali più
prossimi. Noi offriamo la possibilità di ascolto e di condivisione, con le
nostre attività in sede, ed anche attraverso un supporto psicologico e legale.
Certamente abbiamo la necessità di estendere la nostra azione anche al di fuori
del capoluogo, operazione molto difficile a causa della sua estensione, per la
carenza (possiamo dire anche la totale assenza) di risorse e soprattutto per le
difficoltà a interloquire con le amministrazioni locali.
Quali
attività hai intenzioni di mettere in piedi e quali novità hai portato
all’interno della sede da quando sei presidente?
Continuiamo a svolgere le nostre attività più
“tradizionali” in occasioni particolari, come la Giornata Mondiale per la
Prevenzione dell’HIV (quest’anno abbiamo organizzato, in collaborazione con
l’Assessorato alle Politiche Sociali del comune di Salerno, una giornata di
sensibilizzazione con affissione di manifesti, distribuzione di un opuscolo
informativo prodotto da noi e di profilattici nei luoghi più frequentati della
città), stiamo organizzando un’iniziativa in occasione della Giornata della
Memoria, per discutere dell’olocausto dimenticato, quello che vide migliaia di
omosessuali internati assieme a ebrei, rom e disabili nei campi di
concentramento, operiamo in stretta collaborazione con altre associazioni
presenti nel panorama cittadino e provinciale. Inoltre stiamo contattando le
Amministrazioni locali e le Commissioni Pari Opportunità presenti nella
provincia per l’istituzione diffusa dei Registri delle Unioni Civili e del
riconoscimento dell’attestato di famiglia anagrafica basata sui vincoli
affettivi. Riattiveremo a breve lo sportello antidiscriminazioni, in
collaborazione con CGIL, presso l’Università di Salerno. Presso la sede stiamo
attivando una serie di iniziative (sportello legale in collaborazione con Rete
Lenford, avvocatura per i diritti LGBT), un corso di inglese, iniziative per il
contrasto all’omotransfobia nel mondo dello sport, ed altre attività di
socializzazione. Abbiamo intenzione di avviare una serie di presentazioni di
libri di letteratura omosessuale, sulla scia dell’esperienza già avviata l’anno
scorso, e un cineforum. Stiamo organizzando incontri informativi su tematiche
particolari, quali a esempio quelle di natura finanziaria e previdenziale per
la tutela della famiglia di fatto. A marzo ospiteremo a Salerno un seminario
formativo sul tema dell’associazionismo (L’Unione fa la forza. Vivere e
lavorare in gruppo) nell’ambito del progetto nazionale People Have the Power,
organizzato da Arcigay Nazionale. Sentiamo l’esigenza di una nostra maggiore
presenza nei luoghi dalla comunità maggiormente frequentati dei giovani LGBT, e
su questo dovremo lavorare con più incisività. Altro tema che ci vedrà
impegnati è la costituzione di un coordinamento regionale dei comitati arcigay
campani, sulla base delle indicazioni contenute nel nuovo statuto approvato nel
corso dell’ultimo congresso nazionale Arcigay che si è tenuto a Ferrara a fine
novembre. Inoltre, a fine dicembre, la segreteria nazionale di Arcigay mi ha
attribuito la delega ai “Diritti delle persone Trans”. Vorrei organizzare
proprio a Salerno un convegno sul tema dell’applicazione e dell’aggiornamento
della legge 164/82, o su un tema che mi sta particolarmente a cuore, che è
quello della transgenitorialità.
Rubrica: Francesco Sansone
Grafica: Giovanni Trapani
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