Valentina Del Pizzo e il suo programma elettorale a sostegno dei diritti LGBT
#IGBA2015
E' iniziata la fase finale degli Italian Gay Bloggers Awards 2015. Anche quest'anno Il mio mondo espanso è in concorso nella categoria "Attualità e news" per votarlo clicca qui.
Rubrica: Francesco Sansone
Grafica: Giovanni Trapani
Si torna a parlare di politica e omosessualità, ma questa volta con una diretta interessata. Di seguito potrete leggere l'intervista che Valentina Del Pizzo, candidata al Consiglio Regionale della Campania, con la lista "Sinistra al lavoro per la Campania", che nel suo programma elettorale si occupa anche di diritti LGBT, ha rilasciato a Il mio mondo espanso.
Valentina, cosa ti ha spinto a scendere
in politica e che contributo vorresti dare alla città di Battipaglia, al cui Consiglio Regionale ti stai candidando?
Alla luce del mio bagaglio di esperienze, d’impegno sul territorio
e della mie battaglie sia in ambito culturale, attraverso l’associazione
battipagliese Aut-Aut, come socia di Legambiente, ma soprattutto come
archeologa ed esperta in beni culturali e del territorio, ho maturato l’idea di
candidarmi al consiglio regionale: sono convinta di poter offrire un
contributo notevole e un approccio scientifico alle questioni riguardanti
la pianificazione territoriale, il consumo del suolo, i beni culturali,
paesaggistici, il rilancio turistico, la scuola, il diritto allo studio, i
diritti delle donne, la parità di genere, gli interventi per debellare il
fenomeno diffuso della violenza sulle donne, i diritti LGBT e i diritti della
componente straniera. Sono solo alcuni dei temi del mio programma, che ruotano
intorno ad un unico perno: porre al centro dell’agenda politica la persona
nelle sue molteplici espressioni e formazioni umane, sia quelle che si situano
in ambienti specifici e che sono parte integrante dell’uomo in quanto uomo, sia
quelle liberamente scelte, il cui diritto va difeso contro la pretesa di coloro
che fanno del proprio sistema di valori dei sistemi assoluti. È su questa
centralità che deve muoversi la possibilità di un dialogo con tutte le forze
politiche. Senza polemiche sterili, ma con l’idea in testa che solo una forma
di governo e una democrazia più ampia, impostata sul confronto pubblico, come
osserva Amathya Sen, può favorire uno sviluppo della società in cui la
maggioranza prende in considerazione le diversità e le minoranze. Che è poi ciò
che propone lo stesso Statuto
della Regione Campania all’art.
1.
Lo trovi qui |
Ti ho voluto intervistare perché fra i punti del tuo
programma ce n’è anche uno che riguarda i diritti LGBT. Ci spieghi perché per
te è importante contribuire alla battaglia di molti uomini e donne che ancora
oggi non godono di quei diritti che uno Stato civile e democratico come il
nostro dovrebbe garantire?
Per rispondere a questa domanda è necessario che faccia
riferimento alla mia esperienza personale. Tra i miei diversi impegni per la
difesa dei diritti della componente LGBT, primeggia la rassegna di letteratura
gay, lesbica e trans svoltasi a Battipaglia dal 2011 (prima edizione) al 2012
(seconda edizione) e nel 2013 a Paestum (terza edizione). La rassegna venne
ideata e curata dal giornalista Pasquale Quaranta, in collaborazione con
l’associazione culturale di Battipaglia Aut-Aut, di cui sono presidente, il
circolo di Legambiente battipagliese Vento in faccia e la Commissione Pari
Opportunità del Comune. Inoltre con il circolo di Legambiente Paestum, con cui
collaboro (attualmente sono coordinatrice dei circoli della Provincia di
Salerno), abbiamo reso l’oasi dunale di Paestum, da noi curata, Ia prima
spiaggia Gay
Friendly della
nostra Regione. Perché ti ho elencato alcune delle mie esperienze? Non per
attribuirmi il merito, bensì perché il riconoscimento dei diritti, per me, è un
fatto naturale, spontaneo. Al punto tale che la stessa discussione sui diritti
LGBT, sul diritto di cittadinanza delle coppie omosessuali e delle famiglie
omogenitoriali risulta essere banale in se stessa o quanto meno mal posta. In
primo luogo, è assurdo pensare che si possano ancora sollevare opinioni e punti
di vista contro questo diritto e farle passare come legittime in un contesto di
confronto democratico. È come dire: poiché siamo in un contesto democratico
sono libero di esprimere la mia opinione a favore del razzismo e negare i
diritti ai neri. In secondo luogo, sono dell’avviso che neppure una
spiaggia Gay
Friendly avrebbe
senso alcuno, se purtroppo, non fosse ancora necessario ad una minoranza, come
quella LGBT,
battersi per il riconoscimento e l’inclusività sociale e civile. Si tratta di
un modo di stare al mondo che non solo va riconosciuto, ma ha il diritto di
essere riconosciuto. Il disconoscimento, le illibertà diffuse sono
“antidemocrazia” che arrestano lo sviluppo e la crescita della società.
Benché Napoli sia stato uno dei primi capoluoghi di
provincia a istituire un registro delle unioni civili, a livello nazionale, come dicevamo, non c’è
nulla che tuteli le persone LGBTQ. Da politica ci dai una spiegazione valida
che ci spieghi il motivo del perché il parlamento non segua l’esempio della
maggior parte dei Paesi europei?
Più che come politica, preferisco parlare a nome della donna che
è, per così dire, dietro alla figura politica e la “informa”. Ed è come donna
che forma la propria personalità in un certo modo e secondo una certa visione
del mondo (una visione aperta, molteplice ed attiva) che mi sono fatta un’idea
dei motivi sottesi a queste carenze e vuoti legislativi in Italia e rispondere
così alla tua domanda. Prendiamo il caso di una dichiarazione rilasciata su un
quotidiano locale dal consigliere comunale di Salerno, qualche settimana fa, in
occasione della manifestazione delle famiglie arcobaleno a Salerno, svoltasi il
3 maggio scorso. Nella dichiarazione costui sosteneva e cito: "la pretesa di modificare il modello familiare con la
cancellazione delle diversità e dell’ordine naturale tocca le coscienze di
tutti e non si assolve con la presenza della fascia tricolore, come per la
manifestazione del 3 maggio, né i diritti devono assomigliare alla loro
caricatura". Innanzitutto
va osservato che sostenere che la partecipazione delle autorità, la
manifestazione pubblica e la "pretesa" di un riconoscimento civile e
legislativo sia una caricatura dei diritti è come dire che Martin Luther King o
Nelson Mandela hanno sbagliato su tutto. Ma la storia ci mostra qualcosa di
diverso. Quel che è peggio, tuttavia, è il fatto che proprio da coloro che ci
governano manca una reale conoscenza delle situazioni di fatto, una certa
sensibilità, il desiderio sincero di confrontarsi e dialogare. Così facendo si
finisce, però, di negare un certo rapporto di trasparenza tra le famiglie
arcobaleno, ad esempio, che versano ancora in una specie di clandestinità, e le
istituzioni, creando un corto circuito e un divario tra una situazione di fatto
e lo Stato.
Eppure, da un sondaggio del 2014, il 52% della
popolazione è a favore dei matrimoni
gay. Perché l’opinione pubblica non viene presa in considerazione su questo
aspetto? Non credo di sbagliare nel dire che anche questo allontani la gente
dalla politica. A te la parola…
Non sono pienamente d’accordo sull’idea che l’opinione pubblica
italiana sia effettivamente disponibile all’idea di matrimonio tra persone
dello stesso sesso o sulle adozioni di bambini da parte delle coppie
omosessuali. Anzi, dall’indagine effettuata in Italia, soprattutto dopo il
referendum in Irlanda, è emerso che, sì, molti sono favorevoli alle coppie di
fatto, ma non a quei diritti che ho appena elencato. Come si spiega questa
diffusa reticenza? Per tornare alla dichiarazione che ho menzionato prima, ciò
che mi colpisce maggiormente è la convinzione da molti condivisa che modificare
il modello familiare sia paragonato alla cancellazione di un certo “ordine
naturale”. Non si tratta solamente di natura biologica. C’è di fondo l’idea che
ci sia un ordine di valori precostituito, assoluto, immutabile e indipendente
dalle nostre capacità deliberative e di produzione del ragionamento. Non so se
riesco a spiegarmi. L’ordine naturale è inteso come un sistema (per i credenti
un progetto divino originario) mediante il quale tutti gli uomini devono
interpretare se stessi e dal quale attingere e dedurre i criteri cui adeguare i
loro comportamenti. Fuori da quest’ordine l’uomo non esiste, o quanto meno non
può dirsi uomo: chi è fuori è contro natura. Questa visione non solo
appiattisce la ricchezza delle diversità, ma strumentalizza le nostre stessa
capacità di ragionamento (la nostra riflessione vale solo se scopre valori già
dati una volta e per sempre), la nostra capacità creativa (di inventarsi sempre
nuovi sistemi e mondi diversi) e la possibilità di confronto e dialogo (che
muova proprio dal riconoscimento di queste diversità). Questo sistema, a mio
avviso, è un sistema tranquillizzante. Si predilige una visione fissa e statica
dell’uomo, perché si vuole evitare la fatica che comporta l’idea di uomo come
sistema mobile e aperto, dove la responsabilità della costruzione del proprio
sé è posta completamente nelle sue mani. Si preferisce un sistema in cui le
nostre capacità decisionali vengano delegate alla tutela di altri (che può
essere lo Stato, Dio, la Natura). Si predilige un sistema di valori sicuri e
ancorati “in cielo”, perché si teme e ci si scandalizza della molteplicità,
della diversità che derivano dall’idea di uomo che deve formare se stesso e costruire
i propri valori, per così dire, da zero, mediante il confronto, il dialogo, lo
scontro. Si predilige, infine, un concetto monolitico, rassicurante e normativo
di famiglia (la famiglia cosiddetta eteronormativa), anziché le diverse
formazioni storiche della stessa, che da sempre si esprimono secondo modelli
diversi. È difficile abbandonare quest’ordine naturale. Ma è un ordine che
sempre di più si scolla dalla realtà, palesemente diversificata. Chi si ancora
a questo sistema assoluto, allora, reagisce in due modi. La prima reazione è
quella di negare ciò che è diverso, secondo la logica del “ciò che non si dice,
non esiste”: perché questo mi fa stare più tranquilla e pratico una certa
indifferenza nei riguardi della componente LGBT. Anzi, spesso ho il sospetto
che coloro stessi che dicono di voler difendere i diritti LGBT, sperano, in
cuor loro, che le istanze che propinano non si realizzino mai, che non vengano
prese sul serio, perché rischierebbero di minare quel sistema sicuro di cui
essi stessi si nutrono e che ingrassa i loro ventri
da élite intellettuale. La seconda reazione è quella di cedere
alla logica della discriminazione e aggressione violenta sia fisica che
verbale. Poiché, di fatto, la diversità non si può negare, ma io l’ho sempre
dinanzi a me e temo che corroda il mio sistema sicuro, allora io inveisco su
di essa, discreditandola, dichiarando disvalore le istanze che essa
solleva, oppure aggredendola fisicamente. Come sostiene Slavoj Žižek: è il
sistema che genera i suoi mostri.
Continua sotto...
Adesso anche in ebook. Qui |
Fra le proposte presenti nel tuo programma ci sono la
promozione di campagne di informazione, di sensibilizzazione e di monitoraggio.
Ci spieghi meglio questo aspetto?
È questo penso il primo passo che una politica che vuole veramente
prendere in considerazione i diritti LGBT deve portare avanti. In breve: da
quello che ho detto prima, sembra che qui manchi proprio l’ABC. Come osservo
nel mio programma, è necessario porsi due finalità: innanzitutto, conoscitive:
conoscere le condizioni di vita delle persone LGBT, evidenziandone i bisogni
per orientare le azioni e gli interventi; analizzare la percezione sociale
dell'omosessualità e della transessualità per impostare azioni di
sensibilizzazione e cambiamento culturale e, insieme, operative: sviluppare
politiche di inclusione sociale delle persone omosessuali e transessuali e
contribuire alla diffusione di buone prassi sul territorio cittadino. Che è poi
quello su cui fanno leva le associazioni che, in merito, operano sul
territorio. Non sarebbe improprio istituire tra costoro e tra le istituzioni
politiche, enti scolastici, ospedalieri, le ASL dei veri e propri protocolli
d’intesa.
Un altro aspetto su cui una parte della politica si scaglia
è la possibilità di concedere l’adozione a coppie gay, eppure in Italia
esistono già famiglie omogenitoriali e secondo gli studi presentati questi
bambini non hanno maggiori problemi rispetto a un figlio cresciuto da una
coppia etero. Sul tuo programma si parla anche di loro. Ci dici di più?
È evidente che quanto ho detto precedentemente vale anche per
questa domanda: se assumo la convinzione che ci sia un concetto di uomo e
persona precostituito, a nulla o a poco varrà il fatto, pur evidente, che le
esperienze delle famiglie con genitori omosessuali mostrano una realtà diversa
da quella ideologica. Queste esperienze diffuse insidiano l’ordito: fanno
emergere le contraddizioni di un’idea di educazione che, in fin dei conti,
prescinde ancora dai dati di fatto. Anche in questo caso molto si deve e si può
fare. A partire dalle scuole, dove ancora l’idea di famiglia che si propina ai
bambini è quella esclusivamente composta da una mamma e un papà e, non
raramente, le stesse insegnanti si trovano impreparate dinanzi a casi di
bambini che hanno due mamme o due papà. Il motivo? Si sa! Un bambino – si
afferma spesso – che cresce senza queste due figure, essenziali ad
un’educazione completa, diverrà una persona disturbata. Assurdo! Il primo
compito da svolgere è, innanzitutto, diffondere una cultura e un linguaggio
meno eterossessista, assumendo un punto di vista più aperto, più inclusivo.
Quando si parla di adozione, ad esempio, e di genitorialità bisogna sempre
focalizzarsi sulle qualità effettive dei genitori. Parlare di genitori più che
di coppie aiuta a sottolineare il significato che l’adozione acquista per i
bambini: la possibilità, cioè, di essere accuditi da genitori amorevoli. Non
basta affermare che le persone LGBT hanno il diritto ad avere un figlio, bensì
porre l’accento sul fatto che, costoro, in quanto potenziali buoni genitori,
sono in grado di offrire ai bambini quelle condizioni di cui necessitano per un
sano sviluppo psico-affettivo.
Per concludere, nel corso degli ultimi otto anni in campagna
elettorale si è parlato di diritti civili, ma poi a elezioni avventura, le
promesse elettorali sono rimaste tali e non sono state mantenute. Risultando un
po’ provocatorio, anche in quest’ondata elettorale c’è il rischio che si ripeta
lo stesso meccanismo?
Certamente questa domanda è, felicemente, provocatoria. Perché nella sua
provocazione mi permette di completare quanto ho osservato sul mio programma. È
vero, molto spesso, in campagna elettorale, sono state fatte promesse che poi
sono state disattese. Ma non voglio fare nessuna polemica. Abbiamo visto che la
situazione è difficile – almeno in Italia – e c’è ancora molto da fare. Per ciò
che mi concerne ritengo che proprio per questo “molto da fare”, una politica
sana sia quella che si muova a piccoli passi. Cosa voglio intendere? Non mi
riferisco certamente al fatto che, con la scusa dei piccoli passi, allora
dobbiamo assecondare una certa lentezza o non pretendere una legislazione in
merito. Anzi, detto tra di noi, sappiamo bene che ciò che si sta discutendo
attualmente e, cioè, la regolamentazione delle coppie di fatto, è ben poca cosa
rispetto ai diritti di cittadinanza che chiedono le famiglie arcobaleno. Per il
momento va bene. Ma ciò non toglie che la battaglia è ancora all’inizio e va
combattuta con forza e legittimità. Per piccoli passi intendo dire che, a
livello regionale, è necessario strutturare in maniera organica quella campagna
di informazione, sensibilizzazione e monitoraggio di cui si parlava. Perché si
creino dei protocolli di intesa tra associazioni, istituzioni e enti queste tre
azioni sono prioritarie e vanno effettuate a tutti i livelli. Come ho osservato
nel mio programma sono necessarie l’informazione e la sensibilizzazione
pubblica rivolta a tutta la popolazione; promuovere iniziative culturali
finalizzate a favorire il dialogo fra le differenze; operare la
sensibilizzazione, l’ausilio e la formazione per le famiglie con genitori
eterosessuali che spesso sono lasciate a se stesse e non posseggono strumenti
per affrontare la fase di autocomprensione e discernimento dei propri figli. Ma
la sensibilizzazione e la formazione deve essere rivolta anche al personale
delle Amministrazioni pubbliche, della Scuola, degli enti ospedalieri e delle
ASL (soprattutto circa la prevenzione). Insieme a queste realtà istituzionali
si devono promuovere attività educative e di contrasto all'omofobia rivolte ai
giovani, alle scuole e al mondo del lavoro; le iniziative per favorire
l'inclusione sociale e lavorativa delle persone transessuali/ transgender; e,
sempre attraverso la collaborazione con le Associazioni per valorizzarne le
attività, promuovere la formazione e sviluppare iniziative comuni: un lavoro di
rete con gli Enti locali, regionali, nazionali ed europei. Queste azioni devono
muoversi, da un lato, almeno inizialmente, con discrezione e, dall’altro, con
forza e decisione. C’è bisogno di un piano triennale o quinquennale che
usufruisca del ruolo di aiuto da parte degli operatori sociali e che dia
importanza ad una certa “lettura di genere” della condizione omosessuale, alla
necessità di includere le tematiche LGBT nelle manifestazioni culturali, che
ponga al centro il contesto scolastico e che faccia emergere il disagio sociale
delle famiglie omogenitoriali e, non ultimo, delle persone transessuali, nel
periodo della transizione.
RIMANI SEMPRE AGGIORNATO.
ISCRIVITI ALLA NUOVA PAGINA FACEBOOK
Nessun commento:
Posta un commento