I racconti Brevi di Gianni - Caro diario

Prima del prologo
Prima di lasciare il blog in mano a Gianni, voglio ringraziarlo per il suo sforzo per portare on web la sua rubrica pur passando un momentaccio e inoltre un altro grazie a Giovy per la nuova locandina della rubrica. Grazie davvero!!!
Francesco Sansone

Prologo
I cambiamenti! Sono cosi necessari perché la vita vada avanti, ma fanno paura quando questi debbano essere accesi, perché non si sa mai dove porteranno! Quando poi ti vengono imposti dall’insano destino che si diverte a tendere i fili della tua vita a suo piacimento, questi riescono a prendere anche i connotati delle più terribili paure che la natura umana possa mai pensare di conoscere. Che sia il fato a dettarli, o la propria coscienza a volerli, non c’è dubbio sul fatto che a lungo andare e se visti nella giusta prospettiva, questi cambiamenti possano portare anche giovamento all’animo che li ha visti attuati nella propria esistenza…
…parlando di cambiamenti, non posso che ufficializzare quanto Francesco ha detto all’inizio di questa nuova stagione del suo blog. Io sarò il detentore di una rubrica che fino allo scorso anno gestiva lui, e spero tanto di riuscire a farla diventare attraente come nella sua prima gestione. Vi porterò attraverso le righe di racconti brevi all’esplorazione di mille vite ed esperienze umane, prese un po’ dalla mia fantasia e a volte anche ispirate a situazioni reali vissute, perché se solo ci fermiamo un attimo a pensare, volendo, la nostra vita potrebbe essere un bellissimo racconto, magari non breve, purtroppo a volte sì, ma sicuramente se vissuto con ispirazione, sempre magnifico e pieno di travolgente pathos.
Con la speranza che riesca ad affascinarvi con le storie che vi proporrò in queste settimane, vi lascio al primo racconto della seria, e vi auguro una buona lettura!
Un Abbraccio
Gianni


 Caro diario


24 settembre 2009

Caro diario,

sono diventato un vero pericolo per me stesso ormai. Mia madre passa ogni dieci minuti dalla porta della mia stanza. Mi guarda con l’aria stanca di una persona che provata dai suoi problemi, aggiunge a quel carico l’avvilente preoccupazione verso un figlio che non sa ancora, secondo il suo pensiero, quanto sia bello vivere al di là delle difficoltà che la vita ci pone. Non riesce a capire quale sia la ragione perché tutto ciò che è accaduto, non riesce a capire perché quel figlio che tanto ama e con cui tanto parla, in realtà cela chissà quale segreto che gli divora l’anima pian piano e senza tregua. Mi dispiace per lei, non riescono ad uscire lacrime dai miei occhi spenti, ma rimangono dentro inondando il mio umore già fin troppo fragile. Mi ha chiamato Elena stamattina, come se non bastasse l’attenzione di un mondo che mi sorveglia, anche lei in lacrime mi chiede perché è successo tutto ciò, cosa ci può essere che mi angoscia tanto quando qualche giorno fa ridevamo a crepapelle con tutto il nostro gruppo davanti un cocktail al Dream, il pub del centro. Ma come faccio a dire alla mia migliore amica che non è attenzione che io voglio. Non era certo questo quello che volevo accadesse, anzi proprio il contrario. Volevo che non arrivasse mai il momento in cui tutti si concentrassero su di me, perché avrebbero saputo ciò che io stesso voglio non si sappia mai. Sono un mostro, sono un tremendo mostro originato da questa natura beffarda che si diverte ogni tanto a mescolare le carte e vedere come un individuo può condurre la sua vita. E come se la vedessi ridacchiare dei miei timori, delle mie angosce, delle mie crisi di pianto. Solo lei sa quanto odio per me stesso e per la vita io covi. Il resto del mondo fino ad oggi ha sempre visto la parte più solare di me, tanto solare quanto in realtà fittizia. Se dovessero chiedere alle persone che mi stanno vicino di descrivermi sono sicuro uscirebbe un ritratto di me positivo e gioviale. Ho voluto che fosse cosi fin dall’inizio, ho voluto fosse cosi da quando ho scoperto che la mia felicità non potrò mai trovarla ne godermela, o quanto meno potrò trovarla e goderne solo se riesco nel mio proposito. Ci riproverò però; quando mi rimetterò riproverò di nuovo a spezzare questa…

…Scusami era entrato in stanza anche mio padre. Severo come al solito nel suo sguardo, forse lui più di tutti ha capito. Sarebbe davvero ridicolo però, perché è giusto la persona con cui parlo di meno, con cui ho un legame flebile e poco credibile se non fosse per il sangue che ci accomuna. E come al solito piuttosto che relazionarsi con me attacca senza mezzi termini, facendomi sentire in colpa non tanto nei suoi confronti ma usando mia madre come esempio per farmi capire quanto ciò che ho fatto evidenzi solo il mio forte egoismo e il mio menefreghismo nei confronti di chi mi vuole bene. Tutto questo però non mi porta a stare meglio, o quanto meno a suscitare in me una riflessione su ciò che ho compiuto. Semmai sono ancora più convinto che devo riprovarci e questa volta arrivando fino in fondo senza che nessuno abbia la possibilità di fermarmi. È vero, sono egoista, sarò anche vigliacco, sarò pure uno stronzo, ma sono anche stanco e rassegnato. Non c’è posto per me che mi possa rendere felice perché non ho voglia di assecondare la mia felicità che pagherei con un prezzo troppo alto. Alla fine non ho scelta, l’unica cosa che mi rimane da fare è dare fine a queste pulsioni snaturate. Ho conservato un frammento di specchio, ci devo riprovare. Voglio solo annullarmi, non sarebbe meglio per tutti? Quanto meno per me! Troppe volte ho tentennato in bagno e avevo tutto il tempo per porre fine al mio travaglio, giusto nell’occasione in cui avevo affondato il frammento sulle vene mia madre mi ha trovato e mi ha “salvato” dalla mia “incoscienza”. Ma solo io, te e quella megera di Madre Natura sappiamo la verità. Lei non mi ha salvato semmai mi ha condannato, e non è stato un gesto incosciente semmai forse il primo gesto cosciente della mia vita. Avrei risparmiato a me il permanere in questo inferno, e a tutti loro il vedermi logorare giorno dopo giorno, perché di una cosa sono sicuro; non posso fingere la mia ipocrita solarità per tutta una vita.

Stanno parlando, li sento da qui; mia madre vorrebbe mandarmi da uno specialista, mio padre vorrebbe solo prendermi a calci per farmi maturare in un solo momento, io vorrei semplicemente mia madre non fosse mai tornata prima dal lavoro ieri mattina… sento i loro passi scriverò più tardi!!



27 novembre 2010

Caro diario,

non ti ho più toccato da quella volta in cui la mia coscienza si era annullata di fronte la paura di una vita piena di sofferenza soffocata e implacabile dolore. Quella mattina in cui mi ero svegliato con i punti al polso, ancora stordito dal sangue versato per far cessare la mia inutile vita non ho avuto il tempo di riprenderti, e nella foga di quello che è successo non mi hanno dato modo di poterti portare con me. Ero disperato, non avevo te e non avevo neanche il mio frammento di specchio, simbolo di ciò che avevo tentato di fare, mezzo con cui volevo terminare il mio proposito di tagliare i ponti con la vita. Mio padre e mia madre mi hanno mandato a Roma da  mia zia, con cui ho sempre avuto un rapporto bellissimo, per cambiare aria dicevano loro, ma anche perché mia zia conosceva una brava terapeuta. Sono tornato solo qualche settimana fa, mia madre mi ha consegnato di nascosto dalla famiglia te, il mio diario segreto, che forse oramai tanto più segreto non è. Dice di non averti sfogliato, e tu non puoi certo confermare o smentire ciò che lei mi ha detto, ma voglio crederle. Il frammento di specchio l’ho ritrovato li dove lo avevo lasciato, cosi posso confermare che non hanno mai investigato tra le mie cose per scoprire cosa ci fosse che non andava altrimenti lo avrebbero trovato. Sai non l’ho buttato, non ne ho il coraggio, ma non lo userò non ti preoccupare! Non dico di aver trovato il vero senso della felicità nella mia vita, né di aver condiviso i miei pensieri con la mia famiglia, ma ho capito che forse da qualche parte nel mondo c’è un po’ di felicità anche per me stando in vita. Tengo questo specchio con me perché mi ricordi quanto sarei stato stupido se il mio progetto di togliermi la vita fosse andato in porto! Ricordi, nemmeno volevo scriverlo l’ultima volta che ti ho confidato i miei pensieri, forse perché scrivere a chiare lettere “togliermi la vita” mi faceva anche all’epoca tremendamente paura, forse perché in effetti dentro di me non volevo farlo veramente già da allora. Ti porto con me amico mio, perché sto tornando da mia zia a Roma, sono solo tornato per qualche giorno per prendere alcune cose. La mia terapista dice che ancora devo fare del lavoro con lei, e ora ci credo, e ora voglio lavorare su di me per accettarmi, per far cadere quella maschera di falsa solarità che ho indossato e far vedere quanto realmente e sinceramente io possa essere solare. Lo dico a te ma non a lei perché non ho ancora la forza di farlo; ringrazio mia madre per avermi condannato a cercare la felicità respirando ancora!

Rubrica a cura di Gianni
Grafica a cura di Giovanni Trapani