Un nuovo mondo - Trentasettesima Puntata

Prologo
Un'altra settimana insieme volge al termine e come ormai capita da qualche giorno, vi do appuntamento a lunedì, lasciandovi alla lettura di Un nuovo mondo. Chi di voi avrà indovinato qualcosa nei commenti lasciati nella puntata precedente? E soprattutto avrete risposte alle domande fatte setitmana scorsa... per saperlo non vi resta che leggere questa puntata.
Francesco Sansone


Nelle Puntate precedenti

Sono passati diversi mesi dalla sera in cui Andrea ha confessato di aver tradito Fabrizio, ma quest’ultimo non riesce a dimenticarlo, lo ama ancora. Intanto ha deciso di dedicarsi completamente al primo esame all’università. L’esame in questione è quello di Psicologia della salute, la materia insegnata da Manu che continua ad essere il principale motivo del malessere di Daniel, anche lui ancora intrappolato nel ricordo di quella notte, che passò col professore, e basta poco per farlo ricadere nella tristezza. Una mattina in cui i due amici erano in biblioteca a studiare, durante la pausa caffè, incontrano Manu. Questo incontro sarà devastante per Daniel, allora per tirarlo un po’ su di morale, Fabrizio gli propone di andare a pranzo da Alberto, ma quando arrivano là, Fabrizio incontra Andrea, il quale cerca di riallacciare i rapporti, ma Fabrizio gli dice che non ci riesce e scappa a casa. Qui trova la sua domestica con il quale ha una rapporto madre-figlio e passano il pomeriggio assieme. Quando Carla arriva il figlio di lei Simone per accompagnarla a casa, lei non è ancora pronta e Fabrizio lo fa salire. Dopo una chiacchierata, Simone invita Fabrizio a passare la sera al suo pub e dopo un po’ di titubanza, accetta.

- Alla fine sei venuto?

- Sì.

- Bene! Allora viene a bere il tuo drink gratuito.

- Arrivo!
















Trentasettesima Puntata


Fabrizio



Quando ho deciso di andare, non pensavo che il pub sarebbe stato così frequentato da ragazzi e ragazze. Era pieno. Anche se Carla mi diceva che il locale andava bene, non immaginavo così tanto.



- Allora che te ne pare?



- Ė fantastico! C’è un casino. A stento ci si riesce a muovere.



- E questo è niente, prova a passare qui il fine settimana. La fila per il bar arriva fino a metà della strada.



- Assurdo! Complimenti davvero.



- Grazie. Allora che prendi?



- Non so…



- Un quattro bianchi?



- No quello dei 4bianchi non sono io



- Cosa?



- Niente era una cosa fra me e me.



- Allora che prendi?



- Non lo so, fai tu, mi fido!



- Fai male



- Perché?



- Scherzo… su rilassati – mi ha detto mettendomi una braccio sulla spalla - Prendi!



- Cos’è?



- La specialità di Pedro, il barista más guapo del mundo – e tirò un cinque al ragazzo.



- Uhm, buono.



- Claro qué es bueno chico.. piensas que soy un principiante?



- No, no



- Bueno. Alla tua – e pure lui, così come me e Simone, sorseggiò un po’ del drink da lui preparato.



- Grazie Pedro, ci vediamo dopo



- Ci vediamo después Simón.



- Dai vieni, sediamoci fuori, ti va?



- Volentieri



- Allora, come mai alla fine ti sei deciso a venire?



- Ma – e ho bevuto un sorso – dopo esser stato in palestra dalle 19:00 fino alle 22:00



- Ferma, ferma, ferma, sei stato in palestra per 3 ore?



- Sì



- Cazzo, sei un stacanovista dell’esercizio fisico.



- No, non è questo… è che la palestra aiuta a rilassarmi e diciamo che oggi ero particolarmente stressato?



- E come mai? Hai litigato con la tua fidanzata?



- Diciamo una cosa del genere.



- Ahi, mal d’amore, il peggiore dei mali. L’unico che non puoi curare con un farmaco, ma che fa male come un colpo di pistola… ne so qualcosa.



- Davvero?



- Certo piccolo ometto, cosa credi che sia un tipo tutto casa e chiesa? Oddio se invece di dire chiesa, dicessi pub, alla fine sarebbe la verità, però un pub non è una chiesa e qui non ci sono né suore e tanto meno preti.. anche se qualcuno in incognito dicono che ci sia.. bah io non ne ho visti, però se tutti ne parlano, sarà pure vero, no?



- Ma di cosa stai parlando? Non ti seguo più



- In effetti non mi seguo nemmeno più io. Questo drink di Pedro mi ha rincretinito… Pedro eres un hijo de perra, pero siempre me gustan tus Cócteles. – E si è messo a ridere. – Piccolo ometto spero non ti stia dando una brutta impressione



- Innanzitutto mi chiamo Fabrizio e poi tranquillo non tendo mai a giudicare i comportamenti altrui, finché questi non vanno a ledere me personalmente.



- Come siamo seriosi.. mia madre non mi aveva detto che parlavi sempre con sti paroloni



- Simone, credo sia meglio che torni a casa. Ho fatto male a passare qui questa sera – e detto questo mi sono alzato per avviarmi alla moto



- Aspetta Fabrizio, per favore, aspetta



- Ma perché tutti quanti vi prendete gioco di me e poi quando mi incazzo e me ne vado mi dite di aspettare? Sono stanco di tutte queste situazioni. Sono stanco. Sono stanco, capisci? Sono stancooooooooooooooooo – e senza rendermene conto, mi sono ritrovato a gridare per strada. Non mi ero mai sfogato del tutto fino a quel momento, avevo sempre cercato di trattenermi, ma quella scena mi ha ricordato l’incontro con Andrea avuto di mattina ed è stata dura rivivere quella situazione.



- Vieni qua Fabrizio, sfogati. Finalmente ci sei riuscito. Lo so fa male, ma stai certo che dopo ti sentirai meglio – mi ha detto con un tono di voce del tutto diverso da quello assunto fino ad un attimo fa. Era dolce e comprensivo. Il ritrovarmi fra le sue braccia, mi ha evocato alla mente un ricordo di qualche anno prima. Un giorno venne a casa mia con sua madre. Io avevo 12 anni e lui 15. Non aveva una bella cera e benché facesse di tutto per nasconderlo, si vedeva che stava male. Più volte gli ho chiesto di dirmi cosa avesse, ma lui continuava a dirmi che era tutto a posto, ma ad un certo punto, quando dallo stereo, partì una canzone, che però non ricordo, lui scoppiò a piangere e lo fece per molto tempo. Io restai accanto a lui senza dire niente, mentre lui, abbracciato a me, continuava a piangere e a ripetere “perché a me”. Quando si calmò, andai a prendere un po’ di acqua in frigo e qualcosa da mangiare . Restammo assieme fino a quando Carla, non finì di lavorare e quando se ne andò mi disse qualcosa, che non capii. Dopo quella volta ci siamo visti altre due volte e ogni volta a distanza di un anno, e quindi quel episodio, entrambi non lo abbiamo più affrontato. – Va meglio adesso, piccolo ometto?



- Scusa, non so cosa mi sia preso.



- Non giustificarti, a volte le parole non servono. Vieni a sciacquarti la faccia – e siamo rientrati verso il locale ancora pieno, forse anche più di quando ero arrivato. – Ecco questo è il mio ufficio, lì c’è il bagno. Datti una rinfrescata e quando finisci ti accompagno a casa.



- Ma sono con la moto.



- Non ti preoccupare, prendiamo la tua moto e poi per tornare chiamo un taxi



- E qui come fai?



- A questo non badarci. Datti una mossa.





Arrivati sotto casa mia e posteggiato la moto, lui ha chiamato un taxi e siamo rimasti assieme per aspettarlo.



- Tu avevi capito che qualcosa non andava?



- Sì.



- E come hai fatto?



- Perché ci sono passato e quando ho avuto bisogno di aiuto, per uno strano caso del destino, c’eri tu accanto a me, ricordi?



- Sì, me lo sono ricordato poco fa quando ero fra le tue braccia.



- Io non so cosa ti abbia fatto, Andrea, ma di certo so che tu stai male.



- Co - come?



- Tranquillo non lo dirò a mia madre, ma sappi che Andrea è stato uno stupido a farti scappare. Ognuno vorrebbe una persona come te accanto.



- Non esagerare.



- Non esagero, dico solo quello che penso e credo che tu sia una bella persona e sono contento che mia mamma lavori a casa tua e ti veda come un figlio.



- Ti ringrazio, ma lei è fortunata ad avere te e Sonia come figli.



- Ecco il taxi. Ricorda, se vorrai bere qualcosa vieni da me, offrirò di nuovo io.



- Grazie



- Non ringraziarmi, ti dovevo un favore e oggi dopo 6 anni te l’ho ricambiato.



- Cosa?



- Ciao piccolo ometto. – ed è sparito nel taxi. Salendo le scale pensavo a quello ultima frase e d’improvviso mi è venuto in mente che quel giorno in cui scoppiò a piangere, salutandomi alla fine disse “Ti devo un favore”.



Messi i piedi in casa, ho parlato un po’ con i miei genitori che mi hanno rivelato di essere un po’ preoccupati per me, ma rassicurandoli, ho loro augurato la buona notte e mi sono chiuso in camera mia. Al computer c’era una finestra di MSN aperta. Era quella di Daniel che mi ricordava, come ogni sera, l’appuntamento per il giorno dopo. Appoggiata la testa sul cuscino, mi sono addormentato in meno di un secondo. Era la prima volta che capitava da quando ho detto addio al mio Andrea.

Continua …




Le regole dell'attrazione