Onda Pride: la nuova frontiera dell’orgoglio gay italiano?
Rubrica: Francesco Sansone
Grafica: Giovanni Trapani
Ci troviamo in una situazione del tutto nuova, e anomala, per il nostro Paese ed è per questo che ho voluto chiedere ad alcuni amici di darmi la propria opinione in merito giusto per capirci un po’ di più.
Daniela Tomasino, Presidentessa Arcigay Palermo
Grafica: Giovanni Trapani
Da diverse ore è arrivata la
notizia che dopo una due giorni a Torino le diverse anime delle associazioni LGBT italiane hanno deciso che il 2014 non ha avrà un Gay Pride nazionale preferendo creare
un unico evento, l’Onda Pride, che unirà i diversi cortei regionali che
sfileranno in nome dell’orgoglio gay il 28 Giugno – fra questi quelli di Milano, Bologna, Napoli, Catania, Palermo e Sassari -. Roma,
però, non aderirà a questa formula, preferendo scendere per strada il 7 Luglio
e festeggiare il ventennale del primo Pride per i fatti suoi, così come Reggio
Calabria che ha scelto la data del 19 Giugno per il suo primo corteo dell’orgoglio
gay. Ovviamente tale decisione ha accesso gli animi di chi è favorevole
e di chi no.
Ci troviamo in una situazione del tutto nuova, e anomala, per il nostro Paese ed è per questo che ho voluto chiedere ad alcuni amici di darmi la propria opinione in merito giusto per capirci un po’ di più.
La domanda che ho formulato è
stata: “mi rilasci un commento sulla decisione di arcigay di
non fare un pride nazionale, ma organizzare un'onda pride?” Mentre il
Presidente di Arcigay Napoli, Antonello Sannino, mi ha risposto dicendo che “Non
ci sono ancora decisioni”, altri amici de Il
mio mondo espanso hanno avuto più parole in merito a questo tema e quelle
che seguono sono le loro risposte.
Marco Consiglio, conduttore radiofonico, vicepresidente di Quore Torino e responsabile del Gruppo Scuole Arcigay Torino.
Marco Consiglio, conduttore radiofonico, vicepresidente di Quore Torino e responsabile del Gruppo Scuole Arcigay Torino.
“Credo che
litigare su una festa e una manifestazione di orgoglio sia profondamente
stupido. Purtroppo dietro a ogni cosa cosa, Pride compreso, vi sono forti
interessi economici - politici (poi non si dica che il turismo gay sia
irrilevante). Ho sempre vissuto le settimane del pride come un modo per conoscere
la vita gay in altre città, per scambi culturali e confronti costruttivi, ma
capisco perfettamente la decisione dell'Onda Pride. Peccato che non sarà una
decisione condivisa da tutti (per quello che so Roma organizzerà la
manifestazione il 7 luglio) e allora mi chiedo, dove sta il senso di tutto ciò?”
Leonardo Pace, attore e fondatore dell’associazione I Mondi Diversi
Leonardo Pace, attore e fondatore dell’associazione I Mondi Diversi
“Occorre fare chiarezza su questa
vicenda perché, come spesso accade, la tentazione di suscitare facile rumore
mediatico (cosa che ovviamente riesce meglio se si assumono toni negativi e
distruttivi) rischia di creare una grande confusione e di ripercuotersi sugli
interessi della comunità LGBT. La decisione di non attribuire a nessun Pride
l'etichetta di "nazionale" non deriva da una rottura tra le
associazioni, bensì è il frutto di una valutazione che ha trovato d'accordo le
associazioni riunitesi pochi giorni fa a Torino. Negli ultimi anni, in diverse
città si sono tenuti Pride che hanno attirato grande attenzione, registrando
una nutrita partecipazione e riscuotendo importanti successi per le singole
realtà territoriali. Si è ritenuto quindi più utile e di maggior impatto
rilanciare l'idea dell'Onda Pride, attraverso cui creare un ideale filo
conduttore, potremmo dire una sorta di rete, tra i diversi Pride locali, il che
tra l'altro viene naturale in un paese come il nostro nel quale le specificità
territoriali sono molto sentite e importanti. Insomma, non c'è nessun
indebolimento del movimento LGBT a causa di questa decisione, anzi semmai si
tratta di un tentativo di rendere più organica ed efficace l'azione a sostegno
della dignità e dei diritti delle persone omosessuali e transessuali.
A questo proposito, vorrei
cogliere l'occasione per ricordare a tutti quanto sia prezioso il lavoro delle
associazioni. Nel nostro Paese così abbrutito da un punto di vista sia
culturale che economico, sembra essersi perso il senso di mantenere una visione
propositiva e si preferisce abbandonarsi, spesso in modo acritico, a un
atteggiamento irrimediabilmente distruttivo. Bisogna ricordare che la
visibilità delle persone LGBT e il progresso civile che oggi ci consente di
rivendicare a testa alta la dignità e i diritti che ci spettano sono in buona
parte il frutto dell'impegno delle associazioni e del lavoro volontario dei
militanti che sacrificano tempo, fatica e a volte perfino denaro per sostenere
il movimento. E non dimentichiamo che ovunque, nelle grandi città come nelle
realtà di provincia più piccole, è grazie alle associazioni che esistono punti
di riferimento, occasioni di incontro e servizi di utilità sociale a sostegno
di una comunità a cui invece la politica non ha ancora saputo dare risposte.
Personalmente, credo che in molti dovrebbero fare un profondo esame di
coscienza prima di sparare a zero sulle associazioni, che sicuramente, essendo
costituite da persone, commettono a volte errori, ma continuano a stare in
prima linea in una battaglia di civiltà nella quale spesso risulta difficile
coinvolgere proprio le persone che dovrebbero essere più interessate a
combatterla. La critica ovviamente è legittima, ma proprio perché auspico che
le associazioni operino in modo sempre più unitario e collaborativo, mi auguro
anche di vedere una sempre maggiore partecipazione da parte di tutte le persone
LGBT alle iniziative che vengono promosse, una partecipazione che purtroppo a
volte non è quella che ci si aspetterebbe e che di conseguenza rende spesso
gratuite le continue accuse nei confronti delle associazioni. Concludo quindi
invitando tutti a essere presenti, nei limiti delle
proprie possibilità, per rendere l'onda dei Pride della prossima estate tanto
travolgente da convincere una volta per tutte la società civile e la politica
dell'urgenza di provvedimenti seri contro l'omofobia e di riconoscimento dei
diritti delle persone LGBT.”
Chiara Forte,
attivista
“Apprendendo che
quest'anno non si manifesti il pride nazionale ho provato solo amarezza.
Viviamo in un Paese in cui mancano i più fondamentali diritti umani e le
associazioni lgbt dovrebbero portare sempre in alto "la causa". Ho
letto di un bisticcio tra Roma e Napoli, non so se sia vero ne tantomeno mi
interessa. Non siamo all'asilo, le associazioni hanno il dovere di essere
SEMPRE in prima linea ma così, molto spesso, non è. Abbiamo già troppi
attaccabrighe in parlamento che se ne fregano dei cittadini, non ci servono
anche nelle associazioni. Il pride nazionale non è una semplice sfilata dove
mostrare gli addominali italiani, ma è sempre stata un’occasione per ricordare
ai governati che noi esistiamo e che vogliamo i diritti che ci spettano. Non
deve essere nemmeno una passerella dove si decide quale associazione lgbt sia
la migliore. Mi auguro che cambino modo di agire e di pensare. Tutti dobbiamo
portare avanti questa dura battaglia in modo costante e sentito, ed esse con
noi.”
Daniela Tomasino, Presidentessa Arcigay Palermo
“Per quanto riguarda noi, a Palermo è in atto un dibattito su cosa fare e
come. Arcigay Palermo è orientata ad aderire all'onda pride del 28 giugno. È una
delle poche volte che una decisione viene fuori da un'assemblea nazionale e per
me è la ripresa di una comunicazione che si era interrotta da pochi mesi, ma ricominciare
a parlare vuol anche dire esprimere il dissenso. E l'onda pride è un tentativo.
Non è detto che sia la soluzione migliore, ma è la migliore che è disponibile
al momento. Dobbiamo rifondarci, come movimento e come pride.”
Questo è quanto. Ovviamente ho avuto modo di parlare con loro e scambiare diverse battute e diverse idee, esprimendo pure le mie. Confesso che, quando ho appreso la notizia di questa decisione, ho storto un po’ il naso. Non perché voglia essere un disfattista, ma solo perché essendo uno di quelli che crede nel valore del Pride ho avuto il sentore che questo possa dar modo a tutti coloro che hanno sempre parlato male delle associazioni, dei pride e di quello che viene fatto, magari pur sbagliando delle volte, per la comunità LGBTQ, di scendere in campo continuando a dire peste e corna sull’attivismo omosessuale italiano.
Chi mi segue da sempre sa che ogni anno sono pronto a scrivere e a parlare positivamente dei pride, trovandomi a discutere con coloro che si soffermano a quanto mostrato in tv, senza aver mai partecipato di persona a una parata. Lo faccio ancora adesso, l’ho fatto ancora oggi durante la realizzazione del post, perché non si può restare a guardare in silenzio se qualcosa non convince. Se ne può discutere – anzi si deve discutere – però con cognizione di causa.
L’onda pride, dopo aver ascoltato le parole di Daniela Tomasino e di Leonardo Pace, lo vedo come un’evoluzione, passatemi il termine, di quello che questo Paese intende per lotta per i diritti civili. Ci voglio credere, ma con la giusta cautela come ogni passo nuovo merita e quindi condividendo i dubbi di Marco Consiglio e Chiara Forte. Come dice la presidente di Arcigay Palermo, non è detto che sia la soluzione, ma è un tentativo. Un esperimento che spero non si concluda con un fallimento, ma come un primo passo per una nuova tradizione a cui tutte le regioni parteciperanno, mettendo da parte le proprie ragioni, per il fine unico di essere, anche nei fatti, uniti nel pretendere quei diritti troppo a lungo negati.
Quindi ben venga l’onda pride se questo è il modo per dire e far capire che ci siamo e vogliamo essere cittadini di serie A, l'importante è che diventi davvero un'onda che parta dalla Sicilia e arrivi al Trentino.
Questo è quanto. Ovviamente ho avuto modo di parlare con loro e scambiare diverse battute e diverse idee, esprimendo pure le mie. Confesso che, quando ho appreso la notizia di questa decisione, ho storto un po’ il naso. Non perché voglia essere un disfattista, ma solo perché essendo uno di quelli che crede nel valore del Pride ho avuto il sentore che questo possa dar modo a tutti coloro che hanno sempre parlato male delle associazioni, dei pride e di quello che viene fatto, magari pur sbagliando delle volte, per la comunità LGBTQ, di scendere in campo continuando a dire peste e corna sull’attivismo omosessuale italiano.
Chi mi segue da sempre sa che ogni anno sono pronto a scrivere e a parlare positivamente dei pride, trovandomi a discutere con coloro che si soffermano a quanto mostrato in tv, senza aver mai partecipato di persona a una parata. Lo faccio ancora adesso, l’ho fatto ancora oggi durante la realizzazione del post, perché non si può restare a guardare in silenzio se qualcosa non convince. Se ne può discutere – anzi si deve discutere – però con cognizione di causa.
L’onda pride, dopo aver ascoltato le parole di Daniela Tomasino e di Leonardo Pace, lo vedo come un’evoluzione, passatemi il termine, di quello che questo Paese intende per lotta per i diritti civili. Ci voglio credere, ma con la giusta cautela come ogni passo nuovo merita e quindi condividendo i dubbi di Marco Consiglio e Chiara Forte. Come dice la presidente di Arcigay Palermo, non è detto che sia la soluzione, ma è un tentativo. Un esperimento che spero non si concluda con un fallimento, ma come un primo passo per una nuova tradizione a cui tutte le regioni parteciperanno, mettendo da parte le proprie ragioni, per il fine unico di essere, anche nei fatti, uniti nel pretendere quei diritti troppo a lungo negati.
Quindi ben venga l’onda pride se questo è il modo per dire e far capire che ci siamo e vogliamo essere cittadini di serie A, l'importante è che diventi davvero un'onda che parta dalla Sicilia e arrivi al Trentino.
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