Uomini e donne e Stato Civile - Quando la tv riesce a rappresentare la realtà omosessuale senza luoghi comuni
A cura di Francesco Sansone
Grafica di Giovanni Trapani
Grafica di Giovanni Trapani
Da settembre, grazie anche alla legge sulle unioni civili,
la tv italiana ha stupito il suo pubblico dando vita a due format innovativi,
capaci di raccontare l’omosessualità senza luoghi comuni e senza maschere. Sto
parlando di Stato Civile, il
programma di Rai3 in onda il giovedì
in seconda serata (e da martedì 20
dicembre alle 20:05 sempre sulla rete guidata da Daria Bignardi) e del cosiddetto “trono gay” all’interno di Uomini e Donne, il dating show
pomeridiano di Maria De Filippi in
onda su Canale5.
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Quello a cui abbiamo assistito è stata un vera e propria
innovazione per un paese come il nostro
dove la pubblicità fa fatica a mostrare
non solo le coppie gay, ma anche quelle miste e quelle di origini
straniere. Un paese dove il gay deve
essere dipinto come il giullare di corte - costretto a strappare una risata al
pubblico a casa per farlo sentire migliore, superiore – e che deve incassare le
prese in giro di quelle conduttrici che si spacciano come paladine dei diritti
civili e gli insulti di quei personaggi che, per sopravvivere nel mondo
mediatico, devono sminuire ogni dramma legato alla comunità LGBT.
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Giovedì sera su Rai3 abbiamo
assistito a una sorta di meglio di del docu-reality dedicato a quelle coppie in
procinto di unirsi civilmente, rivedendo le storie più intense e delicate della
serie. Storie di amore che solo pochi mesi fa venivano sminuite per colpa
di uno Stato che non li considerava e li mortificava. Storie d’amore decennali
che finalmente, dopo tanto dolore, sono riuscite a trovare la gioia, la
dignità, il riconoscimento.
Il giorno dopo, ossia venerdì, abbiamo assistito alla scelta
di Claudio Sona, il primo tronista
gay di Uomini e Donne, attraverso
una puntata interamente dedicata all’evento. Lo chiamo così con cognizione di
causa, perché è la prima volta in un programma pomeridiano che l’omosessualità
viene spogliata dalla sua fisicità, dall’aspetto sessuale che deve essere
svolto all’interno delle quattro mura domestiche, e vestita dalla sua affettività. Non sto
qui a considerare le critiche sui social, le accuse di Stefano Gabbana a Sona,
quello fa parte del gossip e in questo discorso ha poco valore.
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Il valore vero, invece, è quello di cui vi ho accennato
durante tutto questo discorso, ossia quella della rappresentazione reale, o
realistica se preferite, che questi due programmi - con linguaggi diversi e
personaggi agli antipodi - sono riusciti a dare, permettendo di far scoprire quegli
aspetti e quella normalità, che appartiene tanto agli eterosessuali quanto agli
omosessuali, a chi non li aveva mai considerati.
Laddove non è riuscita una legge è riuscita la tv, quella
che tanto amiamo criticare per le sue mancanze, le sue carenze, le sue
omissioni. Questa volta, però, dobbiamo
darle atto di essere riuscita a dare voce a chi per anni, secoli, è stato
costretto a nascondersi e a rinunciare a se stesso - in nome di una normalità
imposta da una società etero centrica e religiosa -, senza avvertire la
necessità di contrapporre il pensiero di preti e Adinolfi vari.
Anche se da domani, forse, tutto ritornerà come prima,
quello a cui abbiamo assistito in questi mesi è stato qualcosa di importante
che gli omofobi, le mamme incapaci di spiegare ai figli le sfaccettature dell’amore
e ragazzetti più vecchi di donne ottantenni non riusciranno a sporcare.
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