Per Il Giornale la legge Cirinnà è un flop perché sono state celebrate solo 12 unioni
A cura di Francesco Sansone
Grafica di Giovanni Trapani
Grafica di Giovanni Trapani
«Sembrava un’emergenza per il Paese: ecco i numeri dopo due
mesi. Prenotate poche centinaia di coppie. È entrata in Senato a ottobre
2014, ne è uscita come legge il 12 maggio 2015 sotto le campane a festa del PD e
della madrina del testo, la senatrice del PD Monica Cirinnà, che aveva definito
la giornata una «svolta storica» per i diritti del Paese.»
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Sono questi i toni
usati da Lodovica Bulian, giornalista che ha firmato il pezzo pubblicato sul sito de Il Giornale, per commentare come, a due mesi dall'approvazione della
legge, sono state celebrate soltanto 12 unioni civili, riportando i dati resi pubblici da
Panorama e facendo una lista delle città in cui le coppie gay hanno già sfruttato
la legge per vedere riconosciuto il loro amore. Peccato che la Bulian e
Panorama si siano fermati a Bologna, Napoli, Torino, Firenze, non menzionando
Bari, Palermo e tutte le altre città in cui in questi giorni si sono svolte le
unioni.
Tuttavia, dopo questa lista atta a dimostrare che non ci
fosse un’urgenza per questa legge, la giornalista ha avuto l’onestà
intellettuale di riconoscere che solo a
luglio è arrivata la norma che fornisce le linee guide ai sindaci su come muoversi
in tal senso:
«Va detto – scrive la Bulian – che la legge è entrata in vigore due mesi fa, ma solo il 29 luglio è arrivato il decreto attuativo ponte che ha dato effettivamente via libera alla nuova procedura.»
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Ora, non vorrei soffermarmi sui numeri, perché in questo caso
sarebbe limitativo come lo sono per natura le statistiche, ma vorrei basarmi
sui fatti. Premettendo che le unioni gay non si possano chiamare nozze, che non
possono e non devono essere equiparate ai matrimoni eterosessuali e tutto
quello che gli amici de Il Giornale
vogliono, credo che, anche se si tratta di qualcosa visto come qualcosa di
serie b, anche le coppie omosessuali vogliano procedere per gradi e magari
organizzare un’unione indimenticabile.
Uno potrebbe dire che ciò che conta è la
cerimonia, vero, però questo vale anche per le coppie etero, ma, nonostante tutto, una parte importante lo ha il valore simbolico del giorno stesso: il
festeggiare assieme agli amici e ai parenti - laddove possibile, perché non
dimentichiamoci che non tutti i genitori mantengono i rapporti con i figli una
volta scoperto che sono gay - è qualcosa a cui nessuno, o quasi, vuole rinunciare. Poi non dimentichiamo che non tutti i gay sono ricchi e magari per
un semplice giorno da festeggiare hanno bisogno di più tempo per mettere da
parte il denaro per un abito, un ristornate, un presente da donare agli invitati
per ringraziarli di aver condiviso con loro quella felicità.
Poi c’è anche un altro aspetto che non può essere
dimenticato: fino a ieri le unioni gay erano un sogno, restato irrealizzato per
tutti coloro che sono arrivati al 12 maggio 2016, e non tutti erano pronti a
questo.
Inoltre, perché nella vita non tutti vogliono essere
fenomeni da baraccone, magari c’è anche chi vuole aspettare che il voyeurismo
attorno alla questione scemi, per concedersi una cerimonia intima senza che
nessun giornale ne parli a proprio uso e consumo.
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Per questo il
decantato fallimento sa tanto di tentativo per sminuire, ancora una volta, l’amore
fra persone dello stesso sesso, dimostrando che il clima che vige nel Paese,
alla faccia di coloro che affermano che l’Italia non è omofoba, non è per nulla
propenso al rispetto delle alterità. Chi lo dice può anche illudersi, ma le
parole hanno un significato e un significante che non possono essere ignorati.
Il significato del termine flop è ben chiaro come lo è il significante derisorio di
tutto ciò a cui è stato accompagnato.
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