Racconti Brevi - Anniversario

Prologo - Buone Feste! Ci vediamo a Gennaio

Ecco è arrivato il momento di dirci arrivederci. Con oggi il blog si ferma per le vacanze di Natale, ma a Gennaio tornerà ad espandersi. Questo giorno segna tuttavia la fine di periodo di vita. Fino a oggi ho curato il blog dalla mia città, Palermo, ma con la fine delle feste, finirà anche il mio soggiorno qui. Dal nuovo anno infatti il mio mondo cambia casa e si trasferisce nella regione che in passato faceva parte, insieme alla Sicilia, del Regno delle 2 Sicilie. Da Gennaio quindi vi scriverò da Salerno e a causa del trasloco non so dirvi con sicurezza quando torneranno le rubriche, ma di una cosa sono certo, torneranno.

Questo mese tuttavia segna anche un altro momento decisivo per la mia vita, infatti, nel dicembre 2007 entrò a far parte del mio mondo Giovy, cambiandolo in meglio. A questo anniversario è dedicato il Racconto Breve di questa settimana con cui voglio augurarvi i miei auguri per queste feste.

Ma adesso basta con le chiacchiere e vi saluto, sperando di ritrovarvi tutti a Gennaio, e quando dico tutti intendo tutti anche colui con cui in questi giorni ho avuto delle grane.

N.B. Prima di lasciarvi vi ricordo l’ultimo week end con Il mondo espanso dei romanzi gay che si aprirà con un intervista ESCLUSIVA a Insy Loan.

A presto e buone feste a tutti

Fra’


Racconti Brevi



Anniversario

L’alba rischiarava l’orizzonte e così, dopo una notte di attesa, andai sul ponte della nave per fumare la prima sigaretta del giorno, seppur il giorno prima di fatto non s’era concluso. Non avevo chiuso occhio a causa della voglia di riabbracciare, o meglio abbracciare per la prima volta, quel ragazzo che ho imparato ad amare a distanza e che mi è stato più vicino di molti altri che, seppur fisicamente accanto a me, erano distanti anni luce.

Salito sul ponte, restai affascinato da ciò che i primi raggi di sole stavano illuminando. Ne avevo tanto sentito parlare e tutti dicevano che era bellissimo, ma mai avrei immaginato che il Golfo di Napoli fosse uno scenario da lasciare mozzafiato. Più la nave si avvicinava verso la terra del Vesuvio, più l’attesa diventava insostenibile. Mi sedetti cercando di godermi la sigaretta e senza neppure rendermene conto, con la mente tornai a quel dicembre in cui, quel ragazzo dai tratti dolci e delicati, ma mascolini allo stesso tempo, mi accompagnava nelle giornate. Prima semplici commenti, poi messaggi privati e infine il suo gesto spregiudicato: “Se anche la prossima foto che metterai sarà bella, ti lascio il mio indirizzo MSN” che mi spinse , senza nemmeno sentirmelo dire due volte, a cambiare la foto sul mio myspace.

Lunghe chiacchierate, ore e ore di pensieri condivisi e intanto, in maniera quasi inspiegabile, mi sentivo sempre più legato a lui. Lo sentivo vicino a me, riuscivo a sentire la sua essenza accanto.



Il sole ormai era completamente sorto e il molo ormai era prossimo ad essere raggiunto e così decisi di rientrare dentro e prendere tutte le mie cose. L’ansia ormai non era più controllabile. Presi la mia valigia e il mio borsone e mi incamminai verso le scale che mi avrebbero portato al portellone. Mi appoggiai alla finestra e ripresi a guardare l’orizzonte, la città era più vicina che mai, e senza rendermene conto ritornai a ricordare i mesi passati.

Il Natale era prossimo e, seppur a distanza, nasceva un sentimento forte, inspiegabile, incontrollabile, ma che mi faceva sentire vivo come forse mai m’ero sentito. Gli auguri fatti via computer, telefonate inaspettate segnate da imbarazzi, da voci impostate, da risate isteriche che non controllavano la felicità. Più la distanza geografica era forte, più la distanza delle nostre anime era minima.

A gennaio poi arrivò il suo compleanno e benché lui fosse lì e io qui, non rinunciai di festeggiarlo assieme e così, dopo aver acceso la CAM, gli dissi di attendere due minuti per poi tornare di fronte a lui con un dolcino farcito con due candeline accese e cantando “tanti auguri”. Di solito non sono così tenero, anzi sono burbero e pure scontroso e mi imbarazzo facilmente, però in quel caso, me ne fregai di sembrare uno stupido, non ai suoi occhi, ma a quelli delle mie sorelle che erano in camera con me e che guardavano la tv. Le sue lacrime di gioia, mi fecero dimenticare l’imbarazzo e i risolini delle due.

Giorno dopo giorno io mi sentivo suo e lui si sentiva mio, anche se intorno a noi rimanevano vive le rispettive quotidianità che si divertivano a mettere i bastoni fra le ruote. Ci avvicinavamo sempre più perché quando i legami sono forti neppure i giochi di amiche non amiche e i versi di qualche cantore di versi sterili, riescono a distruggere quello che è destinato ad essere, e così arrivò quella parola, così semplice, ma così difficile da dire: Ti amo. Non lo dicevo da tanto tempo, e forse non lo avevo mai detto prima con quella intensità, con quel desiderio, con quell’ amore.

Pasqua era passata e così salii su quella nave che ormai aveva arrestato il suo lungo tragitto. Ancora pochi minuti e poi sarei stato con lui. Seppure nei 5 mesi precedenti ogni giorno lo passavamo assieme, ci mancava il camminare assieme, calpestare la stessa strada, vedere le stesse cose, respirare i stessi profumi.

Sceso dalla nave mi trovai con i piedi per terra. Non c’era nessuno di fronte alla nave. Mi assalì la paura: “Ora che faccio? Non c’è!” Ero lì fermo con la mia valigia, avvolto nel mio cappotto a tre quarti di pelle color whisky, mentre con lo sguardo mi guardavo attorno. Poi notai che le persone che avevano condiviso con me il viaggio, camminavano come formiche verso una porticina sulla sinistra. “Che scemo, è vietato l’accesso diretto alle navi. Su! Cammina scemo” e facendo un lungo sospiro, iniziai a camminare. Quando fui prossimo a varcare la porticina, lo vidi lì, con una gamba alzata e appoggiata al muro e con le mani in tasta. Il viso arrossato, forse dal freddo. Ero certo che non mi avrebbe lasciato lì, seppur il panico che sempre mi prende in certi casi, mi aveva fatto venire una paura stupida. Mi avvicinai a lui che vedendomi non si scompose di un centimetro a causa dell’emozione. Mi avvicinai a lui e gli dissi: “Questa è per te” e gli porsi la cassata siciliana che fui costretto a portare da mia madre, al che lui mi strinse fra le braccia e finalmente sentii il suo profumo e mi sentii a casa.

Chi lo avrebbe detto mai che quel dicembre avrebbe segnato l’inizio di un nuovo mondo che poi sarebbe diventato il mondo migliore in cui vivere?

Buon Anniversario Giovy

Tuo

Fra’