“Siamo tristemente omofobi” – Veronica Pivetti parla di omosessualità e di come è vista in Italia
A cura di
Francesco Sansone
Grafica di
Giovanni Trapani
Chi come
me è cresciuto alla fine degli anni ’80 e i primi anni ’90, sicuramente la
ricorda come una delle voci dei cartoni animati doppiati a Milano e trasmessi sulle reti Mediaset: da Jean in ‘D’Artagnan e i moschettieri del re’ a Edward in ‘Milly un giorno
dopo l’altro’, passando per la Regina
Periglia nella prima serie di ‘SailorMoon’ e Crili in 'Dragon Ball'
Poi sono arrivati il teatro, i libri, i film, le fiction e i programmi tv che hanno
permesso di conoscere ancora di più le sue capacità di artista a tutto tondo.
Adesso
debutta come regista e lo fa portando nelle sale ‘Né Giulietta né Romeo’, un delicato film incentrato sul coming out
di un ragazzino con la famiglia e che porterà tutti i protagonisti a fare i
conti con una realtà, quella omosessuale, fino a quel momento vista come una
cosa lontana. Nel film, la Pivetti interpreta anche il ruolo della madre di
Rocco e si dice “estremamente soddisfatta”
del suo lavoro.
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Nell’intervista
rilasciata a ‘Lettera Donna’, al
perché abbia voluto affrontare il tema dell’omosessualità, risponde: “È un argomento
molto discusso ma per nulla digerito ed è quello che succede spesso in questo
Paese. Questo tema va ancora sviscerato, nel senso che se io avessi fatto un
film d’amore eterosessuale nessuno mi avrebbe fatto questa domanda perché siamo
tutti più abituati e pronti ad accogliere una storia tra un uomo e una donna.
Quello che tratto sotto forma di commedia è ancora un argomento tabù.”
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E sul rapporto fra omosessualità e Italia dice: “Se l’argomento fa scalpore e crea curiosità vuol dire che il tema non
è poi ancora cosi metabolizzato come in teoria si dice. Ci fingiamo una nazione
aperta e progressista ma siamo tristemente omofobi e del tutto impreparati. Bisognerebbe
permettere alla gente di essere libera e di poter esprimere la propria identità
sessuale senza un atteggiamento coercitivo che hanno Stato, Chiesa, scuola e
famiglia. Tutti quei capisaldi che, in teoria, sarebbero i nostri punti di
riferimento ma che invece ci impediscono di esprimerci come vorremmo.”
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