Racconti Brevi - Il muratore

Prologo
Oggi dopo tanto tempo è tornato il sole e una voglia d'estate mi ha invaso ed è per questo che ho deciso di scrivere un racconto breve sulla falsa riga dei Racconti d'Estate. ^_^



Il muratore

Ogni mattina mi trovavo a passare per quella strada e fermarmi sotto quel palazzo in costruzione per aspettare il bus. La fermata si trovava proprio di fronte a questo cantiere che già alle sette del mattino, ora in cui mi recavo in ufficio, era in piena attività e gli operari erano svegli come quando lo sono io alle dieci del mattino. Le urla fra loro, le risate, il rumore dei martelli e tutto quello che poteva fuoriuscire da una zona assediata dai muratori, mi costringevano a destarmi dal mio stato sonnolento e ad arrendermi, controvoglia, al mio stato di veglia che, fosse per me, resterebbe immagazzinata ancora per qualche ora. In oltre, da due giorni, c’era anche un altro motivo per cui spalancavo gli occhi una volta arrivato lì. Un ragazzo, uno dei muratori che lavoravano lì. Aveva più o meno la mia età, anzi forse anche qualche anno meno dei miei 23, un fisico scolpito come di quelli che si vedono in tv in certi spot, e poi, aveva un viso da mozzare il fiato. Un viso dai tratti delicati che delineano ogni suo tratto facciale. Due labbra carnose, non chiare, ma neppure scure, più che altro di un colorito caldo che ti invogliavano a baciarle, per non parlare degli zigomi che gli evidenziavano le gote. Occhi grandi e verdi, mentre la carnagione era scura, forse faceva delle lampade di tanto in tanto, che se pur imbiancata dalla polvere del cemento, non gli facevano perdere nemmeno un punto in fatto di sensualità, anzi, lo rendevano ancora più appetitoso.


Il giorno in cui lo vidi in tutto il suo splendore fu l’altro ieri. Pioveva e tirava un vento assurdo, tanto che il mio ombrello si piegò in due e io mi ritrovai completamente zuppo. “Iniziamo bene la giornata”, ho esclamato più incazzato che affranto, e mi misi a camminare più velocemente per cercare di arrivare prima alla pensilina della fermata. Mentre camminavo, mi sono sentito dire “se corri ti bagnerai di più. Non lo sai che quando piove, non è indicato correre?”, mi sono girato e me lo sono trovato di fronte. Lungo il mio corpo salì una vampata di calore e sentivo le mie gote prendere fuoco. Sembrava uno di quegli attori da film porno. Scarponcini, jeans aderenti che mostravano ogni sfumatura delle sue gambe, incluse due cosce perfette, una canottiera nera completamente zuppa, il casco protettivo e i guanti gialli. “Oddio un sogno diventato realtà”, ho pensato a voce alta, tanto che lui mi aveva chiesto di ripete ciò che avevo detto, ma facendo finta di nulla, avevo eclissato la cosa. Non sapevo che dire né cosa fare. Ero immobile lì che lo fissavo, mentre sotto i miei jeans anche qualcos’altro saliva assieme alla temperatura corporea. “Questi ombrelli sono sempre una fregatura. Ti consiglio di comprarne uno più grande, questi piccolini non servono a molto in questi casi” mi ha continuato a dire, ma io ancora non riuscivo a riprendere possesso delle mie facoltà. “Ci sei? Stai bene? “ e dicendolo, mi ha afferrato per una spalla per dare ancora più enfasi alle sue domande. “Sì, scusami è che… Cazzo l’autobus. Scusami devo andare” e così sono corso alla fermata prendendo per un pelo il mezzo. Sedutomi non riuscivo a non togliermi la sua immagine dalla mente. Decisi che a pranzo sarei tornato a casa, sperando di rivederlo. Purtroppo quel giorno mi fu impossibile lasciare l’ufficio e così dovetti aspettare il giorno dopo, ma chissà perché ogni volta che spero in qualcosa, questa puntualmente non si realizza e la delusione fu tanta.

Il giorno dopo, sperando di vederlo, ho deciso di scendere da casa un po’ prima del solito e così già alle 6:45 ero alla fermata. “E tu che ci fai qui a quest’ora?”, era lui che era apparso all’improvviso. “Beh… io…” , ero troppo emozionato e intanto ancora una volta la caloria del corpo, inclusa quella coperta dai jeans, aveva iniziato a salire. “Ieri non ci siamo beccati per poco. Ero andato a prendere i caffè per i miei colleghi e quando sono tornato, ti ho visto salire sul bus”, quando ho sentito quelle frasi ho iniziato a maledire me e la mia mania della puntualità. “E anche l’altro giorno verso l’ora di pranzo ti ho visto passare, ma ero sopra il ponte e non potevo raggiungerti. Ho notato però che avevi comprato un ombrello abbastanza grande”. Più sentivo quelle frasi, più maledicevo la qualsiasi. “Allora che ci fai qui a quest’ora? Di solito arrivi alle 7 in punto, almeno è quello che penso. Da quando sono qui ti ho visto sempre a quell’ora, né un minuto prima né dopo. Vero è che lavoro solo da una settimana qui…”, un altro colpo al cuore, come era possibile che non mi fossi mai accorto di lui. “Sono qui per te!” ho detto tutto d’un fiato. Divenni rosso come un peperone, e speravo di trovarmi altrove, anche perché la sua faccia restò impassibile. Non sapevo se era infastidito o invece era lusingato da quella mia unica frase. “Vieni”, mi disse prendendomi per il braccio e tirandomi. Avevo paura, non sapevo cosa avesse intenzione di fare. E se volesse farmi del male? Se fosse uno di quelli che picchia i gay, giusto perché lo reputa un passa tempo come gli altri? Mi fece entrare in una sorte di casotto. Lo ha chiuso con il lucchetto e si è avvicinato a me. “Finalmente . Non aspettavo altro”, si buttò su di me come una bestia. Ha iniziato a spogliarmi, mentre con le labbra non si staccava da me. Era passionale, ma allo stesso tempo animalesco. In meno di nulla fui nudo. Mi fece girare e iniziò a possedermi. Mi piaceva. Si muoveva come un Dio. Gridavo e anche se non è da me farlo non riuscivo a sopprimere il mio piacere. Stavo impazzendo. Poi mi fece girare e prendendomi in braccio fu di nuovo in me. Io avevo le spalle appoggiate alla parete e lui mi teneva dalle cosce che spingeva su e giù, per far sentire meglio il suo corpo in me. Senza che io mi toccassi, raggiunsi l’orgasmo, che schizzò sul suo viso e questo lo eccitò. Mi liberò e mi fece inginocchiare per ricevere il suo piacere, dopo essersi liberato dal preservativo. Cadde a terra e si appoggiò a me. “Mi sa che oggi arriverai tardi a lavoro” , non mi importava nulla del lavoro. Cercai nel buio la mia borsa, presi il telefono e chiamai in ufficio dicendo che non sarei andato, poi mi girai verso lui e gli dissi di trovare una scusa per andare via. In meno di niente, eravamo a casa mia per riprendere i lavori, guidato dal mio muratore.



Intervallo -
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