Altri mondi - Intervista a Giulio Spatola
Rubrica: Francesco Sansone
Grafica: Giovanni Trapani
Foto: Gentile concessione di Giulio Spatola
Nella foto: Giulio Spatola |
Confesso che sono
particolarmente contento di ospitare Giulio Spatola su Il mio mondo espanso perché ho seguito e ammirato il suo percorso
da sempre e preparando questa intervista ho avuto modo di confermare l’idea di
un ragazzo in gamba, educato e determinato che avevo di lui. Pertanto vi invito
a leggere le sue parole con attenzione
per conoscerlo meglio.
Nella foto: Giulio Spatola |
Vincere MrGay Italia è stato qualcosa del tutto inaspettato in un periodo in cui la mia vita mi chiedeva che direzione prendere dopo la laurea. L’attivismo LGBT è stata la risposta per i 3 anni a venire ed è partito tutto proprio da quella fascia tricolore.
Del concorso ricordo la tensione
ma anche lo spirito di comunione che si era instaurato con gli altri
concorrenti. Ricordo Torre Del Lago, bellissima e vivace come sempre, il
supporto del mio ragazzo di allora, che viveva da quelle parti, e le lunghe
telefonate con i miei genitori che volevano essere aggiornati sui progressi. In
particolare ricordo che mia madre, la notte della finale, mi disse: “Io vado a
dormire ma tu, se vinci, chiamami immediatamente, anche se sono le 3 del
mattino!” e così è stato. Subito dopo la proclamazione sul palco ho afferrato
il telefono e chiamato i miei. La loro gioia, anche se a distanza, è qualcosa
che difficilmente ti dimentichi. E questo ci porta a livello personale del
significato della vittoria: per me è stato l’inizio del coinvolgimento diretto
della mia famiglia nell’attivismo LGBT.
Da quel momento in poi i miei
genitori hanno cambiato atteggiamento sul modo di vivere la mia omosessualità:
non più come una cosa semplicemente accettata da tenere entro le mura
domestiche, ma qualcosa di cui essere orgogliosi anche all’esterno
(specialmente quando tuo figlio è sulla prima pagina del giornale regionale e a
casa arrivano le telefonate dei colleghi di lavoro curiosi…). Ricordo che
qualcuno chiese a mio padre “ma è tuo figlio quello?” e lui, con serenità,
rispose “si, perché?”. Quel “si, perché” vale più della vittoria del titolo
stesso.
Il concorso è nato nel 1997, ma
non dico il falso se affermo che è con la tua vittoria che MrGay Italia ha
assunto una certa rilevanza mediatica e che il vincitore è diventato portavoce
della comunità LGBTQ. Per quale motivo
hai scelto di scendere in campo e mettere la tua faccia per sostenere i diritti
di tutti?
Correva voce che quell’anno il
concorso fosse patrocinato da Arcigay e che il vincitore avrebbe assunto il
ruolo di “paladino della visibilità gay”. Questa nuova doppia valenza del
titolo mi intrigava. Non è un segreto che ho una piccola ossessione per i
supereroi (con predilezione per Spiderman) e fantasticavo sull’idea di
diventare io stesso un piccolo eroe mediatico. Ricordo che ero colmo di
propositi ed iniziative: dal rappresentare una nuova visione dell’omosessuale,
quello della porta accanto non necessariamente macchietta da cliché televisivo,
al divulgatore di messaggi, come il primo che lanciai dal palco la notte stessa
che vinsi il titolo “venite fuori chiunque voi siate” (messaggio rivolto ai
personaggi dello spettacolo che ancora oggi mentono sulla loro vera
sessualità). Insomma, ero entusiasta ed euforico all’idea di diventare un simbolo
e un modello d’ispirazione per tutti quei giovani timorati dall’essere gay in
una nazione che non te la rende una cosa facile. Anche se non come avrei voluto
(avrei potuto fare molto di più se avessi ricevuto più supporto dalle
associazioni) so di esserci riuscito e quando rileggo alcune delle email di
persone che ho aiutato direttamente, anche solo con una chiacchierata virtuale,
non posso che sentirmi fiero di me stesso.
Come me, anche tu sei nato a
Palermo. Com’è stato la tua adolescenza nella nostra città?
Ho vissuto a Palermo per i primi
19 anni della mia vita ed ho bellissimi ricordi della mia famiglia, della mia
dolcissima infanzia e di pochi, ma buoni, amici. Purtroppo non posso dire
altrettanto della fase adolescenziale, quella subito precedente al mio trasferimento
a Roma e che ha come protagonista il turbolento periodo del mio coming out.
Come tutte le storie a lieto fine, la mia ha una fase colma di dolore e tristi
avvenimenti. Chi, vedendo la mia famiglia applaudirmi sul palco del Palermo
Pride 2012, ha pensato che siano sempre state “rose e fiori” per me, si
sbaglia. Io la serenità in casa me la sono conquistata con la persistenza, il
coraggio e la pazienza verso dei genitori la cui unica colpa era quella di “non
sapere”. Perciò i ricordi dei miei ultimi 4 anni a Palermo sono quelli che meno
tengo a ricordare ma che hanno fatto di me e della mia famiglia quello che siamo
oggi.
Nella foto: Giulio Spatola a Life |
Assolutamente si. Per me è stato
così e, come dicevo pocanzi, sono state la pazienza e la persistenza gli
strumenti di cui mi sono avvalso durante il lungo periodo di accettazione della
mia omosessualità da parte dei miei genitori. Armarsi di rabbia e comportarsi
con ostilità non aiuta, anche se è proprio ostilità che riceviamo in certi
casi. Fare coming out è un gesto di affermazione del proprio io e, seppur
necessario, visto dall’esterno è un atto “egoistico”. Per questo motivo credo
che una buona dose di pazienza sia dovuta. Se poi non funziona, se il nostro
interlocutore non intende aprirsi a riconsiderazioni, allora suggerisco di non
perdere altro tempo e lasciare le cose come stanno. Purtroppo non tutti i
genitori, e le persone in generale, sono disposti a cambiare il proprio parere
rispetto all’omosessualità, così come verso ogni altra forma di diversità. E’
una condizione generata dal fattore culturale: più profonde sono le radici e
meno facile sarà tagliare quelle obsolete.
Tracciamo un percorso dal 2010 a
oggi: 2010 vittoria a Mr Gay Italia, 2011 vittoria a Mr Gay Europa, 2012 -2014
assumi la vice presidenza del concorso Mr Gay Europa. Oggi ti ritieni “un
attivista in pensione precoce”, ma tutte queste esperienze che cosa ti hanno
insegnato e cosa ti hanno permesso di imparare?
È una bella domanda alla quale
non posso rispondere se non con qualche riserva personale. Mi limiterò a dirti
che dall’esperienza italiana ho imparato a cavarmela da solo nella situazione
in cui avevo un titolo da onorare e nessun supporto dall’esterno. Quel che ho
fatto con la fascia tricolore è stato limitato e limitante per il titolo stesso
(parlo soprattutto del tour in giro per le disco d’Italia – tanto divertimento
e poca sostanza). Conseguentemente ho imparato la disillusione.
Ben altra storia è stata il
titolo europeo. Oltre a viaggiare all’estero ed entrare in contatto con realtà
LGBT diverse dalla nostra, alcune peggiori (vedi in Romania) altre migliori
(vedi in Norvegia), quello che più ho imparato è stata l’importanza di esporsi
con ogni mezzo possibile: che sia un concorso di bellezza, una sit-com sul web,
uno spot in tv o un palco al termine di un Pride. La gente ha bisogno di
conoscere quella diversità di cui ha “paura” (con riferimento alla sua valenza
di fobia). E’ solo manifestandoci a pieno e alla luce del sole che abbatteremo
il muro di ignoranza che genera l’odio e la discriminazione. Una lezione che ho
messo in pratica con i titoli di MrGay e che ancora oggi mantengo semplicemente
vivendo la mia vita senza maschere, senza mai nascondere chi sono.
Nella foto: Giulio spatola in una scena della web serie Vicini |
Il mio coinvolgimento nel
progetto dell’UNAR nasce dalla commistione tra il mio impegno come attivista
LGBT e il mio background di studi cinematografici. E’ per questa ragione che
sono stato contattato per entrare a far parte del team di sceneggiatori (e
successivamente attori) di Vicini. Ricordo con estremo piacere che il gruppo
era formato prevalentemente da ragazzi e ragazze eterosessuali e l’ideazione
stessa delle varie puntate della serie ha insegnato a tutti qualcosa in più che
non sapevamo sulle discriminazioni in toto. Questo perché, nella fase appena
precedente quella della stesura della sceneggiatura, abbiamo ricevuto le visite
di personaggi rappresentativi delle varie forme di discriminazione che ci
accingevamo a trattare. E’ stata un’esperienza unica che, a mio parere,
andrebbe inserita nel programma didattico delle scuole.
Nella foto: Giulio Spatola nello spot del Dipartimento per le pari opportunità |
Campagne di sensibilizzazione
come quella alla quale ho partecipato sono sicuramente importanti in un Paese
come l’Italia, ma purtroppo non sono sufficienti. Serve più coazione e
collaborazione con le associazioni di riferimento. Un punto sul quale ho sempre
insistito è l’agire in prospettiva futura mirando alle basi della nostra
società, una sorta di “investimento sociale”, concentrando l’attenzione sulle
scuole e l’educazione. La nostra è una cultura molto rigida e conservatrice,
difficile da mutare su un individuo di età media, già formato e soggetto a
parametri di giudizio ben interiorizzati: quelle sono radici davvero difficili
da estirpare. Trovo più efficace assicurarsi che i più giovani ricevano una
“aggiornata” educazione: scevra da stereotipi, meno bigotta e più matura.
Negli ultimi giorni
sei protagonista del servizio fotografico di Graham Martin assieme a Stuart
Hatton Jr. Un progetto che credo di abbia coinvolto abbastanza. Ci racconti
qualche aneddoto legato al back stage?
L’idea di posare insieme a
Stuart è nata per caso durante una delle nostre amichevoli chiacchierate.
Entrambi appassionati di Supereroi (lui Superman, io Spiderman), abbiamo voluto
unire le forze per promuovere le nostre rispettive campagne sociali. Più
precisamente la campagna “So What?” di Stuart (MrGay World 2014) e “Heroes” da
me varata durante la reggenza della fascia europea. Il risultato finale è stato
molto ben accolto e ci ha dato grande soddisfazione. Personalmente credo molto
nel messaggio che entrambe le campagne promuovono tra i giovani: siamo gay e
non c’è nulla di male, perciò armiamoci di coraggio e amor proprio e usciamo
allo scoperto. Credo sia questo il valore più importante che un MrGay e
qualsiasi personaggio pubblico possa/debba trasmettere ai giovani: l’importanza
di fare coming out.
Per concludere ti faccio
una domanda che formulano spesso anche a me: se dovessi dare un consiglio a un
giovane ragazzo gay, cosa ti sentiresti di digli?
Colgo l’occasione di questa
domanda per citare uno dei miei monologhi preferiti nel cinema (persino chi non
mi conosce bene saprà facilmente indovinare di che film si tratta):
“[…] whatmakes life
valuableisthatitdoesn’t last forever, whatmakesitpreciousisthatitends. And I
knowthatnow more thanever. And I sayit, today of alldays, to remindusthatTIME
IS LUCK. So don’twasteit living someoneelse’s life. Makeyourscount for
something. Fight for whatmatters to you, no matterwhat. Becauseevenifwefall
short, whatbetter way isthereto live?”
“[…] quello
che più dà valore alla vita è che non dura per sempre, ciò che la rende
preziosa è che finisce. E io questo ora lo so più che mai. E ho scelto oggi per
ricordare a tutti noi che IL TEMPO E’ FORTUNA. Quindi non lo sprecate vivendo
la vita di qualcun altro. Utilizzate la vostra vita al meglio. Combattete per
ciò che vi sta a cuore, qualunque cosa sia. Perché anche se non ci riusciamo è
comunque il miglior modo di vivere.”
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