La tv riesce a rappresentare la comunità LGBT?
A cura di
Francesco Sansone
Grafica di
Giovanni Trapani
“Credo
che la Tv stia ancora lavorando di marketing in stile BENETTON: mettiamoci un
po' di tutto per far sentire rappresentate anche le minoranze. Ma in realtà la
società ha un'armonia che la Tv proprio non riesce a emulare. Il pubblico LGBT
è ancora un riempitivo, quando non è, raramente, protagonista. È ancora un
genere di nicchia, non riesce a imporsi come un aspetto commerciale del
panorama d'intrattenimento. Anche nel cinema lo si vede chiaramente: i
personaggi omosessuali non sono pezzi di un puzzle variegato, ma sembrano più
che altro cameo ridicoli. Poi ci sono i casi in cui la fanno da padrone:
tuttavia, il genere è quasi sempre drammatico.”
Risponde così Pierpaolo Mandetta, blogger e scrittore, autore dei libri ‘Aperti di notte’ e ‘Cuore Satellite’, alla mia domanda “pensi
che la tv rappresenti la comunità LGBT in maniera differente rispetto al
passato, oppure non è cambiato nulla?”
È indubbio che in
questo primo scorcio di stagione, la tv ha aperto le sue tre pareti alle
persone gay, lesbiche e transessuali: da Pechino
Express al Grande Fratello, dai contenitori d’infotainment ai talk show
politici, passando per i docu - show di Real
time alle fiction nostrane, abbiamo assistito a un’apertura alle tematiche
LGBT notevole.
Ma che impressione si ha da casa di questo, passatemi il
termine, utilizzo di gay, lesbiche e trans gender?
“Non sono mai stato un grande fan
del ‘personaggio gay’ nei programmi tv, perché si tende (soprattutto in Italia,
ahimè) a ‘colorare’ il programma con personaggi che poco o nulla hanno a che
fare con l'ambiente LGBTQ: mi viene in mente il recente Malgioglio opinionista
al Grande Fratello, per far un
esempio. Insomma, ancora oggi la tv impone il modello del ‘gay = effemminato’
che tanto fa ridere le casalinghe che guardano i programmi del cosiddetto
approfondimento di cronaca pomeridiano.”
Mi risponde, invece, il blogger Jimi Paradise dell’omonimo blog di gossip, e devo dire che il suo discorso non è
del tutto sbagliato. Se consideriamo la tipologia di persone scelte nella tv
generalista sia ha sempre l’impressione che si cerchi una maschera un po’ sopra
le righe e con atteggiamenti e linguaggio divertenti e buffi. Facendo
una carrellata fra i nomi più noti, tralasciando i vari concorrenti dei
reality, troviamo, e non me ne vogliano, Cristiano
Malgioglio, Leopordo Mastelloni e Alfonso Signorini che, benché personaggi
di grande cultura e grande ingegno, danno l’impressione che il gay sia una sorta
di giullare di corte acuto, talvolta salace, e giocherellone.
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“Bisogna fare una distinzione tra la rappresentazione delle persone LGBT
in TV e la presenza di persone LGBT nei programmi.” - Mi risponde, invece,
Leonardo Pace, vicepresidente dell’associazione I mondi diversi No profit e attore - “Come avviene per il corpo delle donne, è
purtroppo vero che nella maggior parte dei casi l'immagine restituita dalla
televisione cavalca stereotipi, pregiudizi e morbosità di facile presa sul
pubblico per solleticarne la curiosità più che l'interesse e la riflessione.
Come accennavo prima, è opportuno però fare una precisazione sulla presenza di
gay, lesbiche, transessuali nei programmi: parliamo di persone che scelgono di
esserci. Dobbiamo smettere di considerare gli altri come fossero sempre pedine
di meccanismi occulti e di attribuire una valenza rappresentativa a chiunque
sceglie di apparire in televisione. Ogni persona è un caso a sé e rappresenta
solo se stessa. Le persone LGBT che accettano di andare in TV e di raccontarsi
sono consapevoli (e se non lo sono è un loro problema, non della collettività)
delle opportunità e dei rischi derivanti dalla visibilità mediatica e il modo
in cui si raccontano e si presentano riguarda solo loro, non deve essere
necessariamente proiettato genericamente su tutte e tutti noi. In sostanza, su
questo non è giusto esprimere un giudizio in assoluto negativo o positivo,
occorre valutare caso per caso e le singole persone, non intere realtà che una
singola testimonianza non può rappresentare compiutamente. È in questo che la
TV rischia di diventare un tritacarne, quando tenta di far passare il
particolare per l'universale a fini di audience o per sostenere tesi
ideologiche. È anche vero
però che sono sempre più numerosi i casi in cui viene offerta una
rappresentazione realistica e corretta dei vissuti delle persone LGBT e questo
cambiamento, che notiamo soprattutto nelle produzioni estere, ha contribuito e
contribuisce in modo determinante a tenere viva l'attenzione sulle condizioni e
sulle rivendicazioni della nostra collettività.” E anche questo è vero. Proprio negli ultimi anni, la nascita
delle tv tematiche ha permesso di importare prodotti esteri che presentano il
mondo LGBT in una maniera del tutto innovativa per il nostro Paese e il fatto
che canali come Real Time abbiamo
scelto di seguire questi esempi è il sintomo che un’altra tv è possibile anche
in Italia.
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Tuttavia c’è da dire che anche la
serialità ha permesso di conoscere la realtà omosessuale in maniera diversa da
come raccontata dai programmi della tv generalista. Non è il caso delle fiction
italiana dove, salvo alcune rare eccezioni come Il bello delle donne, Mio
figlio, Le cose che restano e Una grande famiglia, si finisce sempre
per far passare il messaggio che l’essere gay/lesbica sia una scelta e l’andare a letto con una donna/un uomo è un passo quasi naturale. Per vedere l’omosessualità raccontata nella normalità senza
esasperazioni bisogna, quindi, rivolgersi alle serie tv importate dall’estero, anche se crea disagi fra i benpensanti nostrani. Basti
pensare che, per la tranquillità con cui mostrava le scene d’amore fra due
ragazzi gay, ‘Fisica e Chimica’ è
stata cancellata a due stagioni dalla fine dai nostri teleschermi, o a come ‘Queer As Folk UK’ fu bloccata
dall’epoca Ministro delle comunicazioni Maurizio
Gasparri, quando La7 voleva
trasmetterla. “Nelle serie
d’oltreoceano abbiamo personaggi omosessuali "maturi" o perlomeno
diversi dal solito canone: si è superato, insomma, il gay alla Will&Grace che fa ridere o quello
tutto sesso di Queer as folk. Questo
non vuol dire che tutto ciò sia necessariamente positivo: avere un personaggio
gay (già mi irrita che esista il termine) per rispondere alle spinte del
pubblico mi fa molta tristezza! Nella finzione, come nella vita vera, dovrebbe
importare poco la tua sessualità, quanto invece il talento, la capacità, il
magnetismo della persona.” Concludere Jimi Paradise.
Insomma, dopo aver analizzato la tv
non si può non pensare che nella generalista le cose non siano cambiate di molto rispetto a dieci anni fa e che le novità sono date dalle serie straniere e dalle tv tematiche che con programmi della durata di un'ora circa, riesce a raccontare più di quanto fanno show maratona in cui le maschere la fanno da padrona e i contenuti sono discutibili come i toni usati dai personaggi invitati.
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