Un nuovo mondo - Settima Puntata

AVVISO:
Da settimana prossima a grande richiesta, cambia la "programmazione" di pubblicazione. Pubblicherò due puntate a settimana, nei giorni  di Lunedì e Giovedì. Prima di lasciarvi alla lettura, mi scuso se pubblico questa puntata con quasi un'ora di ritardo. Buona lettura
Francesco Sansone

Settima Puntata

Finita la cena sia io che i miei genitori, ci mettemmo all’opera per rassettare la stanza, quando, ad un certo punto, suonò il citofono. Mia madre chiese chi potesse essere a quell’ora e mio padre, senza rispondere alla sua domanda, si indirizzò verso il citofono. Poco dopo rientrò dicendo che c’erano visite e ancor prima che potessimo dire chi fosse, spuntò dalla porta Andrea.


- Ciao Andrea, ma che ci fai qui a quest’ora? Ė successo qualcosa per caso? – chiese mia madre che stupita, tanto quanto me di vederlo lì, si avvicinò a lui.


- No, tutto a posto, tranquilla! Sono qui per parlare con Fabrizio.- rispose il mio amico con gli occhi bassi.


- Be’ dimmi, che c’è? – dissi cercando di nascondere una felicità che non riuscivo a spiegarmi o che fosse non volevo capire.


- Ti va se andiamo a prendere qualcosa da bere fuori? Possiamo? – Disse rivolgendosi ai miei che erano silenti accanto a lui.


I miei guardandosi negli occhi e facendosi un cenno con lo sguardo, ci dissero di sì, ma sottolineando di non rientrare troppo tardi. I miei non ci hanno mai posto dei limiti d’orario durante i fine settimana, ma quando c’è la scuola vogliono che rientri non più tardi delle undici e trenta. Così, presi il cappotto. Fuori nel pianerottolo, in attesa che arrivasse l’ascensore, non dicemmo nulla. Fissavamo entrambi il pavimento. Quando sentimmo il rumore delle porte aprirsi, entrammo e Andrea spinse il tasto 0 e guardammo le porte chiudersi.


- Come va? – Mi chiese


- Va!


- Sei ancora arrabbiato?


- Tu che dici?


- Non lo so. Non te lo avrei chiesto se lo sapessi, no?


- Già.


- Allora… come va?


- Non lo so!


- Che significa?


- Significa che non lo so. - Si aprirono le porte dell’ascensore e ci incamminammo verso il cancello d’entrata.



Andrea salì sullo scuter, lo accese e mi disse di salire. Lo feci. Il vento quella sera era freddo, benché fosse ormai primavera, le sere ancora erano abbastanza fredde. Dal posto posteriore del mezzo, guardavo i palazzi che ci lasciavamo alle spalle, mentre mi chiedevo cosa avrei potuto dirgli e come glielo avrei potuto dire. Anche Andrea non diceva niente. Mi disse solo dove volessi andare, quando ci fermammo ad un semaforo e rispondendogli che non ne avevo idea, lasciai decidere a lui la meta, in fondo era lui che era voluto uscire. Quando fummo di fronte ad un vecchio casolare nella zona montuosa della città, si fermò.


- Dove siamo? – gli domandai non sapendo bene dove fossimo.


- Seguimi. – Iniziammo a camminare.


Aprì la porta di quel capannone ed entrammo. Andrea si muoveva come se conoscesse bene quel luogo, aveva la sicurezza di uno che ci veniva spesso. Restai stupito perché pensai che in tutti questi anni non mi aveva mai parlato di quel luogo.


- Ė il mio rifugio. Ci vengo raramente ormai, ma quando ero piccolo ci venivo spessissimo.


- Perché non ci vieni più spesso?


- Perché preferisco passare il mio tempo con te. Quando ero piccolo, non avendo amici, ci venivo con la mia bicicletta quasi ogni giorno. Qui dentro mi sentivo libero di pensare, leggere e masturbarmi.


- Davvero?


- Sì, fu qui che mi feci la prima sega. La sera prima avevo visto in tv il film “Le età di Lulù” e vidi che la protagonista diceva a una trans di giocare con il suo pene ed è così che vidi per la prima volta la masturbazione. Il giorno successivo, dopo aver dormito poco o niente, venni qui. Volevo fare quella stessa cosa che avevo visto fare nel film, e così misi le mani sotto le mutande e a poco a poco cominciai a fare su e giù, fino a quando quella “schiuma” bianca, calda e appiccicosa, non mi imbrattò la mano. Continuai a farlo qua da solo fino al giorno in venni a passare il primo fine settimana a casa tua. Come ogni giorno volevo farlo e anche quello volta a casa tua volevo rifarlo e volevo farlo con te. Così ti feci quella domanda e poi … be’ sai come è finita. Ero contento di averlo fatto con te. Come ti dissi quella sera con te potrei fare tutto, ma la cosa che non ti dissi è il perché.


- Vuoi dimmelo ora?


- Prima di questo voglio dirti perché non ti ho mai detto della esistenza di questo posto. Il giorno dopo esserci segati, capii che l’unico posto in cui potevo sentirmi sereno era un qualsiasi posto in cui ci fossi tu. Sapendo che non ci saresti mai venuto qui, dato che, una volta, parlando, mi hai detto che mai e poi mai avresti messo piede in un posto pieno di polvere e insetti, decisi di non metterci più piede e venire da te in un qualsiasi momento di difficoltà. Così col passare del tempo smisi completamente di venire qua. Solo oggi pomeriggio, finiti gli allenamenti, sono arrivato qua senza neppure accorgemene. Mi sono steso su quella panca e iniziai a pensare a tutto ciò che è successo e ho capito che quello che mi hai urlato è la verità e questo mi ha fatto male.


- Perché?


- Perché tu sei l’unico che mi ha sempre capito anche senza chiedermi nulla. Non pensavo che potessi sentirti come una pedina fra le mie mani, credevo ti divertissi con me, che fossi felice con me proprio come io mi sentivo, e mi sento, felice con te.


Restai in silenzio calando lo sguardo. Andrea si sedette su una vecchia panca e alzando lo sguardo mi fece cenno di sedermi accanto a lui. Restammo in silenzio ancora cinque minuti e poi Andrea, che forse si aspettava che dicessi qualcosa dopo le parole che mi avevano riempito di gioia il cuore, vedendo che rimanevo in sielenzio, riprese a parlare.


- Comunque credo sia arrivato il momento di dirti perché mi sono comportato in questa maniera con te in questi ultimi giorni.


- Lo credo pure io.


Continua …


(Prossima puntata Lunedì)