L'ex monsignor Charamsa torna a parlare della scelta che gli ha cambiato la vita e sulla chiesa dice...
A cura di Francesco Sansone
Grafica di Giovanni Trapani
Grafica di Giovanni Trapani
Krzysztof Charamsa nel 2015 finì agli oneri della cronaca sia per la scelta di dichiarare pubblicamente la sua omosessualità sia per aver
ammesso di vivere da tempo una storia con un altro uomo. Da quel giorno sono
successe molte cose:è stato espulso dall’ordine sacerdotale, ha iniziato a
vivere la sua vita serenamente e ha dato alle stampe il suo primo libro, La
prima pietra, in cui racconta la sua esperienza personale.
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Intervistato dal
sito spagnolo Shangay, l’ex monsignore
ha spiegato che il libro fa parte del suo percorso di coming out:
«Credo che nella mia posizione avevo la necessità personale e di condividere la mia esperienza ma anche il dovere
morale di testimoniare che un’istituzione come la Chiesa cattolica agisce come
un'istituzione strutturalmente omofoba, timorosa delle minoranze sessuali, che
non conosce e non si preoccupa di conoscere. […] Questo libro è parte del mio
coming out. Quando si esce allo scoperto, è necessario fare rumore per sbarazzarsi
della negatività e del senso di colpa che si è accumulato dentro.»
Quando il
giornalista gli ha chiesto perché abbia
scelto di intraprendere la carriera sacerdotale, pur sapendo l’ostilità della
chiesa verso le persone LGBT, Charamsa
ha risposto:
«Vivevo in un ambiente che mi ha convinto che
questo (l’omosessualità, ndb) era qualcosa di innaturale. Avevo paura dei miei
stessi sentimenti». Una condizione che lo indotto a essere omofobo, sebbene non
nella maniera di che perseguita i gay «ma come uno che nega la propria
omosessualità.».
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L’ex monsignore,
però, ha tenuto a precisare che la scelta di farsi prete non è stata dettata
dalla paura di vivere la sua omosessualità, ma da una sincera vocazione:
«Credo che molti gay - con la nostra sensibilità, il nostro altruismo,
con la nostra esperienza del dolore, della sofferenza- sarebbero dei sacerdoti
fantastici.» ha detto, ammettendo che già esistono preti
gay che svolgono bene il loro compito, e sono quelli che «non sono omofobi e non odiano se stessi», perché chi cova questi
sentimenti dentro può creare problemi anche agli altri in quanto, conclude, «l’omofobia dei gay è qualcosa di pericolosa.»
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